Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22600 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 27/09/2017, (ud. 21/06/2017, dep.27/09/2017),  n. 22600

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 27177/2011 r.g. proposto da:

ESPRIT ITALY DISTRIBUTION s.r.l., cod. fisc. (OMISSIS), in persona

del procuratore speciale B.M., con sede in (OMISSIS),

rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al

ricorso, dagli Avvocati Davide Guardamagna e Maria Laura

Guardamagna, unitamente ai quali elettivamente domicilia in Roma, al

Corso Vittorio Emanuele II n. 229, presso lo studio dell’Avvocato

Elena Ferrari;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) s.r.l., cod. fisc. (OMISSIS), in persona

curatore Dott. R.R.M., rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta a margine del controricorso, dagli Avvocati

Giorgio Musio ed Alessandro Falconi, unitamente ai quali

elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in Roma,

alla via Vigliena n. 2;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 101/2011 del TRIBUNALE DI VERONA, depositato il

19/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/06/2017 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Lucio

Capasso che ha chiesto l’accoglimento del sesto motivo del ricorso

ed il rigetto degli altri.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La Esprit Italy Distribution s.r.l. propose opposizione, L. Fall., ex art. 98, contro la decisione del giudice delegato al fallimento della (OMISSIS) s.r.l. che le aveva negato l’ammissione al passivo di detta procedura, in chirografo, del preteso, complessivo importo di Euro 1.987.345,60 (di cui Euro 1.900.000,00 per sorta capitale; Euro 34.147,95 per interessi di mora fino al 31 dicembre 1999; Euro 9.103,70 per spese legali ed accessori di legge; Euro 40.094,00 per iscrizione di ipoteca giudiziale), ritenendolo oggetto di contestazione giudiziale.

In particolare, e per quanto qui ancora di interesse, dedusse di vantare un credito per forniture, nei confronti di Sviluppo Commerciale s.r.l. (debitore principale), di Euro 2.014.656,17, e di (OMISSIS) s.r.l. (fideiubente, poi fallita) di Euro 1.900.000,00, e che, per detto ultimo credito, derivante dalla fideiussione rilasciata da Polis Immobiliare s.r.l., in bonis, il 30.4.2009, aveva ottenuto un decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, dal Tribunale di Milano, il quale, nel conseguente giudizio ex art. 645 c.p.c., intrapreso dalla ingiunta, ma successivamente interrotto per effetto del suo fallimento, ne aveva poi disatteso l’istanza ex art. 649 c.p.c..

Specificò, inoltre, che era stata ammessa allo stato passivo del Fallimento della Sviluppo Commerciale s.r.l. (controllata al 90% dalla (OMISSIS) s.r.l.) per la somma di Euro 114.656,17, pari alla differenza tra il credito vantato nei confronti della debitrice principale e quello verso la fideiubente.

2. Nel contraddittorio con la curatela del fallimento della (OMISSIS) s.r.l., che aveva concluso per il rigetto dell’avversa pretesa, il Tribunale di Verona respinse l’opposizione assumendo: a) che il decreto ingiuntivo ottenuto dal Tribunale di Milano (ritualmente opposto, con giudizio di opposizione poi interrotto per l’intervenuto fallimento della società ingiunta) trovava fondamento nell’atto di fideiussione del 30.4.2009 con il quale la (OMISSIS) s.r.l. si era resa garante del debito della propria controllata Sviluppo Commerciale s.r.l. nei confronti della creditrice Esprit Italy Distribution s.r.l.; b) che, dalla lettura del testo della fideiussione rilasciata dalla garante in bonis, emergevano elementi che non consentivano di riconoscere l’esistenza del preteso credito della opponente nei confronti di quest’ultima: anzitutto l’espressione contenuta nell’atto di garanzia, (“fornirà”) ne evocava e rappresentava il rilascio non per le forniture pregresse (le quali, per non essere state pagate, avevano generato un consistente credito nei confronti della debitrice principale Sviluppo Commerciale s.r.l.) ma per quelle che sarebbero state successivamente effettuate; era stata, poi, la stessa opponente, nella narrazione contenuta nell’atto introduttivo del procedimento L. Fall., ex art. 98, a riconoscere che, nonostante le precedenti inadempienze della propria debitrice, le forniture erano proseguite e lo sarebbero state ancora se solo la debitrice avesse onorato il piano di rientro concordato; c) che, inoltre, la pattuita limitazione temporale della prestata garanzia (cfr. punto 2, dove se ne precisava la durata in dodici mesi a decorrere dall’1 maggio 2009) non poteva evidentemente riferirsi – pena l’illogicità del relativo ragionamento – ad un debito maturato (come preteso dalla Esprit Italy Distribution s.r.l.), bensì ad uno ancora da maturare, e ciò era sufficiente per escludere che la fallita (OMISSIS) s.r.l. potesse essere chiamata a rispondere, quale fideiussore, di debiti (successivi) non maturati in capo alla Sviluppo Commerciale s.r.l..

3. Avverso tale decisione, la Esprit Italy Distribution s.r.l. ha proposto tempestivo ricorso, affidato a sei motivi, resistito dalla curatela fallimentare della (OMISSIS) s.r.l.. La ricorrente ha altresì depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 1.

4. Con il primo motivo, rubricato “Errore di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione degli artt. 1322,1362,1936,1939,1944 e 1945 c.c. e vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5”, si assume che il tribunale scaligero aveva erroneamente ritenuto che il contratto di garanzia dedotto dalla ricorrente costituisse una fideiussione accessoria, laddove, invece, nel contratto si legge che il garante si obbligava “irrevocabilmente ed incondizionatamente a pagare quanto dovuto al beneficiario, entro trenta giorni dalla data di ricezione dell’apposita richiesta, da effettuarsi tramite raccomandata n. A/R, ogni eccezione rimossa, a prima richiesta e con espressa rinuncia al beneficio della preventiva escussione di cui all’art. 1944 c.c., comma 2”. Omettendo di esaminare tale clausola, quel giudice era incorso in molteplici errori, riassumibili nella carenza di motivazione nell’interpretazione del contratto; nella violazione dell’art. 1362 c.c., per aver ritenuto accessorio il contratto di garanzia in contrasto con il contenuto letterale del medesimo contratto; nella violazione della disciplina del contratto autonomo di garanzia secondo la quale il garante a prima richiesta non può opporre al debitore alcuna eccezione derivante dal rapporto garantito.

5. Con il secondo motivo, rubricato “Errore di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione dell’ art. 1362 c.c. e vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5”, si censura il provvedimento impugnato per aver ritenuto, con un ragionamento presuntivo (oltretutto errato e censurabile), che la garanzia in questione fosse da considerarsi a “copertura” dei soli crediti eventualmente sorti in relazione a forniture successive al 30 aprile 2009, data di sottoscrizione e rilascio della garanzia medesima. L’assunto, tuttavia, si scontra con il dato letterale della garanzia a termini della quale “la sottoscritta (OMISSIS) (…) dichiara di costituirsi fideiussore solidale del contraente ed a favore di Esprit Italy Distribution S.r.l. (…) fino a concorrenza dell’importo di Euro 1.900.000,00”. Il testo continua specificando l’obbligo di pagare “irrevocabilmente ed incondizionatamente quanto dovuto al beneficiario… ogni eccezione rimossa… a prima richiesta”. Il contenuto della garanzia, dunque, non contiene alcuna limitazione, qualitativa o temporale, a determinati crediti del beneficiario, nè richiama le sue premesse.

6. Con il terzo motivo, rubricato “Errore di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione degli artt. 1362,1428,1429,1430 e 2722 c.c., omessa pronuncia ex art. art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c. e vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5”, si denuncia che il giudice di merito non aveva preso minimamente in considerazione la deduzione dell’errore materiale, formulata nel ricorso in opposizione del 14 febbraio 2011. Tale omissione rileva anche sotto il profilo dell’errore e del vizio di motivazione perchè il tribunale non ha ricostruito la reale volontà delle parti, atteso che il fatto che la terminologia usata non rispecchiasse una presunta volontà di limitare la garanzia alle sole forniture future emergeva da molteplici elementi (l’importo della garanzia corrispondente al debito maturato al momento del rilascio dell’impegno da parte del garante; prima del rilascio della garanzia il debitore garantito aveva ottenuto un piano di rientro e consegnato alla ESPRIT titoli di credito in garanzia del proprio debito rappresentando, successivamente, la propria volontà (rectius: necessità) di sostituirli e ciò al fine di assicurarsi la continuità delle forniture; il garante è la controllante del debitore garantito ed aveva un proprio specifico interesse a che le forniture non fossero interrotte; il comportamento delle parti successivamente al rilascio della garanzia, ottenuta la quale, la ESPRIT aveva continuato a fornire la Sviluppo Commerciale che non aveva, dal canto suo, onorato il piano di rientro senza contestare le diffide all’escussione della garanzia, nè contestazione alcuna era pervenuta dalla (OMISSIS) s.r.l. in sede di escussione, fatta eccezione per le deduzioni svolte in sede giudiziale, tutte, peraltro, respinte sia dal giudice investito dell’opposizione al decreto ingiuntivo, sia da quello investito della cognizione cautelare), invece totalmente obliterati, al pari dei capitoli di prova orale all’uopo articolati.

7. Con il quarto motivo, rubricato “Ulteriore errore di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione dell’art. 1362 c.c., ed ulteriore vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5”, si sostiene che il giudice di merito si era limitato ad un’interpretazione letterale (peraltro asseritamente erronea) del contratto, ma la deduzione dell’errore materiale di cui sopra ed il rilievo secondo il quale la garanzia era stata rilasciata per una somma esattamente corrispondente al debito maturato avrebbe imposto l’indagine sulla comune intenzione delle parti giusta il principio ermeneutico di cui all’art. 1362 c.c., come desumibile dalla costante interpretazione fornitane dalla Suprema Corte. In virtù degli elementi descritti nel precedente motivo, risultava evidente come la garanzia fosse stata prestata proprio al fine di ottenere la continuità delle forniture, garantendo “a prima richiesta” e “rimossa ogni eccezione” il pagamento dell’intero debito.

8. Con il quinto motivo, recante “Ulteriore errore di diritto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per violazione degli art. 1186 cod. civ., ed ulteriore vizio di motivazione ex art. 360 c.pc.., n. 5”, si critica la motivazione del decreto impugnato nella parte in cui aveva affermato che la limitazione temporale della garanzia non poteva riferirsi ad un debito già maturato “pena l’illogicità del relativo ragionamento”, assumendosi “…che ad essere illogico è proprio il ragionamento del giudice veronese, dato che, di norma, il contratto di garanzia, sia esso autonomo o accessorio, è limitato nel tempo (sia per i debiti scaduti che a scadere). Il vizio logico, dunque, consiste nell’aver ignorato la massima di esperienza dell’id quod plerumque accidit…”. Il capo in esame sarebbe ulteriormente viziato per l’omessa considerazione del rilievo secondo il quale il termine della garanzia era stato fissato per la durata della proroga concessa al debitore garantito, con conseguente violazione, da parte di quel giudice, del disposto di cui all’art. 1186 c.c..

9. Con il sesto motivo, proposto in via subordinata rispetto ai vizi precedentemente denunciati, e rubricato “Nullità della sentenza per omessa pronuncia ex art. 360 c.p.c., n. 4 e violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè ulteriore vizio logico ex art. 360 c.p.c., n. 5”, si lamenta un ulteriore vizio logico del decreto impugnato, perchè, da un lato, afferma che la garanzia, o meglio la fideiussione, avrebbe coperto soltanto le forniture successive al suo rilascio (30 aprile 2009), mentre, dall’altro, ha respinto integralmente l’insinuazione al passivo anche per l’importo di Euro 16.679,14 che concerne forniture successive a tale data, come desumibili dall’estratto conto prodotto.

10. I primi cinque motivi, esaminabili congiuntamente perchè strettamente connessi, investendo direttamente il risultato interpretativo cui è giunto il tribunale nel decreto impugnato con specifico riferimento al contenuto ed alla decorrenza dell’efficacia della garanzia de qua, sono inammissibili.

Come si è già esposto, invero, il giudice a quo ha evidenziato che, dalla lettura del testo della fideiussione rilasciata dalla (OMISSIS) s.r.l. in bonis, emergevano elementi che non consentivano di riconoscere l’esistenza del preteso credito della Esprit Italy Distribution s.r.l. nei confronti di quest’ultima, ed in particolare: 1) l’espressione contenuta nell’atto di garanzia, (“fornirà”) ne evocava e rappresentava il rilascio non per le forniture pregresse (le quali, per non essere state pagate, avevano generato un consistente credito nei confronti della debitrice principale Sviluppo Commerciale s.r.l.) ma per quelle che sarebbero state successivamente effettuate, sottolineandosi che era stata la stessa opponente, nella narrazione contenuta nell’atto introduttivo del procedimento L. Fall., ex art. 98,a riconoscere che, nonostante le precedenti inadempienze della propria debitrice, le forniture erano proseguite e lo sarebbero state ancora se solo la debitrice avesse onorato il piano di rientro concordato; 2) la pattuita limitazione temporale della prestata garanzia (cfr. punto 2, dove se ne precisava la durata in dodici mesi a decorrere dall’1 maggio 2009) non poteva evidentemente riferirsi – pena l’illogicità del relativo ragionamento – ad un debito maturato (come preteso dall’opponente), bensì ad uno ancora da maturare.

Queste considerazioni, dunque, hanno fondato il convincimento del tribunale veronese circa la possibilità di escludere che la fallita (OMISSIS) s.r.l. potesse essere chiamata a rispondere, quale fideiussore, di debiti (successivi) non maturati in capo alla Sviluppo Commerciale s.r.l..

Fermo quanto precede, deve immediatamente ricordarsi, che l’interpretazione del contratto, governata da criteri giuridici cogenti e tendente alla ricostruzione del significato del contratto in conformità alla comune volontà dei contraenti, costituisce un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, censurabile, in sede di legittimità, solo per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale (essendo, a questo scopo, imprescindibile la specificazione dei canoni effettivamente violati e delle norme ermeneutiche che, in concreto, sarebbero state disattese, puntualizzandosi – al di là della indicazione degli articoli di legge in materia – in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito se ne sarebbe discostato) e nel caso di riscontro di una motivazione contraria a logica ed incongrua, e cioè tale da non consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione in sè (occorrendo altresì riportare, nell’osservanza del principio dell’autosufficienza, il testo del contratto, nella parte in questione).

Peraltro, per sottrarsi al sindacato di legittimità, quella data dal giudice al contratto non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili interpretazioni, per cui, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (su tali principi, cfr., ex plurimis, Cass. n. 24539 del 2009, Cass. n. 2465 del 2015, n. 10891 del 2016), altresì evidenziandosi che il criterio ermeneutico contenuto nell’art. 1367 c.c. – secondo il quale, nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anzichè in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno – va inteso non già nel senso che è sufficiente il conseguimento di qualsiasi effetto utile per una clausola, per legittimarne una qualsivoglia interpretazione pur contraria alle locuzioni impiegate dai contraenti, ma che, nei casi dubbi, tra possibili interpretazioni, deve tenersi conto degli inconvenienti cui può portare una (o più) di esse e perciò evitando di adottare una soluzione che la renda improduttiva di effetti. Ne consegue che detto criterio – sussidiario rispetto al principale criterio di cui all’art. 1362 c.c., comma 1 – condivide il limite comune agli altri criteri sussidiari, secondo cui la conservazione del contratto, cui esso è rivolto, non può essere autorizzata attraverso una interpretazione sostitutiva della volontà delle parti, dovendo in tal caso il giudice evitarla e dichiarare, ove ne ricorrano gli estremi, la nullità del contratto (cfr. Cass. n. 28357 del 2011).

In applicazione dei riportati principi, va, allora subito rimarcato che le censure della ricorrente come esplicitate nei primi due motivi non sembrano aver pienamente colto l’effettiva ratio decidendi della decisione impugnata, nella parte in cui la stessa si è, in realtà, limitata ad escludere l’operatività della garanzia invocata dalla prima esclusivamente valorizzando il dato contrattuale relativo alla sua decorrenza temporale (dall’1 maggio 2009 e per un periodo di dodici mesi), senza preoccuparsi di attribuire, o meno, ad essa natura accessoria (propria, in generale, della garanzia fideiussoria) ovvero autonoma.

In altri termini, è innegabile che il contratto autonomo di garanzia rechi come connotato fondamentale l’assenza di accessorietà dell’obbligazione del garante rispetto a quella dell’ordinante, essendo la prima qualitativamente diversa dalla seconda, oltre che rivolta non al pagamento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore (cfr. Cass. 7883 del 2017), ma nulla impedisce che, anche per una siffatta tipologia di garanzia, le parti possano stabilirne una determinata decorrenza e durata temporale.

Le doglianze riconducibili ai motivi dal terzo al quinto, prospettano, invece, sostanzialmente, nel loro complessivo tenore, un’interpretazione del contenuto della garanzia de qua diversa da quella adottata dal tribunale scaligero: mentre quest’ultimo, infatti, è giunto alla conclusione della inoperatività della garanzia predetta perchè da riferirsi a forniture successive alla sua sottoscrizione (a tal fine valorizzando l’espressione “fornirà” in essa contenuta e la pattuita limitazione temporale della prestata garanzia. Cfr. punto 2, dove se ne precisava la durata in dodici mesi a decorrere dall’1 maggio 2009), l’odierna ricorrente, dal canto suo, ne invoca la piena efficacia ed operatività insistendo sull’assunto dell’esistenza, nel testo della garanzia predetta, di un errore di battitura, vale a dire che la locuzione verbale “fornirà” doveva, a suo dire, correttamente leggersi come “forniva”, circostanza, questa, che, unitamente ai descritti rapporti esistenti tra debitrice principale e garante (la prima controllata al 90% dalla seconda) ed all’importo totale della garanzia (corrispondente all’importo del debito della prima al momento della sottoscrizione dell’impegno del garante), avrebbero sorretto la bontà della propria interpretazione.

Ad avviso del Collegio, dalla lettura del provvedimento impugnato si trae una coerente ed esaustiva ragione del convincimento ivi espresso, avendo il tribunale sottolineato aspetti letterali e logico giuridici della garanzia in esame senz’altro plausibili, ricordandosi, peraltro, che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, l’interpretazione contrattuale adottata dal giudice di merito non deve essere l’unica possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e plausibili, e che, al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice non è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (cfr. Cass. 22509 del 2014).

Nè, a fronte di una tale chiarezza del testo, si sarebbe potuta considerare ammissibile la prova testimoniale diretta ad inficiarla (cfr., in particolare, i corrispondenti capitoli 21-23, come trascritti alle pag. 19-20 del ricorso).

In definitiva, le argomentazioni della odierna ricorrente sono inammissibili perchè, pur denunciando, apparentemente, violazioni di legge e vizi motivazionali del provvedimento impugnato, mostrano, in realtà, di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, grado di merito, al fine di giungere ad un esito della lite più consono alle proprie aspettative.

11. Analoga sorte merita il sesto motivo, tramite il quale si lamenta un ulteriore vizio logico del decreto impugnato, perchè, da un lato, afferma che la garanzia, o meglio la fideiussione, avrebbe coperto soltanto le forniture successive al suo rilascio (30 aprile 2009), mentre, dall’altro, ha respinto integralmente l’insinuazione al passivo anche per l’importo di Euro 16.679,14 che concerne forniture successive a tale data, come desumibili dall’estratto conto prodotto.

In proposito, è sufficiente evidenziare che la parte che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento, ha l’onere di indicarne specificamente il contenuto, provvedendo alla sua trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la Suprema Corte deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (cfr., ex multis, Cass. 17915 del 2010; Cass. 13677 del 2012; Cass. n. 48 del 2014).

La Esprit Italy Distribution s.r.l., invece, nel riportare in ricorso il contenuto dell’estratto conto invocato, ha soltanto inserito ivi (cfr. pag. 26-28) un lungo elenco recante numeri, date ed importi, senza, però, che da esso possa trarsi l’indicazione dei soggetti cui si riferiscono i rapporti commerciali così descritti, ponendo, quindi, il Collegio nell’impossibilità di valutare la decisività, o meno, dei fatti che, attraverso tale documento, si dovevano intendere come provati.

12. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 13.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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