Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22599 del 10/08/2021

Cassazione civile sez. VI, 10/08/2021, (ud. 08/04/2021, dep. 10/08/2021), n.22599

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10945-2020 proposto da:

M.R., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della

CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso

dall’Avvocato MARIAGRAZIA STIGLIANO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– resistente –

avverso il decreto RG 15968/2018 del TRIBUNALE di BARI, depositato il

10/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata

dell’08/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA FIDANZIA.

 

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto ricorso avverso il decreto del Tribunale di Bari del 10 aprile 2020, il quale ha rigettato il ricorso proposto da M.R., cittadino del Bangladesh, avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che il Ministero si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis.

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 1, lett e) e g), artt. 3,14 e 16, nonché l’omesso esame di fatto decisivo, sul rilievo che il giudice di merito, nel rigetto della domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, ha omesso di rapportare la sua vicenda personale alla situazione del paese d’origine, in particolare, con il sistema di prestiti e debiti del Bangladesh, nonché ha violato i criteri di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, nel valutare non credibile il suo racconto;

2. che il motivo è inammissibile;

– che, in particolare, la valutazione con cui il ricorrente è stato ritenuto non credibile dal giudice di merito – costui aveva riferito di essere fuggito dal Bangladesh per avere un suo creditore minacciato di ucciderlo, prelevando i suoi organi, per ripagare il debito non saldato – costituisce apprezzamento di fatto che è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019);

– che, nel caso di specie, il ricorrente ha genericamente lamentato che il giudice di merito non avrebbe tenuto conto del sistema debitorio vigente in Bangladesh senza confrontarsi minimamente con le argomentazioni con cui il giudice di merito ha ritenuto non credibile il suo racconto, con le quali è stata evidenziata la genericità del narrato, privo di qualsivoglia collocazione cronologica, e la sua contraddittorietà in ordine alla causale del prestito (nelle diverse dichiarazioni, è stato fatto riferimento, in modo confliggente, alle cure mediche paterne o all’apertura di un negozio di scarpe o alla necessità di procurarsi il denaro per il viaggio per lasciare il paese), circostanze rilevanti nella valutazione dell’attendibilità;

che, infine, il ricorrente ha lamentato che il giudice di merito è venuto meno all’obbligo di cooperazione istruttoria in ordine al sistema debitorio esistente in Bangladesh, non considerando che questa Corte ha più volte statuito che qualora le dichiarazioni del richiedente siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine – analogo discorso vale per il pericolo di “danno grave” – salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925; e v. ancora, fra le altre, Cass. 31 maggio 2018, n. 13858 e n. 14006; Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340);

3. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 35 bis e 8, e del D.P.R. n. 21 del 2005, art. 13, comma 2, per non avere il giudice di merito assolto il dovere di cooperazione, essendo state acquisite le informazioni sulla condizione del paese di origine da una fonte non sufficientemente qualificata (in particolare, la fonte del sito della Farnesina, Viaggiare Sicuri, non è attendibile ed il rapporto di Amnesty International è stato solo menzionato);

4. che il motivo è manifestamente infondato;

che, infatti, il giudice di merito ha fatto riferimento alla fonte del report di Amnesty International che lo stesso ricorrente ha ritenuto idonea a fornire informazioni sulla situazione generale del paese, evidenziando che tali notizie erano coincidenti con quelle ampiamente e diffusamente riportate dallo stesso giudice dal sito Viaggiare Sicuri, senza che fosse necessario ripeterle una seconda volta;

5. che con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, sul rilievo che il giudice di merito non ha considerato che le condizioni socioeconomiche del Bangladesh non sono tali da garantire un livello sufficientemente adeguato di esistenza dignitosa;

6. che il motivo è inammissibile in quanto svolge censure di merito alla valutazione comparativa in fatto effettuata dal Tribunale di Bari, il quale ha evidenziato che il livello di retribuzione percepita dal ricorrente in Italia per l’attività di bracciante agricolo non è idonea ad assicurargli una esistenza dignitosa e non presenta una redditività superiore a quella dell’attività di pescatore già svolta nel paese di origine;

7. che la soccombenza del ricorrente non comporta la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali, in ragione della inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2021

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