Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22596 del 10/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 10/09/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 10/09/2019), n.22596

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19817-2018 proposto da:

K.I., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MASSIMO GILARDONI;

– ricorrente-

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

contro

PROCURA GENERALE presso la CORTE di CASSAZIONE;

– intimata –

avverso il decreto n. R.G. 18513/201 del TRIBUNALE di BRESCIA,

depositato il 09/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 28/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI

MARZIO.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – K.I. ricorre nei confronti del Ministero dell’Interno contro il decreto del 9 maggio 2018 con cui il Tribunale di Brescia ha respinto la sua domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale ovvero umanitaria.

2. – Il Ministero intimato resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

3. – Premesse tre questioni di legittimità costituzionale del D.L. n. 13 del 2017, come convertito in L. n. 46 del 2017, concernenti la mancanza dei presupposti di necessità ed urgenza, la previsione di un termine di 30 giorni per la proposizione del ricorso per cassazione nonchè della non impugnabilità in appello del decreto pronunciato dal Tribunale, il ricorrente denuncia:

-) violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. e, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, censurando il decreto impugnato per aver omesso di osservare l’obbligo gravante sull’autorità giudiziaria di disporre eventuali accertamenti di ufficio, non essendo stato in particolare considerato il tema della violenza politica in Costa d’Avorio, nonchè il problema dei cosiddetti “demobilizzati”, ovverosia gli ex combattenti non integrati nell’esercito ufficiale;

-) violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, per aver omesso di compiere il necessario giudizio di bilanciamento tra il grado di inserimento sociale raggiunto da esso ricorrente e la condizione di provenienza, avuto riguardo al suo diritto di condurre una vita dignitosa.

Ritenuto che:

4. – Il collegio ha disposto la redazione del provvedimento in forma semplificata.

5. – Il ricorso è inammissibile.

5.1. – Le questioni di legittimità costituzionale sono state già disattese da questa Corte (v. Cass. n. 17717/2018 e 27700/2018).

5.2. – Il primo motivo è inammissibile, giacchè si disinteressa totalmente dell’effettivo contenuto del provvedimento impugnato e della motivazione che lo sorregge.

Il ricorrente addebita difatti al Tribunale di aver respinto la domanda con la motivazione che segue: “Deve escludersi il riconoscimento della protezione internazionale e sussidiaria non potendosi sostenere il giudizio su alcuna delle dichiarazioni generiche ed in alcun modo verificabili fornite dal richiedente” (tanto si legge a pagina 16 del ricorso).

Gli è, tuttavia, che il decreto impugnato non solo non contiene affatto, alla lettera, una simile frase, ma non è neppure fondato sull’argomento indicato in ricorso, giacchè il Tribunale ha viceversa sottoposto le dichiarazioni del ricorrente ad una dettagliata analisi critica all’esito della quale è pervenuto alla formulazione di un giudizio di totale inattendibilità del medesimo, il che portava ad escludere sia il riconoscimento della protezione internazionale, sia di quella sussidiaria ai sensi dell’art. 14, lett. A e B.

Quanto alla previsione dettata dalla successiva C, poi, ha espressamente richiamato le fonti utilizzate da nessuna delle quali emergeva una situazione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato o internazionale, tanto che “l’attuale situazione del paese è caratterizzata da un seppur lento processo di riconciliazione tra le opposte fazioni politiche, il cui avanzamento non sembra seriamente messo in pericolo nè dai pur gravi ma residui problemi di ordine pubblico, nè dai perduranti ma più limitati abusi dell’esercito delle forze dell’ordine, nè, infine dall’ancora insoddisfacente trasparenza, indipendenza ed efficienza del potere giudiziario”.

5.2. – Il secondo motivo è inammissibile.

Anche in questo caso il ricorso prescinde dalla ratio decidendi posta dal giudice di merito a sostegno della propria decisione: il tribunale ha difatti osservato che la protezione umanitaria non poteva essere riconosciuta in quanto il ricorrente non aveva “evidenziato nell’audizione alcun reale fattore di soggettiva vulnerabilità”, aggiungendo poi egli risultava guarito da una tubercolosi.

Questa Corte ha già avuto modo di osservare che la domanda diretta a ottenere il riconoscimento della chiesta protezione non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. n. 27336-18, Cass. 18197-15).

Questo sta a dimostrare che il ricorrente non ha colto la ragione di rigetto della sua domanda; a fronte della quale egli avrebbe dovuto innanzitutto specificare in qual modo e in qual senso, invece, l’allegazione dei fatti era stata specificata e quali fossero, in particolare, le specifiche ragioni di vulnerabilità – cui il ricorso tace del tutto -tali da giustificare il riconoscimento della chiesta protezione umanitaria.

6. – Le spese seguono la soccombenza. Non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2019

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