Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22595 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/10/2020, (ud. 18/04/2019, dep. 16/10/2020), n.22595

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 8704/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia;

– ricorrente –

contro

ICCREA BANCAIMPRESA s.p.a., (C.F.: (OMISSIS)) in persona del legale

rappresentante pro tempore, assistita e difesa dall’Avv. Francesco

Falcitelli, con domicilio eletto presso l’Avv. Francesco Falcitelli,

con studio presso CGP studio legale e tributario sito in Roma in via

Giacomo Porro n. 8;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 763/01/2013, pronunciata il 12 novembre 2013 e depositata il 19

dicembre 2013;

udita la relazione svolta nell’udienza del 18 aprile 2019 dal

Consigliere Fabio Antezza;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Paola

Mastroberardino, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito, per il ricorrente, l’Avv. Rocchitta Gianmario (dell’Avvocatura

Generale dello Stato) che ha insistito per l’accoglimento del

ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avv. Valerio Moretti (per delega

dell’Avv. Francesco Falcitelli) che ha insistito nel controricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate (“A.E.”) ricorre, con tre motivi, per la cassazione della sentenza (indicata in epigrafe) dell’appello proposto dalla contribuente ICCREA BANCAIMPRESA s.p.a. avverso la sentenza n. 166/22/2012 emessa dalla CTP di Roma. Quest’ultima, aveva (Ndr: Testo originale non comprensibile) rigettato l’impugnazione proposta dalla contribuente contro il silenzio rifiuto formatosi in merito ad una istanza di rimborso IVA inerente l’esercizio 1998.

2. Per quanto emerge dalla sentenza impugnata e dagli atti di parte, contribuente espose nella dichiarazione annuale (del 1999), in relazione all’anno 1998, un credito IVA equivalente ad Euro 22.465.865,11, ed il primo febbraio 1999 presentò il relativo modello VR, chiedendo il rimborso dell’importo di cui innanzi. A seguito di PVC del 9 dicembre 1999, in forza di rilievi afferenti l’IVA relativa al periodo d’imposta 1998, l’A.E. rimborsò solo Euro 22.377.838,72 e bloccò il rimborso IVA richiesto, per il minore importo di Euro 88.036,39, con comunicazione ricevuta dalla contribuente il 20 dicembre 2002 (PVC poi definito il 16 maggio 2003 ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, ex art. 15, comma 5).

Il 15 giugno 2009 la contribuente, dando atto di quanto innanzi sintetizzato, propose all’Amministrazione Finanziaria istanza (ricevuta il 18 giugno 2009) di rimborso dei detti Euro 88.036,39 (oltre interessi). Ritenendo perfezionatosi in data 13 settembre 2009 il silenzio-rifiuto in merito alla detta istanza, la contribuente propose ricorso innanzi al Giudice tributario, prospettando la descritta situazione fattuale.

3. La CTP non accolse l’impugnazione, in forza della decadenza maturatasi (D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex artt. 19 e 21) per la mancata impugnazione del rigetto parziale dell’istanza di rimborso, sostanziatosi nel rimborso parziale del credito IVA di cui all’istanza.

4. In accoglimento dell’appello proposto dalla contribuente la CTR riformò la decisione di primo grado, con sentenza oggetto di attuale impugnazione. Essa, per quanto ancora rileva nel presente giudizio, ritenne non operante il termine decadenziale biennale di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, bensì il termine prescrizionale ordinario di cui all’art. 2946 c.c., non avendo l’Amministrazione rettificato la dichiarazione.

5. Contro la sentenza d’appello l’A.E. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, mentre la contribuente si difende con controricorso, sostenuto da memoria, prospettando anche ipotesi di inammissibilità del secondo motivo oltre che instando per il rigetto dell’impugnazione.

In sede di discussione le parti concludono come riportato in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso merita accoglimento, per le ragioni e nei termini di seguito esplicitati.

2. I motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente, in ragione della connessione delle questioni inerenti i relativi oggetti.

2.1. Con il motivo n. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deducono violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21, falsa applicazione dell’art. 2946 c.c. nonchè violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57 e della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 10.

In sostanza, ci si duole della statuizione impugnata per non aver considerato decorso il termine (di sessanta giorni) per l’impugnazione del parziale rigetto (implicito) dell’istanza di rimborso comunicato alla contribuente

Con il motivo n. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si deduce, in subordine rispetto alla doglianza di cui al motivo n. 1, l’omessa motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio e, in via ulteriormente gradata, l’omesso esame di un fatto controverso oggetto di discussione tra le parti.

Con il motivo n. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia.

2.2. Il motivo n. 1 è fondato, con assorbimento degli altri due motivi, in applicazione di principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, dal quale non vi sono motivi per discostarsi.

In tema di contenzioso tributario, difatti, qualora, a fronte di una istanza di rimborso d’imposta, l’amministrazione finanziaria si limiti, puramente e semplicemente, ad emettere un provvedimento di rimborso parziale, senza evidenziare alcuna riserva o indicazione nel senso di una sua eventuale natura interlocutoria, il provvedimento medesimo si configura, per la parte relativa all’importo non rimborsato, come atto di rigetto – sia pure implicito – della richiesta di rimborso originariamente presentata dal contribuente. Ne consegue che detto provvedimento costituisce atto impugnabile quale rifiuto espresso, nel termine di sessanta giorni dalla notificazione, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21 e che deve, invece, ritenersi improponibile una seconda istanza di rimborso (per il mancato accoglimento integrale della prima), con conseguente inidoneità della stessa alla formazione di un silenzio-rifiuto impugnabile (ex plurimis: Cass. sez. 5, 10/06/2005, n. 12336, Rv. 583757-01, in fattispecie sostanzialmente sovrapponibile alla presente; Cass. sez. 5, 22/04/2015, n. 8195, Rv. 635308-01, nonchè, Cass. sez. 5, 05/06/2008, n. 14846, Rv. 603944-01, la quale ha chiarito che, pertanto, deve escludersi che il contribuente possa, pure dopo l’intervento del rimborso parziale – e senza addurre elementi idonei a rivelarne la natura interlocutoria -, proseguire la controversia introdotta con l’impugnazione del silenzio-rifiuto in ordine all’istanza di rimborso, sia pure riducendo l’originaria domanda, senza impugnare il rifiuto implicitamente contenuto nell’atto di rimborso parziale, nonchè Cass. sez. 5, 24/11/2010, n. 23786, Rv. 615814-01, in termini rispetto alla precedente citata).

L’accoglimento del motivo n. 1 comporta l’assorbimento del motivo n. 2, già prospettato come in subordine rispetto al mancato accoglimento della prima doglianza, oltre che del motivo n. 3, prospettante una omessa pronuncia.

La circostanza che trattasi di motivo di diritto, inerente l’interpretazione di norme giuridiche, rende privo di pregio il riferimento della contribuente ad altra sentenza della medesima CTR (n. 419/01/2013), emessa in processo tra le stesse parti e passata in giudicato, in forza della quale, comunque in merito a diverso periodo d’imposta, la Commissione ha deciso in senso ad essa favorevole interpretando le disposizioni normative nello stesso senso di cui alla sentenza oggetto di attuale impugnazione. Il giudicato non può difatti esplicare efficacia esterna quanto all’interpretazione di norme giuridiche.

3. In conclusione, accolto il motivo n. 1 del ricorso (assorbiti gli altri motivi), deve essere cassata la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, oltre che rigettato il ricorso originario del contribuente, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

In ragione della descritta evoluzione della giurisprudenza di legittimità in merito alla questione di diritto di cui innanzi, sono compensate le spese relative ai gradi di merito e la controricorrente è condannata, al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, in favore della ricorrente, che si liquidano, in applicazione dei parametri ratione temporis applicabili, in Euro 7.000,00, oltre le spese prenotate a debito.

PQM

accoglie il motivo n. 1 di ricorso, con assorbimento del motivi nn. 2 e 3, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente; dichiara compensate le spese dei gradi di merito e condanna la controricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, in favore della ricorrente, che si liquidano in Euro 7.000,00, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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