Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22594 del 10/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 10/09/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 10/09/2019), n.22594

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11089-2018 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato PIO CORTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 3044/2017 del TRIBUNALE di TRIESTE,

depositato il 22/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DI MARZIO

MAURO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – M.A., cittadino pakistano, ricorre per due mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro il decreto del 22 marzo 2018 con cui il Tribunale di Trieste ha respinto l’opposizione da lui spiegata avverso il provvedimento della competente commissione di rigetto della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – L’amministrazione intimata non spiega difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. – Il primo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6,7,8 e 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando il decreto impugnato per aver disatteso la sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

Il secondo motivo denuncia omessa valutazione di un fatto storico decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5.

RITENUTO CHE:

4. – Il Collegio ha disposto la redazione del provvedimento in forma semplificata.

5. – Il ricorso è inammissibile.

5.1. – E’ inammissibile il primo motivo.

La ratio decidendi posta a sostegno della decisione impugnata si riassume in ciò:

-) che la narrazione offerta dal richiedente era generica, lacunosa e contraddittoria poichè: non poteva credersi che egli avesse denunciato la presenza di armi in una madrassa presso la quale aveva lavorato, armi la cui esistenza aveva per sua stessa ammissione esclusivamente congetturato; aveva narrato in un primo tempo di non aver assistito e poi di aver assistito all’arrivo di cinque o sei persone che avevano iniziato a sparare durante il suo matrimonio, accusandolo di essere una spia; aveva riferito di essere stato seguito nella sua fuga a Karachi, dove sarebbe stato individuato dai talebani, ma non aveva neppure provato a spiegare come essi potessero averlo scoperto;

-) che non spettava al ricorrente lo status di rifugiato non potendosi ritenere, in ragione della sua non credibilità, che egli fosse esposto al pericolo di persecuzione per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica;

-) che neppure spettava al ricorrente la protezione sussidiaria giacchè dal tenore del suo racconto non si evinceva che egli fosse esposto a violenze o torture o ad altre forme di trattamento inumano, tanto più che, alla luce dei pertinenti rapporti EASO, nella zona di sua provenienza era diminuita la presenza talebana, sicchè detta zona era addirittura ritenuta un’area cuscinetto idonea ad ospitare persone in fuga o spostamento da altre aree più critiche;

-) che al ricorrente non spettava infine la protezione umanitaria non avendo egli dedotto alcunchè di specifico in proposito.

Orbene, a fronte di detta motivazione, il motivo di ricorso non pone in discussione il significato e la portata applicativa delle norme richiamate in rubrica, ma si risolve nel tentativo di ribaltare la valutazione di merito compiuta dal Tribunale nell’affermare: a) che il racconto del ricorrente non fosse credibile; b) che la sua zona di provenienza non presentasse criticità tali da giustificare il riconoscimento della protezione richiesta; c) egli non avesse allegato alcuna ragione di individuare vulnerabilità tale da giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria.

Si tratta in definitiva di un motivo volto a rimettere in discussione, per l’appunto inammissibilmente, l’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito.

5.2. – Il secondo motivo è inammissibile.

Esso, difatti, si colloca del tutto al di fuori dell’attuale previsione del dell’art. 360 c.p.c., n. 5, giacchè non si misura con uno specifico fatto da intendersi quale fatto storico decisivo, ossia tale, se considerato, da ribaltare l’esito del giudizio, e controverso, che il giudice di merito avrebbe omesso di vagliare, ma, attraverso la pretesa di rivalutazione del giudizio di credibilità del ricorrente e delle condizioni del paese di provenienza, tende, ancora una volta, ad un capovolgimento dell’accertamento di fatto svolto dal Tribunale.

6. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2019

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