Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22593 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/10/2020, (ud. 20/02/2019, dep. 16/10/2020), n.22593

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 23600/2015 R.G. proposto da:

Ministero dell’economia e delle finanze, rappresentato e difeso

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato

in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Chiquita Italia s.p.a. con sede in Roma via tempio del cielo n. 3,

rappresentata e difesa dagli Avv.ti Guido Greco, Manuela Muscardini,

Elisabetta Chiesa e Laura Tricerri, giusta procura speciale a

margine del controricorso, elettivamente domiciliata presso lo

studio di quest’ultima in Roma, via Cosseria n. 5;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 1231/2014,

pubblicata il 14 luglio 2014.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 febbraio 2019

dal Cons. Marco Dinapoli.

Udito il Pubblico Ministero, e gli l’Avvocati delle parti costituite

che hanno concluso riportandosi alle richieste scritte di cui ai

rispettivi atti.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Chiquita Italia s.p.a. (già Compagnia Italiana della frutta s.p.a.) citava in riassunzione innanzi al Tribunale di Firenze il Ministero delle Finanze per sentirlo condannare al rimborso in suo favore della somma di Euro 839.288,26 a suo dire indebitamente versata alla dogana di Livorno per imposta di consumo prevista dalla L. 9 ottobre 1964, art. 1 (e successive modifiche) nel periodo 1981-1990 sulla importazione di banane dai Paesi ACP (Africa, Caraibi, Pacifico), specificamente (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), a seguito delle sentenze della CGUE che avevano ritenuto che detta imposta costituisse una misura protezionistica in contrasto con il trattato UE e con la convenzione di Lomè con gli Stati ACP del 28 febbraio 1975 e versioni successive (imposta poi abrogata dalla L. 20 dicembre 1990, n. 428).

1.1 – Il Tribunale di Firenze rigettava la domanda, con sentenza n. 2858 del 30 giugno 2007, ritenendo che il Ministero dell’economia e finanze, convenuto in giudizio, fosse privo di legittimazione passiva, a seguito della riforma dei Ministeri del 1999 e della istituzione di Agenzie dotate di personalità giuridica.

1.2 – Avverso questa decisione la società proponeva appello. La Corte d’appello di Firenze, con sentenza n. 1231/2014 pubblicata il 14 luglio 2014, in parziale accoglimento dell’appello, ritenuto operante il termine di decadenza triennale di cui al D.P.R. n. 641 del 1972, art. 13, condannava il Ministero convenuto al rimborso delle somme versate dalla società nei tre anni precedenti la domanda giudiziale.

1.3 – Il Ministero dell’economia e finanze ricorre per cassazione per due motivi e chiede l’annullamento della sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione di legge. La società resiste con controricorso e contestuale ricorso incidentale e chiede il rigetto del ricorso avverso, l’accoglimento del ricorso incidentale e la decisione nel merito ex art. 384 c.p.c. con conseguente condanna del Ministero al rimborso della differenza fra l’imposta di consumo originaria e quella effettivamente applicata per il periodo dal 1981 al 1987, vinte le spese.

1.4 – Successivamente il Pubblico Ministero deposita memoria scritta con cui espone i motivi di ritenuta infondatezza ed inammissibilità del primo motivo di ricorso principale, e quelli invece a sostegno della fondatezza del secondo motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale. Il difensore della società deposita memoria ai sensi dell’art. 375 c.p.c.. All’odierna udienza le parti presenti discutono oralmente la causa riportandosi ai rispettivi scritti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

2. Con il primo motivo di ricorso il Ministero dell’economia e delle finanze lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 luglio 1990 (rectius 1999), artt. 55 e 56, della L. 1 aprile 1997, n. 59, art. 11, comma 1, lett. a) (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) perchè la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la legittimazione passiva del Ministero, mentre invece le norme di cui lamenta violazione ne hanno disposto la soppressione.

2.1 I motivo è infondato; non merita censura, infatti la decisione della sentenza impugnata, che ha ritenuto sussistente la legittimazione passiva del Ministero; tale decisione, infatti, non solo non ha costituito oggetto di specifiche valutazioni critiche da parte del ricorrente (che si è limitato a trascrivere il contenuto della memoria di replica in precedenza depositata innanzi al giudice di appello), ma è anche conforme alla giurisprudenza della Corte (da cui non vi è motivo per discostarsi in questa sede) per cui, a seguito della soppressione dei Ministeri e della istituzione delle Agenzie fiscali, si è verificato un caso di successione a titolo particolare nel diritto controverso, per cui il processo prosegue fra le parti originarie in virtù dell’art. 111 c.p.c. (Cass. Sez. V 18 febbraio 2009 n. 3852, Cass. Sez. U. 5 maggio 2003 n. 6774, Cass. Sez. VI 8 febbraio 2012 n. 1797).

3. Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 12 dicembre 2012, delle convenzioni di Lomè con gli Stati ACP del 28 febbraio 1975 (e versioni successive) e dell’art. 2909 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3); la sentenza impugnata sarebbe errata per avere calcolato l’ammontare del rimborso dovuto sulla base del quantitativo complessivo delle banane importate, mentre invece avrebbe dovuto disaggregare i dati in base ai Paesi di provenienza delle banane.

3.1 I motivo è inammissibile; propone infatti una questione mista, di fatto e di diritto, che il giudice di appello non ha esaminato, senza precisare però in che modo, con quali forme e con quali atti la questione sia stata proposta in sede di merito.

4. La s.p.a. Chiquita lamenta, con ricorso incidentale, la violazione ed erronea applicazione, da parte del giudice di appello, degli artt. 2033 e 2946 c.c., del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, art. 13, dei principi comunitari in tema di ripetizione di imposte contrarie al diritto comunitario, del D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43. Erroneamente, infatti, la sentenza impugnata avrebbe ritenuto applicabile al caso in esame per la richiesta di rimborso delle tasse erroneamente pagate il termine di decadenza di tre anni dal giorno del pagamento, previsto dal D.P.R. n. 641 del 1972, art. 13 solo per le tasse di concessione governativa.

3.1 Il motivo è fondato. Il D.P.R. n. 641 del 1972, art. 13, ritenuto applicabile dalla corte d’appello, ha carattere di specialità (Cass. Sez. V, 12 ottobre 2016 n. 20522), per cui non può trovare applicazione oltre i casi ed i modi da esso espressamente previsti. Nel caso in esame, l’oggetto del contendere è costituito dall’imposta di consumo, e la causa della richiesta di rimborso deriva dalle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione Europea che hanno ritenuto che tale imposta fosse in contrasto con il diritto comunitario. Pertanto, a ragione la s.p.a. Chiquita si duole dell’applicazione da parte della corte territoriale del termine di decadenza in questione, anzichè degli indiziari termini codicistici di cui agli artt. 2043 e 2946 c.c..

4. In accoglimento del ricorso incidentale, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice a quo. Non può essere accolta la richiesta di decisione nel merito, che richiede l’effettuazione di accertamenti in fatto, preclusa in questa sede. La causa deve essere pertanto rimessa alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, che deciderà anche sul regolamento delle spese processuali.

PQM

la Corte rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso incidentale nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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