Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22592 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 27/09/2017, (ud. 13/06/2017, dep.27/09/2017),  n. 22592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2910/2014 R.G. proposto da:

F.I., rappresentata e difesa dall’avv. Alfonso Dellarciprete,

con domicilio eletto in Roma presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Z.R., rappresentato e difeso dall’avv. Armando Placidi, con

domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Castrense n. 7,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e nei confronti di:

F.C.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 1940/2013

depositata in data 8 aprile 2013.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 13 giugno

2017 dal Consigliere Dott. Paolo Fraulini.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Roma ha rigettato gli appelli, principale e incidentale, proposti da F.I. e Z.R., avverso la sentenza con cui il Tribunale di Velletri aveva rigettato la querela di falso proposta in via incidentale dalla signora F. nell’ambito di un giudizio di retrocessione di quote della s.r.l. Za.Co., di cui lo Z. assumeva di essere fiduciariamente intestatario.

2. Il giudice di appello, dopo aver rilevato che la querela doveva considerarsi tempestivamente proposta e aver dichiarato inammissibile l’eccezione di nullità della querela, ha corretto la decisione del Tribunale, ritenendo che oggetto della querela non fosse la sola scrittura privata – come aveva ritenuto il primo giudice – ma anche l’autentica notarile che la riguardava, a tenore della lettura del verbale di udienza ove la impugnazione era stata proposta. Ha tuttavia confermato la reiezione della querela rilevando che oggetto di essa era la sola falsità materiale dell’autenticazione del documento, del quale si lamentava l’abusivo riempimento tramite collage fotografico di foglio firmato in bianco dalla F.; falsificazione smentita tuttavia dalla ctu effettuata in appello che aveva escluso l’evenienza; ha infine ritenuto estranee alla querela le contestazioni della falsità ideologica del documento, come pure quelle inerenti la contraffazione della firma della F. e della firma e del timbro del notaio.

3. Avverso tale sentenza F.I. ricorre con tre motivi, resistiti da Z.R. con controricorso. Lo Z. ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso lamenta:

1.1. Primo motivo: “Nullità del procedimento di appello, essendo stato sottoposto ad esame un documento diverso da quello oggetto di querela, irritualmente ed illegittimamente introdotto negli atti del giudizio di appello. Art. 360 c.p.c., n. 4” deducendo la nullità del giudizio di secondo grado per avere la Corte distrettuale considerato che oggetto della querela fosse la fotocopia della dichiarazione priva di data sottoscritta dalla F. e attestata come conforme dal notaio B. di Roma in data 30 dicembre 1985 e non già la mera fotocopia della dichiarazione sottoscritta dalla F. e della certificazione di conformità all’originale a firma del notaio B.. Secondo la ricorrente il documento su cui si è svolta la perizia in appello sarebbe stato sostituito da persona rimasta ignota nel fascicolo di ufficio, dopo la nomina del ctu ma prima dell’effettuazione dell’elaborato peritale.

1.2. Secondo motivo: “Omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti: la contraffazione della sottoscrizione di F.I., mediante fotomontaggio della copia di una firma autentica apposta su un diverso atto, in calce a testo redatto dallo Z.. Art. 360 c.p.c., n. 5. Motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria” deducendo l’erroneità della sentenza laddove avrebbe omesso di accertare la veridicità di quanto affermato dalla odierna ricorrente, ovvero che il documento esibito in giudizio era stato foto montato sulla base di una firma originale rilasciata dalla F. su altro documento.

1.3. Terzo motivo: “Omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti: il falso ideologico della attestazione di conformità. Art. 360 c.p.c., n. 5. Motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria” deducendo l’erroneità della sentenza laddove avrebbe erroneamente escluso che la proposta querela comprendesse anche la denuncia di falsità ideologica del documento, siccome riproducente sia la sottoscrizione della F., mai apposta su quel documento, sia l’attestazione di conformità notarile, mai effettuata dal notaio su quel documento.

2. Il ricorso va respinto.

3. Il primo motivo è inammissibile, sotto un duplice concorrente profilo.

3.1. Innanzitutto va rilevato che la sentenza impugnata non fa alcun cenno alla deduzione difensiva avente ad oggetto la sostituzione della fotocopia su cui è stata disposta perizia in appello con altro documento su cui sarebbe stato effettivamente espletato l’elaborato peritale. Ne deriva che il motivo di ricorso che tale questione lamenta, per soddisfare il canone di specificità previsto dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4, avrebbe dovuto trascrivere, o quantomeno indicare in maniera specifica, in quale momento del giudizio di appello la F. abbia eccepito la circostanza della sostituzione, di cui si duole. Al contrario la censura si limita ad allegare la circostanza dell’avvenuta sostituzione ad opera di ignoti e a effettuare, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, un rinvio a tutti i verbali del processo di primo e secondo grado e al contenuto di tutti i propri fascicoli di merito. Con il chè, tuttavia, non può ritenersi rispettato l’onere di specificità del motivo, posto che questa Corte non può certamente sostituirsi alla parte nell’individuazione delle circostanze di fatto essenziali alla deduzione dell’error in procedendo.

3.2. In secondo luogo il vizio dedotto lamenta un errore di fatto compiuto dalla Corte di appello, che avrebbe disposto la perizia su un documento diverso da quello per cui era causa. Circostanza che è tuttavia astrattamente deducibile non con il ricorso ordinario per cassazione, ma con il procedimento di revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 1), qualora si intendesse addebitare la sostituzione del documento al dolo di una parte nei confronti dell’altra, ovvero ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4), qualora si sostenesse che il giudice sia caduto in un errore di fatto processuale, non avvedendosi della diversità oggettiva del documento originariamente oggetto di querela con quello effettivamente sottoposto al ctu e da questi esaminato e posto a base della decisione.

4. Il secondo e terzo motivo, che possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili. Va premessa l’applicabilità alla controversia del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, atteso che la sentenza impugnata è stata pubblicata in data 8 aprile 2013, quindi dopo l’entrata in vigore della ultima novellazione del citato articolo (11.9.2012). Ne consegue che entrambi i motivi in esame, pur formalmente lamentando l’omissione di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in realtà li identificano materialmente con la questione del fotomontaggio da un diverso originale (secondo motivo) e della radicale inesistenza di alcun originale (terzo motivo). Tuttavia il primo fatto (fotomontaggio) non è stato affatto omesso dalla Corte territoriale, che anzi su tale circostanza ha basato la sua decisione nel merito (pag. 6 sentenza) confermando la correttezza della ctu laddove aveva escluso tale evenienza. Anche il secondo fatto (inesistenza dell’originale) in realtà è stato oggetto di espressa valutazione nella sentenza impugnata, che sulla base di tale allegazione ha fondato la limitazione dell’indagine alla sola falsità materiale del documento e non anche di quella ideologica (cfr. pag. 5 sent.). I due motivi in realtà, come fatto palese addirittura dalla loro intestazione, contengono una critica della sufficienza della motivazione adottata dalla Corte rispetto agli elementi processuali acquisiti e in suo possesso, e della contraddittorietà rispetto all’interpretazione di tali atti propugnata dalla ricorrente. Ma entrambe queste allegazioni non sono più ammesse ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., n. 5, in presenza come nella specie di una motivazione superiore al minimo costituzionale, riconoscibile come tale e non affetta da radicali vizi di apparenza e di perplessità, unici a poter essere ancora sindacati da questa Corte nell’esercizio del controllo sulla motivazione.

5. La soccombenza regola le spese.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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