Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22590 del 10/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 10/09/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 10/09/2019), n.22590

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24364-2018 proposto da:

SANNO ALAIGIE, elettivamente domiciliato in ROMA, L.GO SOMALIA 53,

presso lo studio dell’avvocato GUGLIELMO PINTO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MARIA CRISTINA TARCHINI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, per il RICONOSCIMENTO della PROTEZIONE

INTERNAZIONALE di BRESCIA COMMISSIONE TIRRITORIALE;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 18427/2017 del TRIBUNALE di BRESCIA,

depositato il 26/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 21/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

FALABELLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Sanno Alaigie, nato in Gambia, impugna per cassazione il decreto con cui il Tribunale di Brescia ha negato che gli potessero essere riconosciuti lo stalla di rifugiato, la protezione sussidiaria e quella umanitaria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su due motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha svolto difese.

Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo è incentrato sulla questione di costituzionalità della disciplina processuale introdotta col D.L. n. 13 del 2017, convertito in L. n. 46 del 2017. Si deduce che la scelta del legislatore di sottoporre le controversie in materia di protezione interm.zionale al rito camerale si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. in quanto limiterebbe in maniera irragionevole il diritto a un giusto processo nel quale si possano esplicare appieno le possibilità di difesa.

Il motivo è infondato.

Come osservato da questa S.C., la nuova disciplina non attua alcuna violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, poichè il rito camerale ex art. 737 c.p.c., che è previsto anche per la trattazione di controversie in materia di diritti e di status, è idoneo a garantire il contraddittorio pure nel caso in cui non sia disposta l’udienza: sia perchè tale eventualità è limitata solo alle ipotesi in cui, in ragione dell’attività istruttoria precedentemente svolta, essa appaia superflua, sia perchè in tale caso le parti sono comunque garantite dal diritto di depositare difese scritte (Cass. 5 luglio 2018, n. 17717).

2. – Col secondo motivo è dedotta la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5. Il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia mancato di valorizzare talune circostanze (i maltrattamenti da lui subiti ad opera dello zio, i disturbi di carattere psicologico di cui lo stesso istante soffriva) e di non aver preso in considerazione la situazione attuale del Gambia.

Nemmeno tale motivo può accogliersi.

Con riguardo alla protezione umanitaria, il Tribunale ha osservato che il ricorrente non aveva allegato alcun fattore di soggettiva vulnerabilità, fatta eccezione per la giovane età: aspetto, questo, che doveva però ritenersi superato, giacchè nel frattempo il ricorrente -che aveva in patria la madre e due fratelli – era divenuto maggiorenne. L’affermazione della mancata allegazione (che non è stata censurata in questa sede, prospettando un error in procedendo del giudice di prime cure sul punto) appare, in sè decisiva, giacchè la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. 28 settembre 2015, n. 19197; in senso conforme: Cass. 29 ottobre 2018, n. 27336). Non si vede, del resto, come, anche a prescindere da tale rilievo, il giudice di prime cure potesse fondare il riconoscimento della protezione umanitaria sui maltrattamenti di cui il ricorrente ha affermato di essere stato vittima: infatti il racconto dell’istar te è stato reputato non credibile e l’impugnazione proposta non investe questo profilo dell’accertamento giurisdizionale. Tanto meno rilevante è, poi, il richiamo alla situazione del Gambia: infatti – a prescindere dal rilievo sul punto svolto dal Tribunale (il quale ha escluso che le criticità del paese diano luogo a una vera e propria emergenza umanitaria) – è da osservare che la temuta violazione dei diritti umani, su cui si fonda la domanda di protezione umanitaria, “deve necessariamente correlarsi alla vicenda personale del richiedente, perchè altrimenti finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti”: ciò che risulterebbe in contrasto col parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, (Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, in motivazione).

3. – Il ricorso è dunque respinto.

4. – Nulla deve disporsi in punto di spese processuali, stante la mancata resistenza dell’intimato.

L’ammissione della parte ricorrente al gratuito patrocinio determina l’insussistenza dei presupposti per il versamento dell’importo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, stante la prenotazione a debito in ragione dell’ammissione al predetto beneficio (Cass. 22 marzo 2017, n. 7368).

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6a Sezione Civile, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2019

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