Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22582 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. II, 16/10/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 16/10/2020), n.22582

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16106/2018 proposto da:

F.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PILO ALBERTELLI

1, presso lo studio dell’avvocato LUCIA CAMPOREALE, rappresentata e

difesa dall’avvocato NICOLE MELLI;

– ricorrente –

contro

SASCO FINANCIAL CORP., IN PERSONA DEL SUO LEGALE RAPPRESENTANTE PRO

TEMPORE, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 2,

presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO PARISI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato AUGUSTO MOSCONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 531/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 27/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLO CASENTINO.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La sig.ra F.V. ha proposto ricorso, sulla scorta di tre motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Brescia che, confermando la sentenza di primo grado del tribunale di Mantova, ha rigettato l’opposizione da lei proposta al decreto ingiuntivo che l’aveva condannata a pagare alla società Sasco Financial Corp (di seguito: Sasco) la sorte capitale di Dollari 217.017,90, oltre interessi e spese, a titolo di rimborso di un mutuo ipotecario in valuta estera.

La Corte d’appello, per quanto qui ancora interessa, ha preliminarmente disatteso le eccezioni sollevate dalla sig.ra F. in ordine:

a) alla validità della procura ad litem rilasciata per il giudizio di appello dal Vice Presidente della Sasco, sig. S.N. (successivamente integrata con una procura a ratifica rilasciata dal Presidente, sig. Sa.Ce.), invece che dal registered agent della società, sig.ra Sa.Vi.;

b) alla validità di tutte le procure ad litem rilasciate nel giudizio di primo e secondo grado, in quanto sottoscritte con firme autenticate dal difensore invece che secondo “le forme prescritte dalla legge per l’autentica della firma dei soggetti esteri” (così a pag. 11, rigo 5, della sentenza impugnata).

Nel merito, la Corte bresciana ha condiviso il giudizio del Tribunale di Mantova, fondato sulle valutazioni del c.t.u. nominato in primo grado, secondo cui il tasso del mutuo non poteva considerarsi usurario. In proposito l’impugnata sentenza ha giudicato corretto il richiamo del c.t.u. alle istruzioni della Banca d’Italia in materia di usura, emanate nel febbraio 2006.

La società Sasco ha presentato controricorso, eccependo preliminarmente la nullità della notifica del ricorso, in quanto effettuata tramite l’ufficiale giudiziario di Mantova, territorialmente incompetente.

La causa è stata chiamata all’adunanza di Camera di consiglio dell’8 aprile 2020 e, in seguito al differimento di ufficio disposto ai sensi del D.L. 8 marzo 2020, n. 11, art. 1, comma 1 (Misure straordinarie ed urgenti per contrastate l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria), è stata nuovamente chiamata, e decisa, all’adunanza di Camera di consiglio del 22 luglio 2020, in prossimità della quale la ricorrente ha depositato una memoria.

Preliminarmente va disattesa l’eccezione della controricorrente di nullità della notifica del ricorso per cassazione della sig.ra F.. A prescindere dalla considerazione che, per il disposto dell’art. 156 c.p.c., u.c., l’eventuale nullità di tale notifica risulterebbe comunque sanata, per raggiungimento dello scopo, dal deposito del controricorso, va comunque precisato che, come le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto occasione di chiarire nella sentenza n. 17533/18, in tema di notificazioni, la violazione delle norme di cui al D.P.R. n. 1229 del 1959, artt. 106 e 107, costituisce una semplice irregolarità del comportamento del notificante, la quale non produce alcun effetto ai fini processuali e, quindi, non configura una causa di nullità della notificazione. In particolare, detta irregolarità, nascendo dalla violazione di norme di organizzazione del servizio svolto dagli ufficiali giudiziari, non incide sull’idoneità della notificazione a rispondere alla propria funzione nell’ambito del processo e può, eventualmente, rilevare soltanto ai fini della responsabilità disciplinare o di altro tipo del singolo ufficiale giudiziario che ha eseguito la notificazione.

Con il primo motivo di ricorso, riferito dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente deduce la violazione di legge per “errata applicazione della norma di diritto in materia di poteri di rappresentanza della figura del registered agent in relazione alla procura alle liti e ultrapetizione nella decisione della Corte”. Il motivo si articola in tre distinte censure:

a) in primo luogo la ricorrente deduce che la Corte territoriale avrebbe interpretato erroneamente la figura e i poteri del registered agent, equiparando tale figura a quella di un mero domiciliatario; al contrario, argomenta la difesa F., la figura del registered agent (nella società Sasco rivestita, fino al 16.1.2015, dalla sola sig.ra Sa.Vi.) andrebbe identificata in quella del legale rappresentante della società;

b) sotto altro profilo la ricorrente deduce che la Corte d’appello avrebbe errato nel tenere conto tanto dello stralcio dello statuto della società Sasco attestante i poteri del Presidente e del suo Vice – vistato dal Consolato Generale d’Italia e prodotto dalla stessa società all’udienza del 28 gennaio 2015, quanto dell’estratto dello statuto sociale della medesima società – sempre contenente l’attestazione dei poteri del Presidente e suo Vice – munito di traduzione resa avanti al notaio B.J.; tali documenti, secondo la difesa F., non sarebbero stati utilizzabili, sia perchè, il primo, tradotto in italiano dal medesimo signor Sa.Ce., sia perchè, entrambi, non convalidati tramite apostille, secondo quanto previsto dalla Convenzione dell’Aja del 1961.

c) sotto un ulteriore profilo la ricorrente deduce che la Corte territoriale sarebbe incorsa nel vizio di ultrapetizione procedendo alla “classificazione e definizione delle tre categorie di organi sociali, in cui sarebbe strutturata la Sasco Corp.” ancorchè l’oggetto precipuo del legame fosse quello di “identificare, nel proprio ruolo e funzione, la figura del registered agent” (pag. 7, penultimo capoverso, del ricorso).

Il motivo non può trovare accoglimento.

La censura sub a), relativa all’errore in cui la Corte bresciana sarebbe incorsa nell’individuare i poteri di rappresentanza del registered agent, è inammissibile per carenza di specificità. Essa, infatti, per un verso, denuncia un vizio di violazione di legge senza indicare, nemmeno implicitamente, quale sarebbe la norma di legge violata; per altro verso, non attinge adeguatamente la ratio decidendi. Infatti, ove anche si ammettesse che la qualità di registered agent attribuita a Sa.Vi. nella visura camerale prodotta dall’odierna ricorrente in sede di merito attribuisse a costei la legale rappresentanza della Sasco, ciò non sarebbe di per sè sufficiente ad escludere che analoghi poteri competessero anche ad altri soggetti; nè quindi ad infirmare il ragionamento del giudice di merito – non specificamente censurato nel motivo di ricorso – che ha riconosciuto detti poteri al Presidente ed al Vice Presidente della Sasco. Donde il rilevato difetto di specificità della censura.

La censura sub b), relativa alla pretesa inutilizzabilità del documento contenente uno stralcio dello statuto della società Sasco, è pur essa inammissibile per difetto di pertinenza alle motivazioni della sentenza impugnata; tale doglianza, infatti, non si misura con (nè, quindi, specificamente censura) le argomentazioni sviluppate dalla Corte territoriale nell’ultimo capoverso della pagina 9 e all’inizio della pagina 10 della sentenza, che di seguito si trascrivono: “risulta, poi, dallo stesso doc. 6 prodotto dall’appellante all’udienza del 14.01.2015 che il ruolo chiave e principale all’interno della società è rivestito, sin dalla sua costituzione il 22.10.1997, da Sa.Ce. con la carica di President, Treasurer e Director (Presidente, Tesoriere e Direttore) della Sasco e da S.N. quale Director, Secretary e Vice President (Direttore, Segretario e Vice Presidente). In ogni caso mai l’appellante ha messo in dubbio o contestato che Sa.Ce. e S.N. all’interno della società rivestissero la carica, rispettivamente, di Presidente e Vicepresidente della società”.

La censura sub c), relativa al preteso vizio di ultra petizione in cui sarebbe incorsa l’impugnata sentenza, va infine giudicata infondata, giacchè l’argomentazione sviluppata dalla Corte territoriale in ordine ai poteri rappresentativi statutariamente spettanti al Presidente e al Vice Presidente della Sasco, lungi dall’andare ultra petita, risulta strettamente funzionale alla confutazione della eccezione della difesa F. di nullità della procura rilasciata al difensore della Sasco.

Con il secondo motivo di ricorso, anch’esso riferito dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la sig.ra F. denuncia la violazione di legge “per errore di interpretazione della validità della procura alle liti rilasciata da parte della società estera” in cui la Corte bresciana sarebbe incorsa omettendo di rilevare che tutte le procure ad litem rilasciate dalla società Sasco per il giudizio di appello – quella rilasciata dal Vice Presidente S.N. il 22.12.2014 in favore degli avvocati Ba.An. e M.M., quella rilasciata dal Presidente Sa.Ce. il 26.1.2015 in favore della sola avvocatessa Ba. e, infine, quella ulteriormente rilasciata dal Presidente Sa.Ce. in favore della avvocatessa C.E., costituitasi con comparsa del 2.8.2016 – dovevano giudicarsi nulle. Tali procure, si argomenta nel motivo di impugnazione, sarebbero nulle perchè la relativa sottoscrizione risulta autenticata dal difensore italiano, mentre, essendo il mandante un “soggetto estero” (così a pag. 9, rigo 3, del ricorso) la sottoscrizione avrebbe dovuto essere autenticata da un notaio o altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato dalla legge dello Stato di provenienza.

Il motivo va giudicato inammissibile perchè, al pari della seconda censura articolata nel primo mezzo di gravame, non è pertinente alle motivazioni dell’impugnata sentenza. Tale censura, infatti, reitera un’eccezione già avanzata dalla difesa F. davanti alla Corte bresciana senza, tuttavia, attingere la ratio decidendi sulla cui base tale eccezione è stata rigettata dal giudice di secondo grado. La difesa F., infatti, non si misura con il rilievo svolto a pag. 11 della sentenza impugnata secondo cui la procura ad litem alla società Sasco doveva ritenersi rilasciata in Italia, non avendo la sig.ra F. provato, e nemmeno allegato, fatti idonei a superare la presunzione di rilascio in territorio italiano di una procura ad litem rilasciata ad un difensore esercente in Italia, quand’anche anche il mandante risieda all’estero; sul tema si veda, da ultimo, in continuità con i precedenti di legittimità puntualmente citati dalla Corte bresciana (e del tutto ignorati nel ricorso per cassazione della sig.ra F.), Cass. SSUU n. 1605/20: “In caso di mandante residente all’estero, l’onere di fornire la prova contraria necessaria a superare la presunzione dell’avvenuto rilascio in Italia della procura ad litem apposta su atto giudiziario senza indicazione del luogo di sottoscrizione ed autenticata da legale italiano, grava sulla parte avversa a quella della cui sottoscrizione si tratta”).

Con il terzo motivo di gravame, riferito dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la sig.ra F. deduce l’omesso e/o insufficiente esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, individuato nella richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica in ordine all’usurarietà dei tassi applicati al finanziamento a lei erogato dalla società Sasco. Ad avviso della ricorrente la consulenza tecnica su cui si sono fondati il primo ed il secondo giudice di merito sarebbe inattendibile, in quanto il consulente, fondandosi su istruzioni della Banca d’Italia prive di efficacia normativa, avrebbe operato una illegittima distorsione puramente teorica dei prezzi delle valute, operando una arbitraria e fuorviante operazione di omogeneizzazione dei parametri di confronto (tasso pattuito-applicato e tasso soglia); laddove il medesimo consulente, secondo la difesa F., avrebbe dovuto limitarsi a verificare se il costo del finanziamento erogato in dollari ad un soggetto italiano nel territorio italiano (e garantito da un’ipoteca su un immobile sito in Italia) superasse o non superasse il tasso soglia applicabile in Italia nel periodo di riferimento.

Il motivo è inammissibile, perchè, ancorchè dedotto con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, risulta tuttavia formulato senza il rispetto del paradigma normativo fissato da tale disposizione, nel testo modificato dal D.L. n. 83 del 2012. La ricorrente, infatti, non indica alcun fatto storico – che abbia formato oggetto di discussione tra le parti e che possa ritenersi dotato della caratteristica della decisività – il cui esame sarebbe stato omesso dalla corte territoriale, ma lamenta la mancata ammissione della propria istanza di rinnovazione della consulenza tecnica, limitandosi a criticare la metodologia seguita dal consulente tecnico e sviluppando argomentazioni che, non venendo veicolate mediante la deduzione di un vizio di violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, si risolvono in mere critiche di merito evidentemente inammissibili nel giudizio di legittimità.

Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere alla società controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 7.300, oltre Euro 200 per esborsi e oltre accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma 1 bis dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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