Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22581 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. I, 27/09/2017, (ud. 14/03/2017, dep.27/09/2017),  n. 22581

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio P. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9802/2013 R.G. proposto da:

P.G. rappresentato e difeso dall’avv. Luigi Oliverio,

con domicilio eletto presso la cancelleria della Corte di

cassazione;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) rappresentato e difeso dall’avv. Bruno Cimadomo, con

domicilio eletto in Roma, via Sabotino, n. 12, presso lo studio

dell’avv. Luca Savini;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, n. 2456,

depositata in data 30 giugno 2012;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 marzo 2017

dal Consigliere Campanile Pietro.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Napoli ha confermato la decisione di primo grado, con la quale era stata rigettata la domanda proposta dal signor P.G. nei confronti del (OMISSIS), relativa all’indennità di occupazione legittima di un fondo di sua proprietà, sito in agro di (OMISSIS);

in particolare, è stato affermato che l’atto di concordamento intercorso fra le parti in data 10 luglio 1989, con il quale i proprietari avevano accettato l’indennità di espropriazione, comportasse rinuncia all’indennità di occupazione;

per la cassazione di tale decisione il proprietario del terreno propone ricorso, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso il Consorzio. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

con i motivi del ricorso principale si deduce, rispettivamente, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1364,1366 e 1965 c.c., nonchè dell’art. 136 Cost., in relazione all’esclusione del diritto all’indennità di occupazione, in quanto interessata dalla rinuncia espressa nel verbale di concordamento;

sotto il primo profilo, il ricorrente afferma che la rinuncia era, testualmente, riferita – e ad essa le parti avevano avuto riguardo – all’indennità di espropriazione ex adverso offerta e da loro accettata, senza alcun fine transattivo che tanto meno riguardasse l’indennità di occupazione, dovuta a ristoro di un pregiudizio del tutto diverso;

sotto il secondo, il P. sostiene che, essendo stata dichiarata, con la sentenza Corte Cost. n. 24 del 2009, l’illegittimità del D.L. n. 300 del 2006, art. 3, l’efficacia del verbale di concordamento è, comunque, venuta meno, tenuto conto che tra la redazione del verbale e l’emissione del decreto di espropriazione erano decorsi quindici anni, sicchè il decreto era intempestivo;

il primo motivo è fondato;

questa Corte ha già affrontato e risolto, in senso favorevole al ricorrente, le questioni oggi dedotte, con le sentenze n. 1537, n. 3512 e n. 19324 del 2013, nonchè, da ultimo, con le decisioni n. 19688 e 24785 del 2016;

in particolare, è stato affermato che l’atto definitivo, cosiddetto di “concordamento bonario”, con il quale l’espropriato accetta l’offerta del concessionario della sola indennità di espropriazione e rinuncia a proporre opposizione alla stima e ad ogni altra azione giudiziaria “che abbia attinenza all’occupazione” oltre che all’espropriazione dell’immobile, non si estende all’indennità di occupazione, in assenza di un atto normativo che imponga tale estensione, non potendo tale rinuncia avere effetti in relazione a situazioni future non ancora determinate o determinabili, come quelle derivate dalla prolungata detenzione delle aree non espropriate per le quali già si sia pagato il corrispettivo dell’ablazione anche se il decreto ablatorio non sia stato emesso”;

ed invero, avendo il concessionario comunicato al proprietario la sola indennità di espropriazione offerta dall’autorità amministrativa, ed essendo stata tale indennità accettata dall’odierno ricorrente allo scopo di godere dei benefici premiali connessi, l’esegesi contenuta nell’impugnata sentenza non si giustifica al lume del tenore della rinuncia, trascritta per autosufficienza, contenuta nel verbale di concordamento, che, in coerenza con l’oggetto dell’offerta, ha precluso qualsiasi ulteriore pretesa dell’espropriando comunque correlata e correlabile alla perdita della disponibilità materiale e giuridica del bene ma senza interferire con l’istituto dell’occupazione temporanea (e col relativo indennizzo), il quale, da un lato, attribuisce alla P.A. il diritto di disporre del fondo privato per un periodo di tempo limitato, privando il proprietario dei corrispondenti poteri e perciò comportando la trasformazione del correlativo diritto in diritto ad autonomo indennizzo ex art. 42 Cost., non assorbibile nell’indennità di espropriazione (Cass. sez. un. 7324/96, 5804/95, 6083/94 ed altre), dall’altro costituisce una fase del tutto distinta, autonoma e solo eventuale nell’ambito della procedura ablativa;

rimane assorbito, sulla scorta delle superiori considerazioni, ogni altro rilievo del ricorso principale;

la sentenza impugnata, pertanto, va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di appello di Napoli, che in diversa composizione, applicherà il principio di diritto sopra indicato, provvedendo, inoltre, al regolamento delle spesa relative al presente giudizio di legittimità.

PQM

 

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.

La Corte deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della prima sezione civile, il 14 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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