Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22581 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. II, 16/10/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 16/10/2020), n.22581

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16729/2016 proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

TUSCOLANA 1348, presso lo studio dell’avvocato GIAMPAOLO RUGGIERO,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAIROLI

24, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE IURILLI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 699/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/07/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLO CASENTINO.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il Condominio (OMISSIS), in persona dell’amministratore p.t., ha proposto ricorso, sulla scorta di sei motivi, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma che, riformando la sentenza di primo grado del Tribunale della stessa città, lo ha condannato a pagare al Condominio (OMISSIS) la somma di Euro 7.895,66, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo, a titolo di rimborso, per la quota di un terzo, delle spese sostenute dal Condominio (OMISSIS) per lavori di riparazione sul tratto fognario comune ai due condomini e al ristorante “(OMISSIS)” (la cui proprietà aveva versato bonariamente la propria quota di un terzo).

La Corte d’appello di Roma ha preliminarmente disatteso le eccezioni preliminari sollevate dal Condominio (OMISSIS) con riferimento, la prima, alla carenza di legittimazione attiva del Condominio (OMISSIS), fondata sulla dedotta carenza di autorizzazione a stare in giudizio del relativo amministratore, e, la seconda, alla inammissibilità della domanda di accertamento della comproprietà della condotta fognaria di cui trattasi, fondata sull’assunto che tale domanda sarebbe stata proposta dal Condominio (OMISSIS) per la prima volta nel giudizio di appello, in violazione dell’art. 345 c.p.c..

Nel merito, la Corte territoriale ha accolto la domanda del Condominio (OMISSIS) giudicando non contestati tanto la circostanza che la condotta fognaria di cui si tratta avesse formato oggetto di manutenzione straordinaria quanto la circostanza dell’uso comune di detta condotta; uso comune che – non risultando in causa l’esistenza di alcun titolo costitutivo di servitù – la stessa Corte ha ritenuto trovasse titolo in un diritto di comproprietà, in ragione della pertinenzialità della condotta fognaria ad entrambi gli edifici condominiali ed all’immobile adibito a ristorante.

Il Condominio (OMISSIS) ha presentato controricorso.

La causa è stata chiamata all’adunanza di Camera di consiglio dell’8 aprile 2020 e in seguito al differimento di ufficio disposto ai sensi del D.L. 8 marzo 2020, n. 11, art. 1, comma 1 (Misure straordinarie ed urgenti per contrastate l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria), è stata nuovamente chiamata, e decisa, all’adunanza di Camera di consiglio del 22 luglio 2020, in prossimità della quale il Condominio ricorrente ha depositato una memoria.

Con il primo motivo di ricorso, riferito dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 1131 c.c., in relazione all’art. 1130 c.c. e art. 1136 c.c., comma 4 e agli artt. 77 e 183 c.p.c., deducendo la carenza di legittimazione attiva e di ius postulandi dell’amministratore del Condominio (OMISSIS) e, conseguentemente, la nullità dell’atto introduttivo e di tutti gli atti successivi. Nel mezzo di gravame, per un verso, si argomenta che la causa introdotta dal Condominio (OMISSIS) – avente ad oggetto il contributo alle spese sostenute per lavori di manutenzione straordinaria – esula da quelle per le quali, ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c.c., l’amministratore condominiale è dotato di autonoma legittimazione ad agire in giudizio; per altro verso, si deduce che erroneamente la Corte capitolina avrebbe ritenuto l’amministratore dal Condominio (OMISSIS) validamente autorizzato a stare in giudizio in base alla Delib. dell’assemblea condominiale 25 maggio 2006, in quanto, sostiene il ricorrente, il documento rappresentativo di tale Delib. non sarebbe stato utilizzabile, essendo stato prodotto in giudizio dopo il decorso dei termini perentori di cui all’art. 183 c.p.c..

Il motivo va disatteso perchè l’argomento secondo cui l’autorizzazione ad agire in giudizio rilasciata all’amministratore dall’assemblea del Condominio (OMISSIS) in data 25 maggio 2006 sarebbe inutilizzabile, perchè tardivamente prodotta, è destituito di giuridico fondamento. Questa Corte ha infatti già avuto occasione di enunciare il principio, cui il Collegio intende dare conferma e seguito, che la legittimazione ad processum, riguardando un presupposto della regolare costituzione del rapporto processuale, è questione esaminabile anche d’ufficio, come dimostra la previsione dell’art. 182 c.p.c., comma 2, in ogni stato e grado del giudizio, salvo il limite della formazione del giudicato, con la conseguenza che non rileva il momento processuale in cui sia fornita la relativa prova, non operando, ai relativi effetti, le ordinarie preclusioni istruttorie (così Cass. A. 22099/13, che ha escluso la tardività della prova della qualità di legale rappresentante di una persona giuridica offerta nella memoria di replica istruttoria di cui all’art. 184 c.p.c.; in termini anche Cass. n. SSUU 4248/16).

Con il secondo motivo di ricorso, riferito dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, il Condominio ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. (vecchia formulazione) e art. 345 c.p.c.; artt. 112,115 e 324 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c.; nel motivo si censura l’inammissibile proposizione in appello di domande nuove non formulate nell’atto introduttivo del giudizio di prime cure, la mancata corrispondenza dei motivi specifici di impugnazione al contenuto degli stessi, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del giudicato interno. Il motivo si articola in tre distinte censure.

In primo luogo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 342 c.p.c., sull’assunto che i motivi dell’atto di appello del Condominio (OMISSIS) si confonderebbero tra di loro, in violazione del principio di specificità. La doglianza va disattesa, perchè, come di recente chiarito in Cass. n. 7675/19, non può considerarsi aspecifico e deve, quindi, essere dichiarato ammissibile, il motivo d’appello che esponga il punto sottoposto a riesame, in fatto ed in diritto, in modo tale che il giudice sia messo in condizione (senza necessità di esplorare, in assenza di parametri di riferimento, le vicende processuali) di cogliere natura, portata e senso della critica, non occorrendo, tuttavia, che l’appellante alleghi e, tantomeno, riporti analiticamente le emergenze di causa rilevanti, le quali risultino investite ed evocate non equivocamente dalla censura, diversamente da quel che è previsto per l’impugnazione a critica vincolata.

In secondo luogo il ricorrente denuncia di violazione dell’art. 345 c.p.c., sull’assunto della novità della domanda di accertamento della proprietà comune della condotta fognaria di cui trattasi. Anche questa doglianza va disattesa perchè lo stesso ricorrente riferisce (pag. 12, rigo 2, del ricorso) che tale domanda era stata proposta già nell’atto introduttivo, in alternativa quella di accertamento della servitù.

In terzo luogo, infine, il ricorrente sostiene che il Condominio (OMISSIS) avrebbe prestato acquiescenza alla statuizione del primo giudice, non specificamente impugnata con l’appello, di incongruenza, ipoteticità e incompletezza della domanda introduttiva dal medesimo proposta e censura la sentenza qui impugnata per non aver rilevato tale acquiescenza. Anche questa doglianza va disattesa. Il Tribunale di Roma, infatti, ha adottato una statuizione di rigetto e non di inammissibilità della domanda introduttiva proposta dal Condominio (OMISSIS), cosicchè le argomentazioni spese nella sentenza di primo grado sull’incongruità della formulazione della relativa causa petendi, riportate a pag. 14 del ricorso, risultano prive di portata decisoria e, conseguentemente, inidonee ad acquisire, pur in difetto di specifiche impugnazione, efficacia di cosa giudicata. Va qui ribadito, infatti, il principio che, in tema di appello, la mancata impugnazione di una o più affermazioni contenute nella sentenza può dar luogo alla formazione del giudicato interno soltanto se le stesse siano configurabili come capi completamente autonomi, avendo risolto questioni controverse che, in quanto dotate di propria individualità ed autonomia, integrino una decisione del tutto indipendente, e non anche quando si tratti di mere argomentazioni, oppure della valutazione di presupposti necessari di fatto che, unitamente ad altri, concorrano a formare un capo unico della decisione (così, Cass. 21566/17).

Con il terzo motivo di ricorso, riferito dell’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, il Condominio ricorrente deduce insieme la violazione o falsa applicazione degli artt. 112,115 e 324 c.p.c. e art. 2909 c.c. e l’omesso esame di un fatto decisivo che ha formato oggetto di discussione tra le parti, ossia la sistematica e rigorosa contestazione, da parte dello stesso odierno ricorrente, dell’an e del quantum della pretesa attorea, già nel primo atto difensivo e, successivamente, in sede di appello incidentale in punto di spese.

Il terzo motivo è fondato. Esso censura specificamente la seguente affermazione della Corte capitolina: “è lo stesso Tribunale a dichiarare in sentenza che non sono in contestazione nè l’uso comune della condotta fognaria, nè la circostanza che siano stati eseguiti lavori di manutenzione straordinaria e tale statuizione, non essendo stata appellata nè in via principale nè in via incidentale, ha acquistato efficacia di giudicato” (pag. 5, ultimo capoverso, e pag. 6, in principio, della sentenza impugnata).

La suddetta affermazione è errata sia in fatto che in diritto.

In fatto – premesso che dall’esame diretto degli atti di causa, ammissibile in questa sede in ragione della natura processuale del vizio denunciato, emerge che il Condominio (OMISSIS) ebbe a contestare il fatto costitutivo della pretesa avversaria già nella comparsa di costituzione in primo grado, ove si legge: “non essendo intervenuta alcuna accettazione in merito, controparte dovrà rigorosamente provare l’an debeatur dell’asserito fatto giuridico costitutivo dedotto apertamente contestato da questa difesa nonchè la legittimità dell’iter procedimentale seguito” – è sufficiente rilevare che, contrariamente all’assunto della Corte territoriale, il Condominio (OMISSIS) si dolse apertamente, nel proprio appello incidentale sulle spese, della pronuncia del primo giudice concernente la asserita non contestazione dell'”intervento manutentivo sul tratto fognario all’uso in(uso all’appellato” (pag. 21, ultimo capoverso, del ricorso).

In diritto, va qui nuovamente richiamato il principio, già evocato con riferimento alla terza censura sviluppata nel secondo motivo di ricorso, alla cui stregua la mancata impugnazione di una o più affermazioni contenute nella sentenza non può dar luogo alla formazione del giudicato interno ove si tratti di mere argomentazioni, oppure della valutazione di presupposti necessari di fatto che, unitamente ad altri, concorrano a formare un capo unico della decisione soltanto se le stesse siano configurabili come capi completamente autonomi (Cass. n. 21566/17 cit.); l’affermazione del Tribunale concernente la mancata contestazione sull’uso comune della condotta fognaria costituisce, appunto, una mera argomentazione, non una statuizione idonea ad acquisire efficacia di giudicato e, del resto, la contestazione sulla comproprietà della condotta, costituendo una mera difesa, poteva essere proposta anche per la prima volta in appello (cfr., ex multis, Cass. 8525/20: “Nel processo civile, le eccezioni in senso lato consistono nell’allegazione o rilevazione di fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto dedotto in giudizio ai sensi dell’art. 2697 c.c., con cui sono opposti nuovi fatti o temi di indagine non compresi fra quelli indicati dall’attore e non risultanti dagli atti di causa. Esse si differenziano dalle mere difese, che si limitano a negare la sussistenza o la fondatezza della pretesa avversaria, sono rilevabili d’ufficio – non essendo riservate alla parte per espressa previsione di legge o perchè corrispondenti alla titolarità di un’azione costitutiva – e sono sottratte al divieto stabilito dall’art. 345 c.p.c., comma 2, sempre che riguardino fatti principali o secondari emergenti dagli atti, dai documenti o dalle altre prove ritualmente acquisite al processo e anche se non siano state oggetto di espressa e tempestiva attività assertiva”).

La Corte di appello ha dunque errato nel ritenere che la comproprietà della condotta fognaria tra i due Condomini in contesa dovesse ritenersi incontroversa, e quindi esclusa dal thema probandum, per essere passata in giudicato la (erronea) affermazione del Tribunale secondo cui i fatti costitutivi della pretesa dell’attore non sarebbero stati contestati dal convenuto; al contrario, la Corte capitolina avrebbe dovuto accertare che l’uso della condotta fognaria fosse comune e che i lavori interessassero una parte comune di tale condotta, svolgendo tale accertamento sulla base delle produzioni documentali in atti e dell’istruttoria orale da lei stessa disposta, semmai con l’ausilio del ricorso a presunzioni. Donde la fondatezza del motivo.

Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c., lamentando l’assenza di prove idonee a dimostrare la sussistenza dei fatti costitutivi del credito azionato dal Condominio attore non soltanto in punto di comproprietà della condotta fognaria, ma anche in punto di quantificazione delle spese e di urgenza necessità dei lavori.

Nel quinto motivo il ricorrente – dopo aver dedotto che il Condominio (OMISSIS) è composto da dieci unità immobiliari e il Condominio di (OMISSIS) è composto da quaranta unità immobiliari – denuncia la violazione degli artt. 1101,1117 e 1123 c.c., in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa ripartendo le spese dei lavori de quibus in tre parti uguali – imputate, rispettivamente, al Condominio attore, al Condominio convenuto e al terzo proprietario del ristorante (OMISSIS) – invece di dividere tali spese in parti eguali tra i cinquanta partecipanti ai due Condomini (tutti individualmente comproprietari della condotta de qua, essendo i Condomini meri enti di gestione), oltre al proprietario il suddetto ristorante.

Con il sesto motivo di ricorso, riferito dell’art. 360 c.p.c., n. 3, il Condominio ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. e del D.M. n. 55 del 2014, lamentando la mancata compensazione delle spese di lite, in ragione del minor importo del “pronunciato” rispetto al “chiesto”, nonchè l’eccessività dell’importo liquidato in appello per compensi professionali.

Il quarto, il quinto e il sesto motivo di ricorso restano assorbiti dall’accoglimento del terzo, che impone la cassazione della sentenza gravata in relazione alla statuizione sulla comproprietà della condotta, logicamente precedente alle statuizioni attinte con il quarto, quinto e sesto motivo.

In definitiva la sentenza gravata va cassata in relazione al terzo mezzo di gravame, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo ed il secondo motivo e dichiara assorbiti il quarto, il quinto e il sesto. Cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Roma, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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