Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22581 del 10/08/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/08/2021, (ud. 16/06/2021, dep. 10/08/2021), n.22581

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25336-2018 proposto da:

L.G., rappresentato e difeso dagli avvocati MICHELE

MANFREDONIA e ANGELO GIANNATTASIO, con gli stessi domiciliato in

Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 779/2018 della COMM. TRIB. REG. CAMPANIA,

SEZ.DIST. di SALERNO, depositata il 29/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/06/2021 dal Consigliere relatore Dott.ssa MILENA BALSAMO.

 

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. L.G. ricorre, sulla base di due motivi avverso la sentenza della CTR della Campania n. 779/2018, la quale ha confermato la legittimità dell’avviso di liquidazione del (OMISSIS), con il quale l’Agenzia delle entrate aveva recuperato le imposte di registro, ipotecaria e catastale relativamente all’acquisto di un fondo in data (OMISSIS).

In particolare, la CTR della Campania affermava che il maggior valore dell’area risultava accertato sulla base del metodo comparativo con altro fondo compravenduto nello stesso Comune di tipologia seminativo al valore di Euro 39,60 al mq, reputando la perizia di parte genericamente e sommariamente argomentata, facendo leva su talune caratteristiche sfavorevoli del fondo acquistato.

L’agenzia delle Entrate ha depositato nota di costituzione per partecipare all’udienza.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLA RAGIONI DI DIRITTO

2. Con la prima censura, si lamenta violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3), per erronea ricognizione da parte del decidente della fattispecie astratta recata da una norma di legge “.

Nella illustrazione della censura, si opera un riferimento ai criteri di rivalutazione di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 52, nonché a procedure di calcolo di cui non si fa alcun cenno nella sentenza impugnata, nella quale invece si è dato atto dell’adozione del metodo comparativo da parte dell’Ufficio.

Inoltre, si censura la motivazione dell’atto impugnato, questione che non risulta affatto essere stata esaminata nel giudizio di merito. Infine, si lamenta la carenza motivazionale della decisione.

3. La censura è inammissibile.

L’inammissibilità deriva dall’essere la censura di violazione della legge sostanziale ex art. 360 c.p.c., n. 3), palesemente eccentrica rispetto alla motivazione che è stata assunta a fondamento della statuizione qui impugnata. Invero il motivo – lungi dal profilare l’esistenza di uno specifico contenuto censorio della decisione – si risolve nell’assertivo rilievo dell’erronea valutazione del valore in comune commercio del fondo, richiamando criteri non adottati dall’Agenzia come confermato dalla stessa sentenza impugnata.

Inoltre, il ricorso non soddisfa il requisito della sommaria esposizione dei fatti, previsto (a pena di inammissibilità per l’appunto) dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3. Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1926 del 03/02/2015, Rv. 634266 – 01), il ricorso, per soddisfare detto requisito, deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito.

Orbene, nella specie, parte ricorrente ha erroneamente ritenuto assolto detto requisito, riportando il fatto come compendiato nella sentenza impugnata, senza considerare che, così operando nulla ha riferito su quali siano state le difese e le domande svolte, sullo svolgimento del processo di primo grado e sulle ragioni della sentenza di primo grado (della quale si limita a riprodurre il dispositivo); nulla ha riferito sulle ragioni poste a fondamento dell’appello. Così operando, parte ricorrente non ha posto questa corte di legittimità nella condizione di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa.

Si tratta, infine, di censura che presenta altresì profili di inammissibilità, perché a formulazione frammista, non rispondente ai parametri stabiliti nella sentenza delle. Sezioni Unite n. 9100 del 06/05/2015, posto che il motivo, per come delineato, non consente di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati.

4. Con il secondo mezzo si lamenta la violazione delle norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3), omettendo di indicare le disposizioni che il giudicante avrebbe violato, reiterando difese istruttorie che attengono alla quaestio facti, la cui valutazione è sottratta al sindacato di legittimità.

Inoltre, con detto motivo si propone per la prima volta una questione che non risulta oggetto di discussione nel giudizio di merito, vale a dire quella concernente il meccanismo del prezzo valore.

Il ricorrente che proponga una questione ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione nel giudizio di appello ed anche di indicare in quale atto processuale del giudizio precedente, in modo da consentire alla corte l’accertamento ex actis della veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. n. 16502 del 2017, in motiv; Cass. n. 9138 del 2016).

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, difatti, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (v. Cass. Sez. 3, 09/01/2002 n. 194; più di recente, v. Cass. Sez. 6 – 1, 09/07/2013 n. 17041; n. 25319/2017; n. 907/2018).

In materia di ricorso per cassazione, la parte non può mutare – salvo che tale esigenza origini dalla sentenza impugnata – la posizione assunta nel giudizio di appello, attraverso il proprio atto introduttivo o difensivo, per sostenere un motivo di ricorso, giacché, diversamente, si consentirebbe tanto all’appellante di modificare, in un successivo grado di giudizio, il contenuto dell’atto di gravame ed i relativi motivi, con manifesta contraddizione rispetto alla logica che presiede l’esercizio stesso del diritto di impugnazione in appello, le cui ragioni e conclusioni vanno esposte in detta fase processuale, quanto, correlativamente, all’appellato, di mutare le proprie difese rispetto a quelle svolte nell’atto di costituzione (Cass. n. 2033 del 2017).

Pertanto, il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.

In assenza di costituzione dell’Agenzia, non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso

Così deciso in Roma, il nell’adunanza camerale della Corte di cassazione, tenuta da remoto, il 16 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2021

 

 

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