Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22580 del 10/09/2019

Cassazione civile sez. II, 10/09/2019, (ud. 31/01/2019, dep. 10/09/2019), n.22580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5222/2015 proposto da:

P.C., P.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA OFANTO 18, presso lo studio dell’avvocato CARMINE

GRISOLIA, rappresentati e difesi dagli avvocati GIOVANNI DONATI,

RAFFAELE SOMMESE;

– ricorrenti –

contro

BAZZANE SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TOMMASO GULLI 11, presso lo

studio dell’avvocato ANTONELLA POPOLIZIO, rappresentato e difeso

dagli avvocati ROSA MAURO, PAOLA CAGOSSI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1733/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 17/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

31/01/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

Fatto

RILEVATO

che:

– con sentenza del 17.7.2014, la Corte di Appello di Bologna confermava la sentenza del Tribunale di Bologna, che aveva rigettato la domanda proposta da P.G. e C.A. nei confronti della ditta venditrice Bazzane s.n.c. di Z.A. & c., con la quale si chiedeva la condanna della società al risarcimento dei danni, consistenti nelle somme necessarie per l’eliminazione dei vizi dell’abitazione;

– gli attori esponevano che, dopo un anno dall’acquisto, avvenuto in data 27.3.2001, avevano constatato la presenza di crepe al muro, rotture di piastrelle del pavimento e difettosa chiusura delle porte; la ditta appaltatrice era intervenuta ed aveva eseguito degli interventi per rimuovere i vizi che, tuttavia, si erano ripresentati nel 2004, ma, nonostante l’ulteriore contestazione, la società convenuta si era rifiutata di intervenire;

– la corte territoriale, qualificato il contratto concluso tra le parti come contratto d’appalto, dichiarava prescritta la domanda per tardiva denuncia dei vizi, avvenuta oltre il termine biennale di cui all’art. 1667 c.c.;

– per la cassazione di detta sentenza, hanno proposto ricorso P.G. e P.C., in proprio e quali eredi di C.A.;

– ha resistito con controricorso la Bazzani snc di Z.A. & c.;

– in prossimità dell’udienza, i ricorrenti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RITENUTO

che:

– con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte territoriale dichiarato la prescrizione annuale ex art. 1495 c.c., nonostante il riconoscimento dei vizi da parte della ditta venditrice ed il suo intervento per eliminare i vizi, che avrebbe, invece, dato luogo alla prescrizione decennale;

– il motivo è inammissibile perchè non si confronta con la decisione del giudice d’appello, che ha fatto riferimento al termine di prescrizione biennale, previsto per il contratto d’appalto ai sensi dell’art. 1667 c.c., e non al termine di prescrizione annuale, previsto dall’art. 1495 c.c.;

– con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1667 c.c., artt. 244 e 245 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte territoriale dichiarato la prescrizione biennale ex art. 1667 c.c., nonostante il riconoscimento dei vizi da parte della Bazzani s.n.c., che non avrebbe richiesto nemmeno la denuncia da parte del committente; lamentava, quindi, la mancata ammissione della prova testimoniale, volta a dimostrare il riconoscimento dei vizi da parte dell’impresa, gli interventi dalla medesima eseguiti per eliminarli e la constatazione dei medesimi vizi dopo l’effettuazione dell’intervento;

– il motivo è fondato;

– questa Corte, con un orientamento consolidato, al quale il collegio intende dare continuità, ha affermato che l’impegno dell’appaltatore ad eliminare i vizi denunciati dal committente costituisce tacito riconoscimento degli stessi ed ha l’effetto di svincolare il diritto alla garanzia del committente dai termini di decadenza e prescrizione di cui all’art. 1667 c.c., costituendo fonte di un’autonoma obbligazione di “facere” che si affianca a quella preesistente legale di garanzia. Tale nuova obbligazione, che non estingue quella originaria a meno di uno specifico accordo novativo, non è soggetta ai termini di prescrizione e decadenza stabiliti per quella di garanzia, ma all’ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l’inadempimento contrattuale (Cassazione civile sez. II, 07/06/2018, n. 14815; Cassazione Civile, Sez. II, 4.1.2018 n. 62, Cassazione civile sez. III, 20/04/2012, n. 6263);

– la corte territoriale non ha fatto corretta applicazione del principio di diritto affermato da questa Corte, avendo dichiarato prescritto il diritto dei committenti, sulla base del termine di prescrizione biennale di cui all’art. 1667 c.c., in quanto erano decorsi quattro anni dalla consegna, omettendo di accertare se vi fosse stato riconoscimento dei vizi da parte dell’appaltatore, come dedotto nei capitoli di prova testimoniale, ritualmente trascritti a pag. 12 del ricorso;

– la prova era decisiva al fine di accertare se vi fosse stato riconoscimento dei vizi da parte dell’appaltatore e l’impegno ad eliminarli, dando luogo ad un’autonoma obbligazione soggetta al termine decennale di prescrizione;

– con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 1669 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per avere la corte territoriale erroneamente escluso che i vizi dell’opera, consistenti in crepe al muro, nella rottura di piastrelle e nel distacco del pavimento dalla parete perimetrale e nella difettosa chiusura delle porte, costituissero gravi difetti, trattandosi di edificio destinato per sua natura a lunga durata, mentre, detti vizi, pregiudicherebbero in modo grave la funzionalità dell’immobile;

– anche questo motivo è fondato;

– rientrano nella nozione di gravi difetti dell’edificio, ai sensi dell’art. 1669 c.c., le carenze costruttive dell’opera che pregiudichino in modo apprezzabile il normale godimento, la funzionalità e/o l’abitabilità dell’immobile, come i gravi difetti riscontrati nella pavimentazione dell’immobile, nell’impianto idrico o nella presenza di infiltrazioni ed umidità (Cass. Civile, Sez. II, 4.10.2018 n. 24230, Cassazione Civile sez. II, 26/06/2017, n. 1584);

– il giudice d’appello ha errato nell’escludere che le crepe al muro, la rottura di piastrelle, il distacco del pavimento dalla parete perimetrale e la difettosa chiusura delle porte, ove accertati, non costituissero gravi difetti dell’appartamento, mentre, invece, essi pregiudicano in modo grave la funzionalità dell’immobile;

– vanno, pertanto, accolti il secondo ed il terzo motivo, rimanendo assorbiti il quarto motivo, il quinto ed il sesto motivo di ricorso;

– la sentenza va, pertanto cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio innanzi alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese relative al giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo, dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 31 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2019

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