Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22575 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 27/09/2017, (ud. 19/09/2017, dep.27/09/2017),  n. 22575

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27337/2010 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma alla Via dei

Portoghesi n. 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

Marchetti s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Domenico D’Arrigo,

elettivamente domiciliata in Roma alla via Marcello Prestinari n. 13

presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Ramadori, per procura in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria centrale di Milano

n. 1290/11/09 depositata il 29 settembre 2009.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 19 settembre

2017 dal Consigliere Dott. Enrico Carbone.

Fatto

FATTO E DIRITTO

atteso che:

– L’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso l’annullamento in Commissione tributaria centrale della cartella esattoriale emessa nei confronti di Marchetti & Langè s.d.f. (oggi Marchetti s.r.l.) a riliquidazione della domanda di condono per gli anni d’imposta 1976/1981.

– I primi due motivi di ricorso denunciano violazione del D.L. n. 429 del 1982, artt. 15 e 19, conv. L. n. 516 del 1982, l’ultimo motivo denuncia vizio logico, per aver il terzo giudice qualificato come errore riconoscibile l’indicazione nella dichiarazione integrativa di un codice di condono (codice 50 per condono con definizione automatica) diverso da quello realmente voluto (codice 52 per condono senza definizione automatica).

– Ai fini del condono, la dichiarazione integrativa non è inficiata dagli errori materiali riconoscibili, la sussistenza dei quali compete al giudice di merito accertare con una valutazione incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivata (Cass. 21 aprile 1997, n. 3410, Rv. 503814; Cass. 16 maggio 2002, n. 7172, Rv. 554486; Cass. 28 giugno 2006, n. 14955, Rv. 591283; Cass. 10 dicembre 2007, n. 25712, Rv. 600994).

– Nella specie, il giudice di merito ha osservato che l'”imposta integrativa versata è pari a quella stabilita per usufruire dell’integrazione semplice”, traendone la conseguenza che “l’errore nell’indicazione del codice deve considerarsi un errore formale”, motivazione logicamente sostenibile, rispetto alla quale le censure erariali si risolvono in un’inammissibile istanza di riedizione del giudizio di fatto.

– Il ricorso deve essere respinto per inammissibilità dei motivi; le spese di questo giudizio sono regolate per soccombenza.

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200,00 per compensi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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