Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22575 del 10/08/2021

Cassazione civile sez. trib., 10/08/2021, (ud. 10/06/2021, dep. 10/08/2021), n.22575

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9991/2015 R.G. proposto da:

ATP Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avv. Sergio Fiori in virtù di procura

speciale a margine del ricorso per cassazione, elettivamente

domiciliato in Roma, piazzale Clodio n. 56, presso l’Avv. Giovanni

Bonaccio;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5415/65/2014 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, depositata

in data 16 ottobre 2014;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 giugno

2021 dal Consigliere Dott. Grazia Corradini.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 16/2/2011 la Commissione Tributaria Provinciale di Cremona accolse il ricorso presentato dalla Spa ATP contro l’avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2005 con cui erano stati recuperati costi ed oneri in relazione a sette separati rilievi, limitatamente ai rilievi nn. 1, 3, 4, 5, 6 e 7 (quest’ultimo relativo a costi per consulenze ritenute indeducibili per mancanza di un contratto scritto, essendo indicati solo in via del tutto generica in fattura) che quindi annullò ritenendoli illegittimi, mentre rigettò il ricorso iniziale quanto al solo rilievo n. 2, così confermando l’avviso di accertamento esclusivamente in relazione a tale rilievo.

Investita, quanto alla parte di soccombenza, dall’appello della Agenzia delle Entrate – che lamentò omessa ed erronea motivazione della sentenza di primo grado e omessa indicazione delle prove a base della decisione, prestando peraltro acquiescenza quanto all’annullamento del rilievo n. 3 – la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – Sezione distaccata di Brescia, con sentenza n. 5415/65/2014, confermò la sentenza di primo grado quanto ai rilievi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, mentre, quanto al rilievo n. 7, sostenne, in motivazione, dapprima “che l’appello deve essere accolto limitatamente al rilievo n. 7” poiché “la relativa documentazione esibita dalla società in sede di verifica e successivamente non può essere ritenuta prova certa ed esaustiva idonea a soddisfare i requisiti previsti per la deducibilità dei predetti costi/spese….”, il che comportava che “sul punto la sentenza doveva essere riformata” e, subito dopo, che “per quanto detto, la Commissione in parziale riforma della sentenza impugnata dichiara l’illegittimità dell’accertamento limitatamente al rilievo n. 7. conferma nel resto l’impugnata sentenza” e, quindi, nel dispositivo, dichiarò “In parziale riforma dell’impugnata sentenza, dichiara l’illegittimità dell’avviso di accertamento limitatamente al rilievo n. 7. Conferma nel resto l’impugnata sentenza”.

Contro la sentenza di appello, depositata in data 16 ottobre 2014, non notificata, ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, con atto notificato in data 13 aprile / 17 maggio 2015, affidato a due motivi e successiva memoria, cui ha resistito con controricorso la Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e conseguente nullità della sentenza impugnata per esistenza di una discrasia interna della motivazione della stessa, laddove dapprima affermava che “l’appello deve essere accolto limitatamente al rilievo n. 7” e quindi che “la Commissione in parziale riforma della sentenza impugnata dichiara l’illegittimità dell’avviso di accertamento limitatamente al rilievo 7”, nonché di un contrasto fra la motivazione ed il dispositivo il quale non consentiva di sciogliere il dubbio rendendo una decisione materialmente favorevole alla contribuente, ma in parziale riforma della sentenza di primo grado che sul punto era stata già favorevole alla contribuente.

2. Con il secondo motivo si duole, sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, di totale mancanza della motivazione poiché l’insanabile contrasto interno della sentenza non consentiva di capire la reale volontà del giudicante e privava in tal modo la sentenza di ogni certezza e fondamento.

3. La controricorrente assume che invece la sentenza sarebbe chiara e consentirebbe di comprendere che il giudice di appello aveva confermato la legittimità del recupero n. 7, in assenza della prova della sua deducibilità che doveva essere offerta dalla contribuente e non era stata invece fornita, per cui il ricorso per cassazione doveva essere rigettato.

4. Il ricorso è infondato alla luce del principio secondo il quale “l’esatto contenuto della sentenza va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione, nella parte in cui la medesima riveli l’effettiva volontà del giudice. Ne consegue che va ritenuta prevalente la parte del provvedimento maggiormente attendibile e capace di fornire una giustificazione del “dictum” giudiziale” (Cass. n. 24600 del 18/10/2017).

5. Infatti, la sentenza impugnata appare chiara e precisa nella parte di motivazione (“a parere di questo collegio, si ribadisce, la società non ha fornito valide prove, idonee ad inficiare l’efficacia probatoria documentata dai verificatori prima… e dall’ufficio accertatore poi; ossia il contribuente non ha sufficientemente provato l’effettiva inerenza o strumentalità delle spese contestate dimostrando il collegamento tra queste e l’attività imprenditoriale della società, certamente e non necessariamente attraverso un contratto scritto, ma stante la natura di incarichi saltuari, tramite una dettagliata descrizione documentale delle prestazioni rese/ricevute” “Per le considerazioni sopra esposte la sentenza sul punto deve essere riformata” “nel resto la sentenza deve essere confermata”), mentre il dispositivo è vero che contraddice questa motivazione ma, anche in sé, è contraddittorio perché prima afferma “in parziale riforma dell’impugnata sentenza dichiara l’illegittimità dell’avviso di accertamento limitatamente al rilievo n. 7” e poi prosegue affermando “conferma nel resto l’impugnata sentenza”: tuttavia, nonostante le apparenti contraddizioni, il dictum della sentenza è univoco poiché dichiara legittimo il rilievo n. 7 (“in parziale riforma” atteso che diversamente non vi era nulla da riformare, né di confermare “nel resto” la decisione di primo grado) e, semplicemente, il refuso è costituito dall’aver scritto “l’illegittimità” invece di “legittimità”, come avrebbe dovuto scrivere e come si poteva agevolmente comprendere per la consequenzialità delle argomentazioni. D’altronde si trattava di errore materiale evidente e facilmente riconoscibile poiché la riforma della sentenza di primo grado è stata limitata al rilievo n. 7 dell’accertamento, sul quale la contribuente era risultata vittoriosa in primo grado ed è risultata invece soccombente in appello, mentre per il resto erano rimaste ferme le statuizioni di primo grado.

6. Con la memoria difensiva in vista della adunanza camerale la contribuente ha ricordato che, in chiusura del ricorso di cassazione, aveva chiesto la correzione della motivazione della sentenza d’appello, poiché era corretto il dispositivo (che aveva dichiarato la “illegittimità” del rilievo n. 7), mentre era erronea la motivazione in quanto il rilievo 7 era in effetti illegittimo poiché l’Ufficio aveva sottoposto a tassazione IRAP alcune spese che la società ATP non aveva mai dedotto ed ha quindi insistito “perché questa Corte confermi nel dispositivo la sentenza impugnata ex art. 384 c.p.c., comma 4, con correzione della sua motivazione”. Però – in disparte il rilievo che il “refuso”, evidente e riconoscibile, riguarda il dispositivo e non invece la motivazione della sentenza impugnata, la quale contiene un apparato argomentativo del tutto coerente e conforme a corretti principi giuridici in tema della deducibilità delle spese, sulla base del rilievo che la società contribuente non aveva dimostrato la inerenza e la strumentalità delle spese ed il collegamento fra queste e l’attività imprenditoriale della società, posto che mancava persino una descrizione documentale delle prestazioni cui si riferivano le pretese spese – occorre rilevare, che, in tema di contenzioso tributario, il contrasto tra formulazione letterale del dispositivo e motivazione che non incida sull’idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione, non integra un vizio attinente al contenuto concettuale e sostanziale della decisione, bensì un errore materiale emendabile con la procedura prevista dall’art. 287 c.p.c., (applicabile anche nel procedimento dinanzi alle commissioni tributarie), e non denunciabile, invece, con l’impugnazione della sentenza (v. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 22433 del 26/09/2017 Rv. 646132 – 01: Nella specie, la S.C. ha ritenuto che dalla lettura della motivazione della sentenza si evincessero le ragioni dell’accoglimento delle critiche esposte dell’appellante, costituendo, quindi, frutto univoco di errore materiale la statuizione di conferma della sentenza impugnata di cui in dispositivo; conforme, Sez. 1 -, Sentenza n. 12846 del 14/05/2019 Rv. 654247 – 01; v. ancora Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 26236 del 16/10/2019 Rv. 655748 – 01: integra un’ipotesi di correzione di errore materiale la discrasia tra motivazione della sentenza e dispositivo, non potendosi il contrasto risolvere nel senso della prevalenza del dispositivo sulla motivazione, ove risultino chiaramente spiegate le ragioni della disposta compensazione, in quanto il dispositivo ha la funzione di esprimere in forma riassuntiva la

decisione).

7. Non è quindi possibile correggere in questa sede il preteso errore materiale invocato dalla contribuente poiché esso, in primo luogo, non esiste con riguardo al contenuto della motivazione e comunque avrebbe dovuto essere denunciato davanti al giudice del merito. Infatti, la speciale disciplina, dettata dagli artt. 287 e ss. c.p.c., per la correzione degli errori materiali incidenti sulla sentenza, la quale attribuisce la competenza all’emanazione del provvedimento correttivo allo stesso giudice che ha emesso la decisione da correggere, mentre non è applicabile quando contro la decisione stessa sia già stato proposto appello dinanzi al giudice del merito, in quanto l’impugnazione assorbe anche la correzione di errori, è invece da osservarsi rispetto alle decisioni impugnate con ricorso per cassazione, atteso che il giudizio relativo a tale ultima impugnazione è di mera legittimità e la Corte di cassazione non può correggere errori materiali contenuti nella sentenza del giudice di merito, al quale va, pertanto, rivolta l’istanza di correzione, anche dopo la presentazione del ricorso per cassazione (v. Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 13629 del 19/05/2021 Rv. 661291 – 01).

8. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente – fermo restando il regolamento delle spese di merito già disposto dal giudice del merito – deve essere condannata, per effetto della soccombenza, alla rifusione delle spese del presente giudizio liquidate come in dispositivo. Si deve, infine, dare atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte: Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore della controricorrente, che liquida in Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito. Da atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 agosto 2021

 

 

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