Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22572 del 31/10/2011
Cassazione civile sez. trib., 31/10/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 31/10/2011), n.22572
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te pro tempore,
domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge;
– ricorrente –
contro
D.P.G., elett.te dom.to in Roma, alla via F. Siacci n.
4, presso lo studio dell’avv. Voglino Alessandro, dal quale è
rapp.to e difeso, giusta procura in atti;
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria
Regionale del Lazio n. 32/2006/39 depositata il 14/3/2006;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
giorno 13/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;
Udite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale, dott. DEL CORE.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia promossa da D.P.G. contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante l’accoglimento dell’appello proposto dal contribuente contro la sentenza della CTP di Latina n. 179/07/2003 che aveva respinto il ricorso del Dei Prete avverso il diniego di rimborso dell’IRAP versata nell’anno 1998. Il ricorso proposto dall’Agenzia si articola in due motivi. Resiste con controricorso il D.P.. Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c. Il presidente ha fissato l’udienza del 13/10/2011 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con primo motivo (con cui deduce “violazione e falsa applicazione della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 144, nonchè del D.Lgs. 15 dicembre 1997, artt. 2, 3, 8, 27, 36 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 “) la ricorrente assume che la CTR avrebbe violato tali norme nell’escludere la ricorrenza, nel caso di specie, dei presupposti impositivi. Formula il quesito di diritto: “se per i soggetti che esercitano arti o professioni di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 sussiste l’autonoma organizzazione quando il professionista impieghi capitali altrui e disponga di un immobile per lo svolgimento della sua attività”.
La censura è inammissibile in quanto il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. è privo della riassuntiva esposizione degli elementi di Fatto sottoposti al giudice di merito, della sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice, e della diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie.
Con secondo motivo (con cui deduce: “motivazione insufficiente, omessa e contraddittoria su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”), la ricorrente assume che la sentenza non evidenzierebbe il ragionamento logico che ha indotto la CTR ad escludere rilevanza alle circostanze di fatto evidenziate nel corso del giudizio.
La censura è inammissibile stante la mancata trascrizione dell’atto di appello. In ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, è infatti necessario che in esso vengano indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perchè il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate.
Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore del D.P., delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione, in favore del D.P., delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2011