Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22570 del 28/10/2011

Cassazione civile sez. un., 28/10/2011, (ud. 27/09/2011, dep. 28/10/2011), n.22570

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo presidente f.f. –

Dott. LUPI Fernando – Presidente di sezione –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DELLA CONCILIAZIONE 10, presso lo studio dell’avvocato SCORDAMAGLIA

VINCENZO, che lo rappresenta e difende, per delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI

CASSAZIONE;

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 85/2011 del CONSIGLIO SUPERIORE MAGISTRATURA,

depositata il 26/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI AMOROSO;

udito l’Avvocato Vincenzo SCORDAMAGLIA;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. CENICCOLA

Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il dott. D.B.G., giudice del Tribunale di Bari, era incolpato dell’illecito disciplinare di cui al D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 4, lett. d), in relazione ai reati di cui: a) all’art. 81 c.p., comma 2, e alla L. n. 895 del 1967, art. 2 come sostituito dalla L. n. 497 del 1974, art. 10 in relazione alla L. n. 110 del 1975, art. 1, comma 2: b) all’art. 61 c.p., n. 2 e all’art. 110 c.p. e alla L. n. 110 del 1975, art. 3. In particolare al dott. D.B. era contestato di aver illecitamente detenuto, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, due anni classificate tipo-guerra, e precisamente (1) un fucile marea FEG modello NGM cal. 223, matricola (OMISSIS), munito di un calcio collassabile pieghevole in sostituzione di quello originale e dotato di un selettore di tiro idoneo a consentire il tiro automatico con munizioni cal. 5,56 NATO e (2) un fucile marca FAL di fabbricazione belga cal. 308 winchester, con selettore di tiro anch’esso predisposto per lo sparo automatico a raffica.

Dalle indagini emergeva inoltre- si legge nel impugnata ordinanza della sezione disciplinare del CSM – che il dott. D.B., in concorso con altre persone ed allo scopo di commettere il delitto di cui alla lettera a), alterava le caratteristiche originali del suddetto fucile marca FEG mediante la sostituzione del calciolo e la modifica del selettore di tiro in modo da rendere l’arma idonea al tiro automatico a raffica, con ciò aumentandone illecitamente la potenza offensiva e rendendone più agevole il porto e l’occultamento.

Per tali fatti – accertati in (OMISSIS), poi trascritti nel capo di imputazione formulato dal procuratore della Repubblica di Trani nel procedimento penale n. 7191/10/21 RGNR – il dott. D.B., in data 28 ottobre 2010, è stato tratto in arresto dai Carabinieri di Santa Maria Capua Vetere.

Il successivo 29 ottobre, il g.i.p. del Tribunale di Trani ha convalidato l’arresto senza adottare misure cautelari. Il relativo procedimento penale è attualmente pendente, ai sensi dell’art. 11 c.p.p., presso la Procura della Repubblica di Lecce (n. 11575/10/21 RGNR).

2. In riferimento a tali fatti è stato promosso procedimento disciplinare per gli illeciti suddetti nei confronti del dott. D. B.G..

Nell’ambito di tale procedimento la Sezione disciplinare del C.S.M. ha disposto in via cautelare il trasferimento provvisorio del magistrato incolpato al Tribunale di Matera, in tali limiti accogliendo la richiesta cautelare di sospensione dalle funzioni e dallo stipendio formulata dalla Procura generale presso la Corte di cassazione.

Del provvedimento cautelare di trasferimento provvisorio è stata tuttavia disposta la sospensione da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, adito dall’incolpato.

3. Nelle more di tale giudizio e di quello per cassazione pure promosso dallo stesso dott. D.B.G.. il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha chiesto nuovamente applicarsi al dott. D.B.G. la più grave misura cautelare della sospensione dalle funzioni e dallo stipendio, con collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura.

A giustificazione della richiesta il pubblico ministero ha dedotto che da indagini successive il dott. D.B.G. era risultato sia proprietario di altre armi, anche da guerra, una delle quali con punzonatura abrasa, sia detentore di sedici cartucce, in violazione del divieto imposto ai collezionisti. Inoltre la sua collezione di armi, benchè regolarmente autorizzata, doveva considerarsi nondimeno illegale, perchè per ben cinquantacinque modelli era dotata di più esemplari identici e le armi risultavano ripetutamente usate in violazione dello specifico divieto imposto ai collezionisti; mentre una pistola inclusa nella collezione non era stata rinvenuta, con la conseguenza che ne era ipotizzabile una cessione illegale. Sicchè, secondo il Procuratore Generale, l’aggravarsi della posizione processuale dell’indagato rendeva ancora più palese l’inidoneità del dott. D.B.G. allo svolgimento di funzioni giurisdizionali e la sua incompatibilità con il ruolo del magistrato.

Con memoria difensiva il dott. D.B.G. contestava innanzitutto che fossero da guerra le nuove armi menzionate nella richiesta del pubblico ministero; rilevava poi che la contraffazione di una delle armi era stata considerata dalla polizia giudiziaria non certa ma solo verosimile ed era stata esclusa in sede peritale;

aggiungeva che sei pistole e due fucili appartenevano a sua moglie, mentre 158 fucili erano estranei alla collezione e, essendo da caccia, era possibile detenerne in numero illimitato.

Sosteneva ancora che le armi erano tutte diverse per marchi identificativi, non potendo perciò considerarsi identiche pur quando dello stesso modello, mentre le cartucce erano lecitamente detenute quali munizioni della pistola destinata a difesa personale; e che la pistola di cui si ipotizzava l’illecita cessione era stata plausibilmente smarrita dalla stessa polizia giudiziaria. Negava infine che dalle intercettazioni telefoniche risultasse un’abituale utilizzazione da parte sua delle anni collezionate, potendo solo ipotizzarsi che egli avesse intenzione di rendere utilizzabile un fucile.

4. La Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura con ordinanza n. 85 del 17-26 maggio 2011, in applicazione del D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109, art. 22 ha disposto la sospensione cautelare facoltativa dalle funzioni e dallo stipendio nonchè il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura del dott. D.B.G. con corresponsione al medesimo di un assegno alimentare nella misura indicata nel D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 10, comma 2.

Ha ritenuto la sezione disciplinare che la richiesta del P.G. di aggravamento della misura cautelare applicata al dott. D. B. dovesse essere accolta.

A tal fine ha richiamato il disposto dell’art. 299 c.p.p., comma 4, ritenuto nella specie applicabile, che prevede che, nel procedimento penale, una misura cautelare può essere sostituita con altra più grave, quando le esigenze cautelari risultano aggravate. Tale disposizione è stata ritenuta applicabile anche nel procedimento disciplinare, non solo per il richiamo alle norme del codice di procedura penale contenuto nel D.Lgs. n. 109 del 2006, artt. 16 e 18 ma anche per la funzione stessa della tutela cautelare disciplinare, intesa a rimuovere tempestivamente situazioni di incompatibilità con l’esercizio della giurisdizione.

Quanto al presupposto di fatto dell’aggravata misura cautelare la sezione disciplinare ha ritenuto che, dopo la precedente ordinanza del 16 dicembre 2010, applicativa della misura cautelare de trasferimento provvisorio, era sopravvenuto un aggravamento delle esigenze cautelari, essendo emersi dall’indagine penale ulteriori elementi. Risultava infatti – dalle intercettazioni prodotte dall’accusa (nelle quali si faceva riferimento, ad esempio, alla possibilità del ripresentarsi del difetto di funzionamento di un’arma) che il dott. D.B., violando la legge, avesse ripetutamente fatto uso delle armi collezionate: circostanza questa – ha ritenuto la sezione disciplinare – in definitiva ammessa in udienza dallo stesso incolpato, sia pure con qualche ambiguità.

La situazione che si era determinata vedeva il dott. D.B. continuare ad esercitare le funzioni giurisdizionali nella medesima sede nella quale si erano verificati i fatti oggetto del suddetto procedimento penale. Sussisteva quindi l’imprescindibile esigenza di prevenire ulteriori lesioni del prestigio della giurisdizione e di ripristinare le condizioni per un buon andamento dell’amministrazione della giustizia.

5. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il dott. D. B.G. con due motivi illustrati anche da successiva memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il dott. D.B.G. denuncia l’illegittimità dell’ordinanza impugnata perchè lo statuto relativo agli illeciti disciplinari dei magistrati non prevede che la misura cautelare applicata possa essere sostituita con una più grave; e comunque solo apparente è la motivazione dell’ordinanza impugnata attesa l’evidente mancanza del presupposto di aggravamento della situazione cautelare per essere i fatti addebitatigli gli stessi di quelli posti a fondamento della prima misura cautelare della trasferimento provvisorio.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente censura l’ordinanza impugnata perchè intervenuta sei giorni dopo la sentenza del T.a.r.

per il Lazio di annullamento dell’ordinanza cautelare del 30 novembre 2010 nel punto relativo all’ufficio di destinazione per effetto de trasferimento provvisorio. La sezione disciplinare si sarebbe dovuta adeguare alla pronuncia del T.a.r. oppure avrebbe dovuto proporre impugnazione davanti al Consiglio di Stato.

Nella memoria il ricorrente da in particolare atto degli esiti dell’incidente probatorio espletato dalla g.i.p. presso il tribunale di Lecce in data 7 giugno 2011.

2. Il ricorso – i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi – è fondato nei limiti di cui si viene ora a dire.

3. Innanzitutto deve ritenersi non fondata la tesi in diritto, svolta dalla difesa del ricorrente, secondo cui la Sezione Disciplinare del C.S.M. non avrebbe potuto in alcun caso adottare l’impugnata misura cautelare della sospensione dalle funzioni e dallo stipendio in ragione del ritenuto aggravamento delle esigenze cautelari dopo la precedente adozione del trasferimento provvisorio.

E’ vero che -come sostiene la difesa del ricorrente – non è invocabile nella specie l’art. 299 c.p.p., comma 4, che prevede che, nel procedimento penale, quando le esigenze cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, sostituisce la misura applicata con un’altra più grave ovvero ne dispone l’applicazione con modalità più gravose.

Deve infatti considerarsi che il D.Lgs. n. 109 del 2006 non prevede una generale applicabilità delle norme del codice di procedura penale; ma limita il richiamo di tali disposizioni sotto tre profili specifici.

Da una parte l’art. 16, comma 2, prescrive che le norme del codice di procedura penale si applicano quanto alle indagini svolte nel procedimento disciplinare. L’art. 18, comma 4, poi contempla l’applicabilità delle norme del codice di procedura penale quanto al dibattimento innanzi alla sezione disciplinare. Ed infine l’art. 24 richiama le forme e i termini previsti dal codice di procedura penale per la proposizione del ricorso per cassazione.

Sono quindi specifici gli ambiti in cui può farsi applicazione della normativa dettata dal codice di procedura penale; sicchè da una parte non c’è una generale applicabilità di tale normativa, come invece ritiene l’ordinanza impugnata; d’altra parte il disposto dell’art. 299 c.p.p., comma 4, che prevede l’ipotesi della modifica della misura cautelare per l’aggravamento delle esigenze cautelari, costituisce una disposizione particolare e peculiare del procedimento penale.

4. Ciò però non comporta l’illegittimità della ordinanza della Sezione Disciplinare.

Deve infatti considerarsi che il D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 22 prevede la sospensione cautelare facoltativa in un duplice caso:

quando il magistrato ha commesso un reato – o gli viene contestato un reato – per un delitto non colposo punibile con pena detentiva oppure quando sul piano disciplinare gli viene addebitato un illecito connotato dalla gravità dell’infrazione. Ricorrendo una di queste due ipotesi è possibile l’adozione della misura cautelare della sospensione dalle funzioni e dalla retribuzione.

La stessa disposizione però – l’art. 22 prescrive anche che nei casi di minore gravità è possibile l’adozione del trasferimento cautelare. Quindi è lo stesso art. 22 – nel far riferimento ai “casi di minore gravità” a prevedere una graduazione delle possibili misure cautelari.

Ciò comporta anche un ulteriore considerazione: il potere cautelare non si esaurisce con l’adozione della misura cautelare. E’ ben possibile che dopo tale adozione sopravvengano fatti che si qualifichino come aggravamento dell’originario illecito disciplinare contestato al magistrato incolpato tale da comportare l’inadeguatezza della prima misura cautelare adottata.

Si ha quindi che il potere cautelare, espressione più specifica del potere disciplinare, non viene meno con l’adozione della misura del trasferimento cautelare laddove inizialmente la sezione disciplinare ritenga ravvisabile un illecito non connotato da tale gravità da richiedere la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio.

Ma il potere cautelare, proprio per essere connesso all’esercizio del potere disciplinare, già estrinsecatosi nella adozione della misura cautelare del trasferimento provvisorio, non si esaurisce per effetto della adozione di tale precedente misura cautelare. E’ ben possibile che la situazione di fatto muti nel tempo e si presenti con caratteristiche diverse e più gravi in termini di addebito disciplinare – rispetto al momento originario.

Depongono per la perdurante sussistenza del potere cautelare sia la graduazione prevista dalla art. 22 che in ragione della gravità del fatto distingue – come già rilevato -tra trasferimento cautelare e sospensione cautelare; sia anche la flessibilità della misura che può desumersi dalla previsione contenuta nell’art. 22, comma 3 secondo cui è possibile la revoca anche d’ufficio della sospensione cautelare ove, in prosieguo di tempo, ne vengano meno i presupposti.

Tutto ciò mostra che c’è una perdurante possibilità di adeguamento della misura cautelare alle effettive esigenze cautelari sia in melius con la revoca della misura sia in ipotesi in peius con l’aggravamento della misura stessa tra le due previste dall’art. 22.

In sostanza l’esercizio del potere cautelare non si completa, in termini di piena realizzazione della sua funzione, già nel momento in cui, adottata la prima misura cautelare del trasferimento provvisorio, viene inizialmente ritenuta sussistente l’ipotesi meno grave di quelle previste dall’art. 22 citato. E’ possibile che successivi sviluppi dell’attività di indagine nel procedimento disciplinare mostrino una fattispecie più grave di quella originariamente apprezzata e che pertanto si renda necessaria – una misura cautelare più incisiva del trasferimento provvisorio, qual è appunto la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio.

In tale evenienza ben può la sezione disciplinare adottare la misura cautelare più grave – ossia la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio – che va a sovrapporsi e quindi a schermare la precedente misura cautelare del trasferimento provvisorio, senza perciò comportare la revoca di quest’ultimo.

Ed è ciò che ha fatto la Sezione Disciplinare che ha appunto verificato che il fatto addebitato al magistrato si presentava in termini di maggiore gravità rispetto all’originaria incolpazione e che pertanto occorreva adottare la più incisiva misura cautelare della sospensione facoltativa prevista per i casi che non possono qualificarsi come di minore gravità.

5. Inammissibile è poi la censura del ricorrente nella parte in cui deduce il vizio di motivazione dell’impugnata ordinanza in riferimento al ritenuto presupposto dell’aggravamento delle esigenze cautelari.

Rientra infatti nella valutazione di merito della Sezione Disciplinare la individuazione del presupposto di fatto di tale aggravamento; ciò che nella specie ha fatto con motivazione sufficiente e non contraddittoria – l’impugnata ordinanza.

Ha ritenuto infatti la sezione disciplinare che dalle risultanze del procedimento penale in corso era emerso l’ulteriore fatto consistente nel ripetuto (illecito) uso delle armi collezionate da parte del magistrato incolpato; fatto questo che sarebbe stato “in definitiva ammesso in udienza dallo stesso incolpato, sia pure con qualche ambiguità”.

6. Fondata è invece la censura del ricorrente nella parte in cui il dedotto vizio di motivazione afferisce all’idoneità dell’aggravata misura cautelare della sospensione del magistrato dalle funzioni e dallo stipendio rispetto all’originaria misura cautelare del trasferimento provvisorio.

Infatti la ritenuta possibilità di aggravamento della misura cautelare – desumibile dal citato D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 22, nella parte in cui rapporta le due misure cautelari, rispettivamente della sospensione dalle funzioni e dallo stipendio e del trasferimento provvisorio, alla maggiore gravità dell’addebito disciplinare – implica non solo la verifica del presupposto di fatto dell’aggravamento delle esigenze cautelari, ma anche la sopravvenuta insufficienza della misura cautelare inizialmente adottata.

Questa valutazione comparata non è stata adeguatamente operata dalla Sezione Disciplinare.

L’impugnata ordinanza pone l’accento sul fatto che il magistrato incolpato “continua a esercitare le funzioni giurisdizionali nella medesima sede nella quale si sono verificati i fatti oggetto di un procedimento penale la cui sola pendenza ne pregiudica di per sè l’immagine sociale”. Appare pertanto che non si sia tenuto sufficientemente conto del fatto che la precedente misura cautelare – il trasferimento provvisorio – già precludeva al magistrato incolpato di “esercitare le funzioni giurisdizionali nella medesima sede” (ossia in (OMISSIS)).

Vero è che al momento in cui la Sezione Disciplinare ha adottato la misura cautelare aggravata della sospensione facoltativa dalle funzioni e dallo stipendio la precedente misura cautelare del trasferimento provvisorio era stata oggetto inizialmente di un provvedimento di sospensione del tribunale regionale amministrativo del Lazio e successivamente della sentenza di annullamento del medesimo tribunale. Però – come è pacifico tra le parti e come del resto risulta nei procedimenti giudiziari promossi, in questa stessa vicenda, rispettivamente dall’Avvocatura di Stato per il Ministero della giustizia ed il C.S.M (v. Cass., sez. un., 26 settembre 2011, n. 19568) e dal dott. D.B. (v. Cass., sez. un., 26 settembre 2011, n. 19566) – il trasferimento provvisorio era stato impugnato – e risultava annullato dal T.a.r. per il Lazio al momento della pronuncia dell’ordinanza attualmente impugnata – limitatamente alla designazione dell’ufficio di destinazione ((OMISSIS)) e non già anche quanto alla rimozione del magistrato dall’ufficio di provenienza ((OMISSIS)).

Quindi l’effetto di precludere al magistrato di “esercitare le funzioni giurisdizionali nella medesima sede” (ossia in (OMISSIS)) era già raggiunto con l’originario provvedimento cautelare di trasferimento provvisorio, che – come già rilevato – non era stato impugnato quanto all’allontanamento del magistrato da quella sede, controvertendosi soltanto in ordine alla legittimità, o meno, dell’individuazione dell’ufficio di destinazione nel provvedimento giurisdizionale adottato dalla stessa Sezione Disciplinare; ufficio che in ipotesi avrebbe potuto anche essere individuato dal C.S.M. in provvisoria ottemperanza alla pronuncia del giudice amministrativo.

Essendo mancata questa comparazione tra l’originaria misura cautelare del trasferimento provvisorio, solo parzialmente annullata dalla menzionata sentenza del T.a.r. per il Lazio, e l’aggravata misura cautelare della sospensione facoltativa dalle funzioni e dallo stipendio, l’impugnata ordinanza della Sezione Disciplinare mostra una insufficienza motivazionale deducibile – e nella specie dedotta dal ricorrente – come vizio di motivazione che inficia l’ordinanza stessa.

7. Limitatamente a questa parte ed a questa ragione, il ricorso va accolto con conseguente cassazione dell’ordinanza impugnata e rinvio alla Sezione Disciplinare del C.S.M. in diversa composizione per nuovo esame, che non potrà non tener conto anche dei successivi sviluppi costituiti dall’esito dell’istanza per regolamento preventivo di giurisdizione proposta dall’Avvocatura di Stato (e definita con la citata sentenza n. 19568 del 2011 di queste Sezioni Unite) e del ricorso per cassazione proposto dal dott. D. B. (e definito con la citata sentenza n. 19566 del 2011 di queste Sezioni Unite).

Sussistono giustificati motivi (in considerazione anche della novità della questione) per compensare tra le patti le spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il ricorso; cassa l’ordinanza impugnata rinvia alla sezione disciplinare del CSM in diversa composizione; compensa tra le parti le spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2011

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