Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22570 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. II, 16/10/2020, (ud. 26/06/2020, dep. 16/10/2020), n.22570

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27443/2016 proposto da:

C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SALARIA,

290, presso lo studio dell’avvocato ERICA BERNARDINI, rappresentato

e difeso dall’avvocato GIOVANNI GULINO;

– ricorrente –

BANCA CREDITO COOPERATIVO ANTONELLO DA MESSINA, elettivamente

domiciliata in Roma via Flaminia n. 259, presso lo studio

dell’avv.to Saverio Fatone, rappresentata e difesa dall’avv.to

Giorgio Bonfiglio;

– controricorrente –

contro

C.M., M.P., G.V.,

S.D., S.G., SO.GI., S.C.;

– intimati –

Avverso la sentenza n. 224/2016 Corte Appello Messina, depositata il

27/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/06/2020 dal Consigliere Dott. LUCA MARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. C.D. citava in giudizio C.M., M.P., G.V., S.D., S.G., So.Gi. e S.C., al fine di accertare l’intervenuta usucapione di un fabbricato con circostante appezzamento sito nel Comune di (OMISSIS), in catasto rispettivamente al foglio di mappa (OMISSIS) particelle (OMISSIS). L’attore assumeva di possedere l’immobile da oltre vent’anni in via esclusiva, a far data dalla sua realizzazione.

Nei giudizio di primo grado, nella contumacia dei convenuti, interveniva l’istituto di credito in qualità di creditore ipotecario dei beni oggetto di domanda, chiedendone il rigetto stante la sua finalizzazione ad eludere la garanzia istituita mediante ipoteca.

2. Il Tribunale di Messina rigettava la domanda attorea.

3. C.D. proponeva appello avverso la suddetta sentenza.

4. La Corte d’Appello rigettava il gravame.

In primo luogo, la Corte d’Appello rigettava il motivo di appello relativo alla omessa pronuncia sulla domanda di usucapione oltre che dei beni di proprietà dei genitori dell’attore anche sugli altri terreni oggetto di domanda. Secondo la Corte territoriale, sebbene il Tribunale non avesse fatto una espressa elencazione delle particelle catastali, dalla esposizione della parte motiva della sentenza risultava evidente il riferimento espresso all’intero complesso dei beni immobili oggetto della domanda di usucapione. Peraltro, non poteva ravvisarsi il vizio di omessa pronuncia, anche in mancanza di una espressa statuizione del giudice, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto per l’incompatibilità della domanda residua con l’impostazione logico giuridica della pronuncia.

4.1 Quanto alla valutazione delle prove orali, la Corte d’Appello evidenziava che era corretto il loro apprezzamento effettuato dal Tribunale attraverso argomentazioni complete e frutto di un’indagine accurata e puntuale delle risultanze istruttorie. In particolare, alla Corte d’Appello appariva poco credibile la circostanza prospettata dal ricorrente secondo cui egli, minorenne e convivente con i genitori, aveva posseduto in maniera esclusiva i predetti beni e, addirittura, aveva costruito personalmente il fabbricato oggetto di causa, senza peraltro neanche fornire la prova delle modalità di pagamento dei lavori o della titolarità delle utenze di gas, luce e telefono con le relative ricevute di pagamento.

Inoltre, l’attore, seppur detentore per molto tempo di tali immobili, non poteva provarne il possesso, in quanto in caso di rapporti caratterizzati da vincoli particolari quali quelli di parentela la presunzione di tolleranza viene meno.

In conclusione, il C., essendo un mero fruitore dei beni di famiglia, non ne aveva mai avuto il possesso in maniera esclusiva, anzi era stato aiutato economicamente da genitori e, dunque, non si era mai verificata l’interversione del titolo del possesso idonea a trasformare l’appellante da mero detentore in possessore.

5. C.D. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi di ricorso.

6. La Banca di credito cooperativo Antonello da Messina società cooperativa si è costituita ha resistito con controricorso e in prossimità dell’udienza ha depositato memoria, insistendo nella richiesta di inammissibilità o rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: errata valutazione delle prove e motivazione errata per omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto della discussione tra le parti. Violazione dell’art. 360 c.p.c., con riferimento al n. 3, per violazione degli artt. 1140 e 1144 c.c.; violazione dell’art. 360 c.p.c., con riferimento al n. 5, per violazione degli artt. 112 e 116 c.p.c..

In sostanza il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto infondato il motivo di appello con il quale si lamentava che il giudice di primo grado aveva omesso totalmente di considerare per intero la domanda di usucapione, essendosi, invece, limitato a negarla con riferimento ai beni di proprietà dei genitori dell’attore.

La domanda riguardava altri terreni: il fondo distinto al nuovo catasto terreni del Comune di Messina foglio (OMISSIS) particella (OMISSIS) di G.V., il foglio distinto al nuovo catasto terreni del Comune di Messina foglio (OMISSIS) particella (OMISSIS) ditta S.A., il fabbricato ricadente in parte sul fondo distinto al nuovo catasto terreni del Comune di Messina foglio (OMISSIS) particella (OMISSIS) e in parte sul fondo distinto nuovo catasto terreni foglio (OMISSIS) particella (OMISSIS).

La Corte d’Appello aveva ritenuto infondata la doglianza dal momento che il Tribunale, seppure non avesse fatto una espressa elencazione delle particelle catastali, nella parte motiva della sentenza aveva voluto certamente riferirsi all’intero complesso dei beni immobili che parte ricorrente intendeva usucapire.

Tale decisione, a parere del ricorrente, sarebbe erronea in quanto la motivazione con la quale la Corte ha ritenuto mancanti i presupposti utili per l’usucapione dei terreni in capo all’attore C. si fonda sul suo rapporto di parentela diretta, di primo grado, con i proprietari, essendo gli stessi suoi genitori. Queste stesse motivazioni, pertanto, non potevano fondare il rigetto della domanda relativa ai terreni di proprietà di terzi estranei. Ti ricorrente ripropone la medesima censura sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e di violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’omessa considerazione delle prove relative ai suddetti terreni.

1.2 Il motivo è inammissibile.

La sentenza della Corte d’Appello afferma che il Tribunale, seppure non espressamente, aveva comunque fatto riferimento al complesso dei beni oggetto della domanda di usucapione e, ad abundantiam, aggiunge che, in ogni caso, la domanda, anche implicitamente, risultava rigettata anche con riferimento ai restanti immobili.

Ne consegue che non vi è stata alcuna omessa pronuncia sulla parte della domanda relativa alle particelle catastali indicate dal ricorrente.

Quanto alla motivazione sulla mancanza dei presupposti utili per usucapire in capo a C.D., questa può essere sindacata in questa sede solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Il ricorrente ritiene che la Corte d’Appello abbia omesso di considerare che alcune particelle erano di proprietà di terzi estranei ad ogni rapporto di parentela con l’attore.

La censura sul punto è inammissibile perchè non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata con la quale si è ritenuta non raggiunta la prova dell’interversione della detenzione in possesso con riguardo, pacificamente, a tutti i beni oggetto della domanda di usucapione, mentre la censura riguarda unicamente la parte della motivazione che fa riferimento alla c.d. tolleranza che deve intendersi limitata ai beni di proprietà dei genitori del ricorrente.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: errata valutazione delle prove e motivazione errata per omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. Violazione dell’art. 360 c.p.c., con riferimento al n. 3, per violazione degli artt. 1140 e 1144 c.c., violazione art. 360 c.p.c.,. con riferimento al n. 5, per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c..

Il ricorrente lamenta l’erronea valutazione del materiale probatorio compiuto da entrambi i giudici di merito. La Corte d’Appello avrebbe malamente inteso le dichiarazioni rese da M.M. e C.M., trascurando peraltro di considerare le dichiarazioni rese anche dagli altri testimoni, i quali tutti avevano attribuito la costruzione dell’immobile all’odierno ricorrente.

2.1 Il secondo motivo è inammissibile.

Il ricorrente non indica alcun omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, pertanto, deve darsi continuità al seguente principio di diritto: “In tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012 (Sez. 3, Sent. n. 23940 del 2017).

Ne consegue che la sentenza impugnata è immune dalle censure di violazione degli artt. 1140 e 1144 c.c., lamentate dal ricorrente a causa dell’erronea valutazione delle risultanze testimoniali.

3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.000 più Euro 200 per esborsi.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000, più Euro 200 per esborsi.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 26 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

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