Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2257 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 30/01/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 30/01/2020), n.2257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30363-2018 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 97591110586, in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 242/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 10/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

Fatto

RILEVATO

CHE:

con sentenza depositata il 10.4.2018, la Corte d’appello di Catanzaro ha dichiarato improcedibile l’appello proposto dal Ministero della Giustizia avverso la pronuncia di primo grado con cui era stata accolta la domanda di C.G. di risarcimento del danno per inadempimento derivante dalla mancata attivazione della procedura di riqualificazione del personale;

avverso tale pronuncia il Ministero in epigrafe ha proposto ricorso per cassazione, deducendo un motivo di censura;

C.G. non ha svolto attività difensiva;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo di censura, il ricorrente denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 435 c.p.c. nonchè degli artt. 152,153,154 e 160 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che la notifica dell’appello senza il rispetto del termine minimo di a comparire di venticinque giorni, di cui all’art. 435 c.p.c. cit., comma 3, comportasse l’improcedibilità dell’appello, con conseguente impossibilità di concedere all’appellante un ulteriore termine per la rinnovazione della notifica;

il motivo è fondato, essendosi chiarito che la violazione del termine non minore di venticinque giorni che, a norma dell’art. 435 c.p.c., comma 3, deve intercorrere tra la data di notifica dell’atto di appello e quella dell’udienza di discussione, non comporta l’improcedibilità dell’impugnazione, come nel caso di omessa o inesistente notificazione, bensì la nullità di quest’ultima, sanabile ex tunc per effetto di spontanea costituzione dell’appellato o di rinnovazione disposta dal giudice ex art. 291 c.p.c. (Cass. n. 9404 del 2018; Cass., sez VI; n. 4562 del 2018 e n. 689 del 2019);

contrari elementi non possono desumersi dagli arresti richiamati nella sentenza gravata (id est: Cass. n. 17076 del 2013, n. 14874 del 2011, n. 26389 del 2010, n. 21358 del 2010) che hanno ribadito il principio secondo il quale il termine di dieci giorni assegnato all’appellante per la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di discussione (art. 435 c.p.c., comma 2) non è perentorio e, pertanto, la sua inosservanza non comporta decadenza, sempre che resti garantito all’appellato lo spatium deliberandi non inferiore a venticinque giorni prima dell’udienza di discussione della causa (art. 435 c.p.c., comma 3), senza, tuttavia, confrontarsi con le conseguenze del mancato rispetto di tale termine a difesa, ipotesi che nei casi esaminati non si era verificata;

una diversa soluzione non risulta del resto imposta dall’applicazione del principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., non potendosi in via interpretativa introdurre una così grave sanzione processuale a fronte di un vizio per altro verso ritenuto sanabile: il caso in esame infatti è diverso da quello esaminato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 20604 del 2008, che ha escluso, in ossequio al principio di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., che nel rito del lavoro (e nel procedimento per opposizione a decreto ingiuntivo per crediti di lavoro) il giudice possa concedere un nuovo termine per la notifica del ricorso in appello pur tempestivamente depositato, ma in relazione all’evenienza in cui la notifica non sia avvenuta o sia inesistente (e non solamente nulla);

parimenti, non induce a contrario avviso l’ordinanza della Corte Costituzionale n. 253 del 2012 – che ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 435 c.p.c., comma 2, osservando che essa era stata sollevata dalla Corte d’appello di Roma, in riferimento all’art. 111 Cost., comma 2, sull’errata premessa del carattere perentorio del termine ivi previsto per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, nel caso in cui resti comunque garantito un termine a comparire del convenuto sufficiente ad apprestare le proprie difese in quanto tale arresto non ha imposto come lettura costituzionalmente obbligata quella secondo la quale il mancato rispetto di tale termine determini comunque l’improcedibilità dell’atto;

la Corte di merito non si è attenuta al superiore principio di diritto; la sentenza impugnata va, dunque, cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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