Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22567 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 27/09/2017, (ud. 19/09/2017, dep.27/09/2017),  n. 22567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M. T. – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30361-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CASAMARKET DI M.E. E D.F. & C. SNC;

– intimato –

avverso la sentenza n. 51/2009 della COMM.TRIB.REG. di FIRENZE,

depositata il 26/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/09/2017 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO FEDERICO che ha

chiesto l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. La società Casamarket snc proponeva ricorso avverso il silenzio rifiuto serbato dall’agenzia delle entrate avverso l’istanza di rimborso della somma di Lire 42.431.000 formulata con la dichiarazione dei redditi presentata nel 1998 per l’anno 1997.

L’ufficio riconosceva il diritto al rimborso limitatamente alla somma di Lire 19.528.000 e si opponeva alla richiesta relativa alla restante somma in quanto si trattava di credito derivante da imposta assolta sui prodotti audiovisivi detenuti per uso commerciale che poteva essere compensato con imposte dovute per gli anni successivi ma non rimborsato. La commissione tributaria provinciale di Pisa accoglieva il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale della Toscana sul rilievo che neppure in grado di appello l’agenzia delle entrate aveva prodotto il documento attestante l’asserita acquiescenza prestata dalla contribuente in ordine al diniego di rimborso e sul rilievo che la contribuente aveva provato di aver presentato la richiesta di rimborso.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate affidato ad un motivo illustrato con memoria.

La contribuente non si è costituita in giudizio. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.,.

3. Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.L. n. 331 del 1993, art. 35, comma 4, convertito dalla L. n. 427 del 1993 ed al D.M. Finanze 2 febbraio 1994. Sostiene che la CTR è incorsa in violazione di legge nel ritenere sussistente il diritto al rimborso.

Ciò in quanto, in base alle norme citate, il credito di imposta derivante dalla detenzione di prodotti audiovisivi ad uso commerciale spettava solo se il contribuente avesse presentato istanza all’ufficio tecnico di finanza entro il 1 febbraio 1993 – circostanza questa che la contribuente non aveva provato – e se il credito stesso fosse stato indicato nella dichiarazione dei redditi. Inoltre era previsto non già il rimborso del credito ma solo la possibilità di compensazione con imposte dovute per gli anni successivi.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Osserva la corte che la CTR ha ritenuto spettante il credito di imposta sul presupposto, erroneamente reputato bastevole, che l’istanza era stata formulata con la dichiarazione dei redditi.

Invero la norma di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 35, comma 4, convertito dalla L. n. 427 del 1993 prevede: “E’ ammessa la concessione di un credito di imposta da valere ai fini del pagamento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche, dell’imposta locale sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto con le modalità da stabilire con D.M. Finanze, nella misura dell’imposta assolta sui prodotti audiovisivi e cinefotoottici detenuti per uso commerciale alla data del 1 gennaio 1993 presso magazzini o esercizi di vendita, quale risulta dalla bolletta d’importazione per i prodotti importati direttamente dall’esercente oppure nelle seguenti misure percentuali del prezzo di acquisto corrisposto dai rivenditori: 4,94 per cento per i prodotti della categoria 12A; 7,82 per cento per i prodotti della categoria 8F; 9,42 per cento per i prodotti di altre categorie.

Per ciascuna categoria, marca e tipo si considerano giacenti i prodotti pervenuti per ultimo. Possono usufruire del credito d’imposta i soggetti che abbiano presentato entro il 1 febbraio 1993 all’ufficio tecnico di finanza, competente per territorio, apposita istanza anche se prodotta con riserva di integrazione della relativa documentazione e del valore complessivo degli acquisti di prodotti soggetti ad imposta effettuati nell’anno 1992. Non viene presa in considerazione ai fini della concessione del credito d’imposta la quota parte di giacenza eccedente il 20 per cento di tale valore. In caso di dichiarazioni infedeli, volte ad ottenere un credito d’imposta per importi superiori a quelli dovuti, si applicano le sanzioni previste per la sottrazione dei prodotti all’accertamento e al pagamento dell’imposta.” Dal chiaro tenore letterale della norma si evince che la contribuente aveva titolo per compensare il credito di cui si tratta, derivante dalla detenzione di prodotti audiovisivi per uso commerciale, ai fini del pagamento delle imposte sul reddito ed Ilor ma non per ottenerne il rimborso. Inoltre va rimarcato come il riconoscimento del credito di imposta fosse subordinato alla presentazione di apposita istanza da presentare entro il 1 febbraio 1993, laddove dalla sentenza impugnata si evince che la contribuente ha formulato l’istanza di rimborso con la dichiarazione dei redditi presentata nel 1998 per l’anno 1997.

2. Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, ed il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese processuali dei giudizi di merito si compensano tra le parti per la particolarità della questione trattata e quelle di questo giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali di questo giudizio, spese che liquida in complessivi Euro 2.500,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella udienza camerale, il 19 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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