Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22567 del 10/09/2019
Cassazione civile sez. VI, 10/09/2019, (ud. 07/06/2019, dep. 10/09/2019), n.22567
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Presidente –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5260-2018 proposto da:
C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato AMERIGA MARIA PETRUCCI;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 426/2017 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,
depositata il 12/08/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 07/06/2019 dal Presidente Relatore Dott. FRANCESCO
ANTONIO GENOVESE.
Fatto
FATTI DI CAUSA e RAGIONI DELLA DECISIONE
La Corte d’appello di Potenza ha confermato la decisione adottata dal Tribunale di quella stessa città che aveva ha respinto il ricorso proposto dal sig. C.M., cittadino del Mali, avverso il provvedimento negativo del Ministero dell’Interno – Commissione territoriale di Crotone, che non aveva accolto nè le richieste di protezione internazionale e nè l’affermazione del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, invocati sulla base di una vicenda personale secondo la quale egli ed i suoi familiari, avendo subito l’appropriazione di parte dei propri terreni da parte del capo villaggio, lo avevano accusato di tale appropriazione, ma il potente uomo, che aveva anche picchiato a morte il proprio padre nel corso di una lite, dopo appena dieci giorni di carcerazione era stato liberato e aveva messo contro di lui l’intero villaggio, con la conseguente sua necessità di abbandonare i luoghi di origine.
Secondo il giudice del gravame, la asserita persecuzione era in realtà un episodio legato all’invidia per un differenziale di ricchezza, in un quadro territoriale stimato (alla luce di precisi reports internazionali) come difettoso delle situazioni di pericolo di danno grave.
Avverso tale provvedimento ricorre il sig. C.M. con tre mezzi con i quali lamenta vizi motivazionali e plurime violazioni di legge.
Il Ministero non ha svolto difese.
Il Collegio NON condivide la proposta di definizione della controversia notificata alla parte costituita nel presente procedimento, alla quale non sono state mosse osservazioni critiche.
L’intero ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
E cioè non solo i primi due motivi, da esaminare congiuntamente, e con i quali, sia sotto le censure di difetto di motivazione (che è invece presente) che sotto le apparenze di violazioni di legge, tendono ad una inammissibile richiesta di riesame delle risultanze e alla rivalutazione degli elementi emersi nel corso della fase di merito (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 2014).
Ma anche il terzo mezzo, in quanto la doglianza di omessa pronuncia sulla richiesta di riesame della proposta domanda subordinata di protezione umanitaria, riportata alle pagg. 12 e 13 dell’atto di appello e sulla quale non sarebbe intervenuta, neppure implicitamente, la pronuncia (reiettiva), ha invece ricevuto una, per quanto sintetica, motivata ragione di diniego (in relazione al rapporto tra la vicenda personale e alla condizione del Mali, sulle quali il richiedente non avrebbe svolto alcuna specifica connessione o collegamento).
Alla inammissibilità del ricorso non segue nè una disciplina delle spese processuali (non avendo il Ministero svolto attività difensiva) nè la sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, avendo il ricorrente conseguito l’ammissione al PASS.
P.Q.M.
La Corte:
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-1^ sezione civile, il 7 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2019