Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22567 del 07/11/2016


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Cassazione civile sez. II, 07/11/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 07/11/2016), n.22567

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1659-2012 proposto da:

L.F., (OMISSIS), P.S. (OMISSIS), M.N.

(OMISSIS) elettivamente domiciliati in Roma, Via Albenga 45, presso

lo studio dell’avvocato RITA BRANDI, rappresentati e difesi

dall’avvocato ANTONIO SCIACCA, come da procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

PI.GI., C.L., elettivamente domiciliati in

Roma, Via G. Avezzana 1, presso lo studio dell’avvocato ORNELLA

MANFREDINI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIOVANNI DI SIRIO, come da procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

avverso il provvedimento n. 569/2011 della CORTI D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 06/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2016 dal Consigliere Ippolisto Parziale;

udito l’Avvocato Sciacca, che si riporta agli atti e alle conclusioni

assunte;

udito il sostituto procuratore generale, D.R.L., che

conclude per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Così la sentenza impugnata riassume la vicenda processuale.

” P.G. e C.L. convenivano in giudizio L.F., P.S. e M.N., i primi due quali comproprietari di immobile confinante con quello attoreo, e la terza quale usufruttuaria per 4/6 dell’immobile dei primi due, chiedendo che venisse accertato che la costruzione in sopraelevazione effettuata nel 1995 da L.F. consorte è posta a distanza di mt. 7 dall’immobile di proprietà di essi attori, ed ordinarsi ai convenuti di demolire la parte sopraelevata, con rimessione in pristino stato; chiedevano altresì la condanna dei coniugi L. – P. al risarcimento dei danni subiti dall’edificio di essi attori dal giorno della costruzione al giorno della rimessione in pristino. Di costituivano i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda attorea; deducevano che il proprio fabbricato si presentava ab origine più alto di circa un metro dispetto a quello dei confinanti attori e che la sopraelevazione di cui trattasi era stata concessa in quanto i locali che si andavano a realizzare non fronteggiavano il fabbricato adiacente di proprietà degli attori. All’esito dell’istruttoria il Tribunale, con la sentenza qui impugnata, dichiarava l’illegittimità della sopraelevazione effettuata dai coniugi L.- P.; condannava i predetti ad arretrarla di m. 3,02; respingeva la domanda di risarcimento danni; condannava i convenuti al pagamento delle spese di causa e di c.t.u.. Avverso questa pronuncia proponevano impugnazione L.F., P.S. e M.N.”.

2. La Corte di appello di Genova respingeva gli appelli delle parti.

2.1 – La Corte locale respingeva l’appello principale L. – P. – M., osservando che:

a) “la normativa urbanistica applicabile nella specie è costituita: dal P.R.G. del Comune di La Spezia, approvato con D.P.G.R. n. 365 del 1987; dalle disposizioni richiamate dalla L.R. 10 novembre 1992, N. 30; dall’art. 9, comma 2 delle N.T. di A. P.R.G.; dal PUC del Comune della Spezia, approvato in data 19 novembre 2002 con Delib. n. 19; dalle norme di conformità e congruenza assunte con Delib. C.C. 21 settembre 2006, n. 21”;

b) “dal complesso di tale normativa risulta che nelle distanze tra costruzioni prescritta la distanza minima assoluta di mt. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti”;

c) “la soprelevazione comporta sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro, e va quindi considerata, ai sensi della disciplina sulle distanze, come nuova costruzione (cfr. Cass., 21059/2009; 1479/2000)”;

d) “la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, prevista dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, art. 9 va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano, e a tutte le pareti finestrate, e non solo a quella principale (cfr. Cons. Stato, 2.11.2010, n. 7731)”;

e) “la disposizione dell’art. 4 del detto PUC, che dispone che le distanze minime tra i fabbricati siano calcolate sul prolungamento dei lati del corpo di fabbrica, deve essere intesa, nel presente caso di soprelevazione, con riferimento alla situazione dell’originario fronte del fabbricato frontistante”;

f) “il principio di prevenzione non può comportare il pregiudizio del diritto del confinante di utilizzare in pari misura l’edificabilità del proprio fondo, allorquando sia disposta in assoluto una distanza tra edifici (cfr. Cass., 9041/1992)”.

g) “il fabbricato degli appellanti (mapp. (OMISSIS)) avrebbe dovuto rispettare la detta distanza di mt. 10,00 dalla parete finestrata antistante (mapp. (OMISSIS)): essendo invece stato accertato dall’espletata c.t.u. che dista dalla predetta soltanto mt. 6,98, risulta corretto il disposto arretramento di mt. 3,02 fino alla distanza prescritta dalla legge”.

La Corte locale osservava ancora che “in presenza di detta normativa inderogabile, non assume alcuna rilevanza l’invocata impossibilità di provvedere alla demolizione delle parti in contestazione senza recare pregiudizio a quelle ritenute conformi”.

3. – Impugnano tale decisione L.- P.- M. che formulano un unico motivo di ricorso. Resistono con controricorso le parti intimate. I,c parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce: “Violazione dell’art. 873 c.p.c.; del D.M. n. 1444 del 1968, art. 9; dell’art. 7 NTA del PRG del Comune della Spezia approvato con decreto P.R.G. 365187; dell’art. 4 del puc del Comune della Spezia approvato con Delib. CC 19 novembre 2002, n. 19 e successiva variante adottata con Delib. CC 5 dicembre 2005, n. 29 approvata con Delib. CC 21 settembre 2006, n. 21; il tutto in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

2. Per chiarire la peculiarità della vicenda sottoposta all’esame di questa Corte, è opportuno osservare che le odierne parti sono proprietarie di due costruzioni confinanti, realizzate in più piani, in adiacenza per il piano terra e distanti tra di loro nei piani successivi di circa 7 mt, costruzioni realizzate in conformità ai previgenti strumenti urbanistici. Nel 1995 viene realizzata la sopraelevazione di un piano (per circa 4 m) sul più alto di due edifici, quello degli odierni ricorrenti. La sopraelevazione non incontra nella sua proiezione in orizzontale alcun ostacolo rispetto all’edificio frontista, stante la minore altezza di quest’ultimo fabbricato.

Successivamente, procedono ad una sopraelevazione anche i frontisti (odierni resistenti) che si tengono però a distanza di 10 m dalla parete del fabbricato degli odierni ricorrenti. La loro costruzione, all’esito della sopraelevazione dell’edificio, risulta complessivamente ad altezza inferiore rispetto a quello dei ricorrenti.

Iniziano il giudizio gli odierni resistenti i quali lamentano) la violazione delle distanze quanto alla sopraelevazione effettuata dai ricorrenti con richiesta di rispetto della distanza di 10 metri e di arretramento della parte di sopraelevazione realizzata a distanza inferiore a quella legale e risarcimento del danno.

Viene svolta c.t.u. nonchè relativo supplemento e il tribunale di La Spezia accoglie la domanda degli odierni resistenti, ordinando l’arretramento, ma negando il risarcimento del danno.

L’appello proposto dagli odierni ricorrenti è rigettato perchè la Corte di Genova, applicando le norme urbanistiche vigenti sulle quali non vi è contrasto) tra le parti, ritiene che la sopraelevazione, costituendo nuova costruzione, deve necessariamente rispettare la distanza di 10 m calcolata con riguardo alla linea ideale di prolungamento in verticale della parete dell’edificio frontistante.

Secondo gli odierni ricorrenti, che articolano un complesso motivo, l’interpretazione della normativa operata dalla Corte d’appello è errata perchè il calcolo delle distanze va fatto con riguardo alla costruzione effettivamente esistente e non già con riguardo alla linea ideale di prolungamento della precedente preesistente parete dell’edificio frontistante, posto che le norme sulle distanze hanno come finalità quella di evitare la formazione di intercapedini dannose, che nel caso in questione non si realizzavano, posto che la sopraelevazione è stata realizzata quando, rispetto alla sua proiezione orizzontale, non esisteva alcun edificio frontistante. Invocano anche l’applicazione della normativa del PUC nel frattempo adottato e più favorevole.

3. Il ricorso è infondato e va respinto.

La pure articolata argomentazione dei ricorrenti non consente di giungere a diversa conclusione rispetto a quella cui da tempo pervenuta questa Corte circa le modalità di calcolo delle distanze tra edifici e tra pareti finestrate di edifici. Va, infatti, condiviso il principiO più volte affermato al riguardo, anche in materia di sopraelevazioni, dovendosi concludere che la misurazione va fatta in orizzontale con riguardo ad ogni punto della nuova costruzione rispetto alla linea ideale costituita dal prolungamento verso l’alto della frontistante preesistente parete, dovendosi interpretare in tal senso i limiti applicabili, dettati in ragione di interessi pubblici inderogabili, anche dal D.M. n. 1444 del 1968.

diversa conclusione non conduce neanche la disciplina sopravvenuta invocata dai ricorrenti e relativa alla nuova formulazione dell’art. 4 del PUC, approvato con deliberazione regionale del 2006 sulla cui interpretazione letterale si soffermano ampiamente i ricorrenti nella memoria. Infatti, anche a prescindere dalla ammissibilità della relativa questione, che non risulta tempestivamente sollevata in appello a fronte della data approvazione del PUC (2006), i ricorrenti prospettano una lettura non condivisibile del nuovo art. 4, che riportano come segue: “ART. 4 – DISTANZE – Distanze tra fabbricati. In tutti gli ambiti previsti dal PUC ogni intervento deve rispettare una distanza minima di mt 10,00 tra pareti finestrate antistanti anche nel caso di una sola parete finestrata. Le distane ha i fabbricati sono calcolate sulla proiezione dei vari fronti del corpo di fabbrica e, tranne i casi di costruzione in aderenza, rispettando comunque una distanza minima di mt 3,00, misurata a raggio dai vertici dei fabbricati”.

Secondo i ricorrenti, posto che la norma fa riferimento, circa il calcolo, “alla proiezione dei vari fronti del corpo di fabbrica” e non al “prolungamento dei lati del corpo di fabbrica”, ciò determinerebbe “la possibilità, prima non espressamente menzionata, che l’edificio presenti vari fronti” come nel caso in questione. Secondo i ricorrenti “proiettare i fronti” non può che voler dire che le distanze fra fabbricati vanno calcolate “non in modo radiale bensì in senso lineare e perpendicolare”. Sempre secondo i ricorrenti, così effettuato il calcolo, la distanza di 10 mt tra le sopraelevazioni risulterebbe rispettata.

Occorre osservare, al riguardo, che, ove pure fosse condivisa tale interpretazione, che peraltro non convince, la nuova norma così come interpretata risulterebbe illegittima perchè in violazione delle disposizioni inderogabili dettate al riguardo dal D.M. del 1968 (norme di salvaguardia) con la conseguenza della sua automatica sostituzione con quella più restrittiva.

Nè, infine, assume rilievo, ai fini della valutazione del presente ricorso, la circostanza secondo la quale la costruzione realizzata in violazione delle distanze sarebbe stata assentita dal Comune, non potendo un provvedimento amministrativo incidere su diritti in questione.

4. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 3.000,00 (tremila) Euro per compensi e 200,00 (duecento) Euro per spese, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2016

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