Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22563 del 10/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 10/09/2019, (ud. 04/06/2019, dep. 10/09/2019), n.22563

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25417-2017 proposto da:

BANCO BPM SPA, nella qualità di mandataria di Banca Popolare di

Milano Spa, in persona del procuratore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DELLA STAZIONE DI SAN PIETRO 45, presso lo

studio dell’avvocato ALBERTO CAMPEGIANI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

Contro

B.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO,

17/A, presso lo studio dell’avvocato MICHELE CLEMENTE, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROBERTO VASSALLE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4461/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

NAZZICONE LOREDANA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

– che è stato proposto ricorso, sulla base di quattro motivi, avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 4461 del 5 luglio 2017 la quale, respingendo l’appello principale e quello incidentale, ha confermato la decisione di primo grado emessa dal Tribunale di Roma il 15 dicembre 2010, che aveva dichiarato la nullità di un contratto di negoziazione di strumenti finanziari, discendendone l’invalidità dell’ordine di acquisto avente ad oggetto bond argentini, e condannato la banca alla restituzione della somma di Euro 30.364,61;

– che si difende B.M. con controricorso;

– che la ricorrente ha depositato la memoria;

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

– che i motivi di ricorso possono essere così riassunti:

1) nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 Cost., commi 1, 2 e art. 6 Cost, nonchè dell’art. 352 c.p.c., comma 1, per il grande lasso di tempo intercorso tra udienza di precisazione delle conclusioni, la decisione della causa e la pubblicazione della sentenza;

2) vizio di motivazione, ai sensi del testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anteriore alle modifiche di cui al D.L. n. 83 del 2012, ovvero omesso esame di fatto decisivo ed oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla sopravvenuta carenza di interesse della odierna controricorrente per la sua comprovata adesione all’o.p.s. sui titoli obbligazionari, il cui ordine d’acquisto è stato dichiarato nullo, lanciata dallo Stato argentino emittente, come comprovato dalla banca e dedotto nelle memorie conclusive in appello;

3) violazione degli artt. 100,306 c.p.c. e art. 345 c.p.c., comma 3, poichè la corte non si è pronunciata circa l’eccepito difetto di interesse della controparte a seguito della sua adesione a tale o.p.s. e non ha dichiarato la cessazione della materia del contendere;

4) violazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, commi 1, 2 e 3, nonchè del Reg. Consob n. 11522 del 1998, artt. 27, 28, 30 e 60 poichè il giudice di merito ha erroneamente ritenuto possibile dichiarare la nullità per mancanza della forma scritta di un singolo ordine di acquisto impartito in forza di un contratto cd. quadro di negoziazione di strumenti finanziari;

– che il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato;

– che l’art. 152 dispone che i termini stabiliti dalla legge siano ordinatori, salvo che questa li dichiari espressamente perentori;

– che, dunque, il termine previsto per il deposito della sentenza dall’art. 345 c.p.c. è meramente ordinatorio e, pertanto, la sua omessa osservanza non determina la nullità della decisione giudiziaria;

– che, ancora, questa Corte ha precisato come “nel processo di cognizione soggetto al rito ordinario la deliberazione della sentenza è atto interno del giudice, sicchè la violazione del principio dell’immediatezza della decisione, per essere trascorso un notevole lasso di tempo tra l’udienza di discussione e la deliberazione, con conseguente inosservanza del termine stabilito dall’art. 120 disp. att. c.p.c. costituisce solo una irregolarità regolamentare ma non è causa di inesistenza o di nullità della sentenza, poichè non incide sull’esistenza dei requisiti minimi indispensabili per attribuire alla pronuncia essenza e portata di provvedimento giurisdizionale” (Cass. n. 8710/1999; Cass. n. 5227/1993; e v. pure, per gli stessi principi sul tempo di fissazione della camera di consiglio, Cass. n. 23423/2014);

– che il secondo ed il terzo motivo di ricorso, poichè connessi, possono essere trattati congiuntamente e sono manifestamente infondati;

– che, nel caso di specie, l’adesione della controricorrente alla o.p.s. è stata dal ricorrente dedotta solo nella conclusionale di appello e, pertanto, l’esame di tale allegazione è stato legittimamente omesso dalla corte romana;

– che la stessa ricorrente deduce di avere introdotto fatti nuovi nella comparsa conclusionale e nella memoria di replica in appello, le quali tuttavia possono contenere solo illustrazione delle precedenti difese e mai deduzioni in fatto e domande o eccezioni in diritto nuove, pena la violazione del contraddittorio (e multis, Cass. n. 98/2016; Cass. n. 7183/2015; Cass. n. 5478/2006); onde, semmai, la ricorrente avrebbe dovuto chiedere la rimessione della causa sul ruolo istruttorio di appello per introdurvi i fatti sopravvenuti;

– che giova precisare come, nella specie, non di cessazione della materia del contendere o di venir meno dell’interesse ad agire in capo all’investitore si trattava, ma di questione relativa a fatto nuovo implicante, nell’assunto, una diversa quantificazione della somma dovuta a titolo risarcitorio, dunque di profilo di merito che non poteva, per quanto esposto, essere dedotto per la prima volta nella comparsa conclusionale;

– che il quarto motivo di ricorso è inammissibile, non essendo stata individuata e censurata la reale natio decidendi del giudice di merito;

– che, infatti, con la sentenza impugnata la corte territoriale ha dichiarato la nullità del cd. contratto quadro di negoziazione, in quanto privo della forma prescritta dalla legge, da cui ha fatto derivare, di conseguenza, l’invalidità dell’ordine di acquisto, che in tale contratto normativo trovava la propria ragion d’essere;

– che, dunque, il giudice di merito non ha dichiarato la nullità del singolo ordine per mancanza di forma scritta, ritenendo il requisito formale imposto al contratto di negoziazione e che, nella specie, tale elemento mancava;

– che, in definitiva, la corte del merito ha applicato il principio per il quale “la prescrizione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 23, secondo cui i contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento debbono essere redatti per iscritto a pena di nullità del contratto, deducibile solo dal cliente, attiene al contratto-quadro, che disciplina lo svolgimento successivo del rapporto volto alla prestazione del servigio di negoziazione di strumenti finanziari, e non ai singoli ordini di investimento (o disinvestimento) che vengano poi impartiti dal cliente all’intermediario, la cui validità non è soggetta a requisiti di forma, non rilevando che l’intermediario abbia violato le regole di condotta concernenti le informazioni (attive e passive) nei confronti del cliente” (Cass. n. 28432/2011);

– che la condanna alle spese segue la regola della soccombenza;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, di Euro 4.100 (di cui Euro 100 per esborsi), oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 10 settembre 2019

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