Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22562 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 27/09/2017, (ud. 19/09/2017, dep.27/09/2017),  n. 22562

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M. T. – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23758-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

KARMA ITALIA SRL IN FALLIMENTO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4/2010 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 14/01/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/09/2017 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. La società Karma S.r.l. impugnava l’avviso di accertamento in materia di Irpeg, Irap ed Iva per l’anno 1998 basato sul disconoscimento dei costi deducibili inerenti agli acquisti di materiale informatico ed elettronico che la società stessa aveva contabilizzato registrando fatture di acquisto emesse nei suoi confronti dalle società di B.B.C.S. s.n.c. ed Infotech S.p.A.. L’agenzia delle entrate aveva ritenuto che il materiale venduto a Karma avesse un prezzo basso in quanto le predette società B.B.C.S. s.n.c. ed Infotech S.p.A. avevano, a loro volta, acquistato i beni da società “cartiere”, di fatto non operative, che acquistavano il materiale da operatori comunitari senza applicazione dell’Iva. La commissione tributaria provinciale di Varese accoglieva il ricorso con sentenza che era confermata dalla commissione tributaria regionale della Lombardia sul rilievo che mancavano le prove che la società Karma S.r.l. fosse stata coinvolta in una “frode carosello” in quanto era possibile che avesse acquistato regolarmente i prodotti, dato che il prezzo pagato, che l’agenzia riteneva essere basso rispetto a quello praticato per prodotti similari sul mercato, poteva essere giustificato dal fatto che il tipo di prodotto avrebbe potuto verosimilmente essere commercializzato a prezzi differenti. Inoltre la conferma dell’anomalia dei prezzi era data anche dalle condizioni della società, la quale aveva dovuto dichiarare fallimento per le continue perdite esposte nei bilanci in anni precedenti alla verifica.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate affidato a due motivi. La contribuente non si è costituita in giudizio.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce insufficiente e contraddittoria motivazione su punti di fatto decisivi, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Sostiene che l’ufficio aveva basato le proprie conclusioni in ordine alla partecipazione della società Karma alla frode carosello sul fatto che le merci erano state vendute sottocosto alla società stessa e la CTR, nell’affermare che il prezzo sottocosto poteva essere giustificato dal tipo di prodotto che poteva essere commercializzato a prezzi differenti, ha fornito una motivazione insufficiente poichè non ha spiegato per quale motivo non ha attribuito rilevanza al fatto che la merce sottocosto era pervenuta alla Karma da una catena di precedenti operatori, interni e comunitari, sicchè sarebbe stato logico attendersi che il prezzo in tali successivi passaggi fosse aumentato e non che fosse diminuito. La circostanza che il prezzo era diminuito avrebbe dovuto ingenerare il sospetto nella contribuente ed indurla a verificare l’effettiva consistenza aziendale degli apparenti fornitori. Sostiene, poi, che la motivazione è contraddittoria laddove la CTR ha affermato che la Karma ha dovuto dichiarare fallimento per le continue perdite esposte nei bilanci, posto che l’aver acquistato la merce sottocosto non poteva costituire una delle cause del dissesto economico.

4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione agli artt. 2697 e 2727 cod. civ., D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1, art. 21, comma 6 e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, commi 1 e 5 del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 6, comma 1. Sostiene che la circostanza che la Karma aveva acquistato a prezzi inspiegabilmente inferiori a quelli di mercato merci provenienti da una lunga filiera di precedenti passaggi avrebbero dovuto essere considerata sufficiente a determinare la sussistenza di una presunzione ai sensi dell’art. 2727 cod. civ. e ad invertire l’onere della prova ai sensi dell’art. 2697 cod. civ. circa il fatto che la contribuente fosse consapevole di essere coinvolta in una frode carosello.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è infondato. Invero la CTR ha ritenuto che dalla sola circostanza della convenienza del prezzo delle merci acquistate da Karma s.r.l. non poteva dedursi la sua consapevolezza di essere coinvolta in una frode carosello. La ricorrente sostiene che la CTR avrebbe dovuto considerare che il prezzo praticato dalle società venditrici era inferiore a quello di acquisto perchè le stesse avevano, a loro volta, acquistato le merci da società cartiere, beneficiando dell’esenzione Iva. Non chiarisce, tuttavia, la ricorrente, sulla base di quali elementi la società Karma avrebbe dovuto conoscere il prezzo all’origine dei beni acquistati dalle società venditrici o la provenienza degli stessi, per il che il motivo proposto appare inconferente. Quanto all’illogicità della asserzione afferente le cause che hanno condotto al fallimento della Karma, trattasi di motivazione che, per quanto illogica, non può determinare la cassazione della decisione impugnata, posto che essa si basa sulla ragione autonoma consistente nel fatto che il prezzo ridotto è stato ritenuto giustificato sulla base del tipo di prodotto che avrebbe potuto essere commercializzato a prezzi differenti.

2. Il secondo motivo è parimenti infondato. Mette conto considerare che, come più volte affermato dalla Corte di legittimità, in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, allorchè contesti il diritto del contribuente a portare in detrazione l’IVA, assumendo l’esistenza di una fatturazione relativa ad operazioni oggettivamente inesistenti, ha l’onere di provare, anche mediante presunzioni semplici, che le operazioni non sono state effettuate o, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, che il contribuente, al momento in cui ha acquistato il bene o il servizio, sapeva, o avrebbe dovuto sapere, secondo l’ordinaria diligenza, di partecipare ad una operazione fraudolenta posta in essere da altri soggetti. Ne consegue che, nel caso di cosiddetta “frode carosello”, l’Amministrazione finanziaria, che intenda negare il diritto alla detrazione dell’IVA assolta in rivalsa, deve provare sia la frode del cedente, sia la connivenza del cessionario, quest’ultima anche per presunzioni semplici (purchè gravi, precise e concordanti), che possono derivare dalle stesse risultanze di fatto attinenti al ruolo di “cartiera” del cedente, incombendo sul contribuente, a fronte di siffatte dimostrazioni, la prova contraria (Cass. n. 17818 del 09/09/2016; Cass. n. 25778 del 05/12/2014). Ora, la ricorrente sostiene che il prezzo basso della merce costituiva presunzione semplice della partecipazione alla frode carosello atta ad invertire l’onere della prova a carico della contribuente ma, ciò facendo, vorrebbe far derivare dal fatto certo della convenienza del prezzo una duplice presunzione – che non è ammessa -, ovvero quella che le cedenti erano coinvolte in frodi carosello e quella che le società che avevano loro venduto le merci erano mere cartiere.

Trattasi, dunque, di presunzione, quella fondata sul prezzo basso, inidonea ad invertire l’onere della prova perchè non induce ad affermare che le società che hanno venduto le merci a Karma s.r.l. fossero mere cartiere (circostanza, peraltro, non dedotta dalla ricorrente), tenuto conto delle varie possibili ragioni della convenienza del prezzo praticato.

Il ricorso va, dunque, rigettato. Non si provvede sulle spese data la mancata costituzione della contribuente.

PQM

 

La corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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