Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22559 del 10/09/2019

Cassazione civile sez. I, 10/09/2019, (ud. 19/03/2019, dep. 10/09/2019), n.22559

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7543/2015 proposto da:

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Fontanella Borghese n. 72, presso lo studio dell’avvocato Voltaggio

Paolo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Avesani

Giovanni, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via L.

Settembrini n. 28, presso lo studio dell’avvocato Morcavallo

Ulpiano, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Miraglia Francesco, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.A. e M.L., quali eredi di

T.B., elettivamente domiciliati in Roma, Via L. Settembrini n. 28

presso lo studio dell’avvocato Morcavallo Ulpiano, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Miraglia Francesco,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1004/2014 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

pubblicata il 19/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/03/2019 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

T.B. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Mantova, la Banca Agricola Mantovana s.p.a., chiedendo la declaratoria di nullità, per frode alla legge, motivo illecito comune e per difetto di causa, della fideiussione che il marito M.R., con atto del 12 dicembre 2000, aveva rilasciato a favore della banca convenuta per l’importo di L. 3.500.000.000, per garantire i debiti dell’Azienda Agricola del figlio M.G., al quale il padre aveva donato, con atto del 6.10.1993, tutti i suoi beni immobili.

La T. sosteneva nella specie che la fideiussione era stata prestata unicamente per impedire l’utile proposizione dell’azione di riduzione, violando in tal modo l’art. 557 c.c. e il principio di ordine pubblico della intangibilità della quota di legittima.

Il Tribunale, rilevata l’elusione della norma imperativa di cui all’art. 549 c.c., espressione del principio di intangibilità e irrinunciabilità preventiva delle azioni spettanti all’erede legittimo, dichiarava la nullità, per frode alla legge, del “contratto di fideiussione” e condannava la banca a rifondere le spese del giudizio sia all’attrice che al chiamato in causa M.G..

Veniva proposto gravame che la Corte d’Appello di Brescia respingeva con sentenza n. 1004/14 del 19.08.2014.

La Corte riteneva non provata l’intenzione dei soggetti interessati di violare una norma inderogabile, tantomeno vi era prova del motivo illecito comune ex art. 1345 c.c., che peraltro presuppone la bilateralità dell’accordo, mentre, la fideiussione è stipulata con atto unilaterale.

La Corte dunque confermava la sentenza di primo grado, pur proponendo una differente motivazione, in quanto riteneva che la nullità della fideiussione dovesse dichiararsi per la mancanza di uno degli elementi costitutivi del negozio, in particolare, della causa, dal momento che l’incapienza del patrimonio di M.R. precludeva di fatto il conseguimento dello scopo pratico della fideiussione.

BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA s.p.a. ricorre per cassazione contro la predetta sentenza della Corte bresciana affidando l’impugnazione ad un unico motivo. Resistono con controricorso i convenuti.

Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte nel senso della nullità del negozio in questione, da qualificare atipico, per difetto di meritevolezza, ai sensi dell’art. 1322 c.c..

Entrambe le parti hanno presentato memoria, ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Il motivo di ricorso denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 1325 c.c. e art. 1418 c.c., comma 2 in relazione agli artt. 1336 c.c. e segg., per avere, erroneamente” la Corte di Appello ritenuto nulla la fideiussione per mancanza di causa, in quanto, secondo i giudici d’appello, il garante, e cioè, M.R., non era in grado, per le proprie condizioni economiche, di fornire alcuna garanzia aggiuntiva personale alla banca da aggiungersi alla garanzia reale ipotecaria iscritta sui beni del debitore principale, cioè, il figlio M.G..

Infatti, secondo la banca ricorrente, la fideiussione è un negozio avente efficacia esclusivamente obbligatoria che non presuppone alcuna attuale solvibilità in capo al fideiussore che la pone in essere.

Nella specie, a prescindere dalla propria capacità economica, M.R. aveva inteso garantire presso la banca i debiti del figlio, mediante l’assunzione di un obbligo che avrebbe vincolato indirettamente il proprio patrimonio, e ciò, in virtù della sua piena autonomia negoziale, mentre la questione della sua solvibilità poteva attenere al più alla fase esecutiva di escussione della garanzia, dove si sarebbero valutate le eventuali sopravvenienze attive ricomprese nel patrimonio dello stesso.

Il motivo è fondato.

In riferimento alle statuizioni della Corte d’Appello che sono state censurate in questa sede, è necessario occuparsi della questione relativa alla causa della fideiussione, onde verificare se la capienza del patrimonio del fideiussore possa dirsi elemento indefettibile ai fini della validità dell’operazione negoziale de qua, in termini di “ragione pratica” dell’atto negoziale.

Al riguardo, invero, è opportuno osservare che il nostro ordinamento non presuppone una esatta coincidenza tra il concetto di garanzia patrimoniale e quello di capienza del patrimonio del debitore.

L’art. 2740 c.c., infatti, dispone che “Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”.

Detta disposizione, unitamente all’art. 2910 c.c., che prevede che il creditore possa fare espropriare i beni del debitore per conseguire quanto gli è dovuto, sanciscono il principio della responsabilità patrimoniale del debitore, la quale comporta la sussistenza di un vincolo sul patrimonio del medesimo e del consequenziale potere di coazione del creditore.

D’altra parte, il riferimento dell’art. 2740 c.c. ai beni futuri, a ben vedere, conferma che la sussistenza di una garanzia personale non è condizionata dall’attuale capienza del patrimonio del debitore stesso.

La fideiussione è una garanzia personale, e come tale rafforza la posizione creditoria nella misura in cui estende la garanzia patrimoniale del garantito ai beni, presenti e futuri, del garante.

D’altra parte, la giurisprudenza di questa Corte individua nella garanzia dell’adempimento del debito altrui la causa della fideiussione: “La causa del contratto di fideiussione (che non è un contratto aleatorio) è non già il rischio dell’inadempimento dell’obbligazione principale, ma la funzione di garanzia dell’adempimento dell’obbligazione mediante l’allargamento della base soggettiva la quale è del tutto indipendente dall’effettivo “rischio” di inadempimento e, dunque, dall’eventualità che il debitore principale non adempia la propria obbligazione, ovvero che il suo patrimonio (o il bene offerto in garanzia reale) sia insufficiente a soddisfare le ragioni del creditore.” (Sez. III, sent. 6407 del 30.6.1998).

Appurato dunque che la causa del negozio di fideiussione, e cioè, lo scopo concreto dell’operazione negoziale, resta la funzione di garanzia di un debito altrui, la stessa non può ritenersi mancante se prestata da soggetto incapiente.

Invero, la fideiussione, nella misura cui produce una mera estensione della garanzia patrimoniale, non presuppone l’attuale capienza del patrimonio del fideiussore, partecipando invece dei caratteri propri della responsabilità patrimoniale, ovvero la sottoposizione a vincolo patrimoniale e la soggezione al potere di coazione del creditore.

Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’Appello di Brescia, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia, restando assorbita la questione di nullità sollevata da procuratore Generale.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2019

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