Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22558 del 07/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 07/11/2016, (ud. 18/10/2016, dep. 07/11/2016), n.22558

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28834/2013 proposto da:

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA C.F. (OMISSIS), in persona

del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato SERGIO

NATALE EDOARDO GALLEANO, che lo rappresenta e difende, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 872/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 05/07/2013 R.G.N. 952/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito l’Avvocato D’AVANZO GABRIELLA e l’Avvocato FEDELI ANDREA;

udito l’Avvocato GALLEANO SERGIO NATALE EDOARDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di Appello di Torino ha respinto l’appello proposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca avverso la sentenza del locale Tribunale che aveva riconosciuto il diritto di G.R. al pagamento “degli scatti di anzianità maturati e maturandi”, rigettando le ulteriori domande.

2 – Nel giudizio di primo grado il ricorrente, docente assunto con ripetuti contratti annuali a tempo determinato, succedutisi senza sostanziale soluzione di continuità, aveva domandato, tra l’altro, “la medesima progressione stipendiale spettante ai docenti di ruolo e, comunque, in misura non inferiore a quanto previsto dalla L. 312 del 1980, art. 53, comma 5” e la conseguente condanna del Ministero resistente “al pagamento delle relative differenze retributive, quantificabili in Euro 2.970,32, ovvero in quella maggiore o minore somma che sarà determinata dal CTU”.

3 – La Corte territoriale ha richiamato, a fondamento della pronuncia di rigetto del gravame, il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, trasfuso nella Direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999 e recepito nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 6. Ha osservato, in particolare, che:

a) la Corte di Giustizia ha da tempo chiarito che le condizioni di impiego, rispetto alle quali sussiste il divieto di discriminazione, comprendono tutti gli istituti idonei ad incidere sulla quantificazione del trattamento retributivo e, quindi, anche gli scatti di anzianità riconosciuti ai lavoratori a tempo indeterminato;

b) la mera circostanza che un impiego nel settore pubblico sia definito “non di ruolo” non è di per sè idonea a giustificare la diversità di trattamento, giacchè le ragioni oggettive richiamate nella clausola 4 sono solo quelle che attengono al rapporto e lo differenziano, sulla base di elementi precisi e concreti, da quello a tempo indeterminato;

c) il Ministero appellante aveva fatto leva sulla specialità del sistema del reclutamento scolastico, sulla necessità di garantire la continuità didattica, sul diritto costituzionale allo studio ed all’istruzione, ossia su ragioni che possono essere invocate per sostenere la legittimità del contratto a termine, ma non per giustificare la diversità del trattamento economico riservato agli assunti a tempo determinato;

d) la clausola 4, in quanto precisa ed incondizionata, impone la disapplicazione del diritto interno, ed in particolare delle clausole del contratto collettivo che escludono per gli assunti a tempo determinato qualsiasi rilevanza dell’anzianità maturata in forza di precedenti contratti a termine;

e) la disapplicazione va, però, limitata ai rapporti a tempo determinato succedutisi senza rilevante soluzione di continuità e di durata tale da coprire, pressochè integralmente, l’anno scolastico.

4 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sulla base di due motivi. G.R. ha resistono con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, “violazione e falsa applicazione della direttiva 99/70/CE; del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, artt. 6 e 10; dell’art. 79 del CCNL comparto scuola 29.11.2007; dell’art. 106 del CCNL comparto scuola 29.11.2007; del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 526; del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 9, comma 18, convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, art. 1, comma 2; della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4; del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 36″. Premette il ricorrente che i rapporti di lavoro a tempo determinato del settore scolastico sono assoggettati ad una normativa speciale di settore, sicchè agli stessi non si applica la disciplina generale dettata dal D.Lgs. n. 368 del 2001. Rileva che il principio di non discriminazione è correlato all’abuso del contratto a termine, che nella specie deve essere escluso in quanto il ricorso alla supplenza trova giustificazione in ragioni oggettive e non è maliziosamente finalizzato a consentire al datore di lavoro un risparmio di spesa. Aggiunge che il lavoratore assunto a tempo determinato nel settore scolastico non è comparabile al docente di ruolo, sia per il mancato superamento del pubblico concorso, sia perchè ogni singolo rapporto è distinto ed autonomo rispetto al precedente.

2 – Il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ” violazione e falsa applicazione: della L. 11 luglio 1980, n. 312, art. 53; dell’art. 142 CCNL 24 luglio 2003 e art. 146 CCNL comparto scuola del 29 novembre 2007; del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 399, art. 3; del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 9 comma 18, come convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, art. 1, comma 2; della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4; del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, art. 6; del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 36; della direttiva 99/70/CE”. Evidenzia il ricorrente che il Tribunale di Torino aveva riconosciuto al G. “gli scatti biennali di anzianità sulla scorta della L. n. 312 del 1980, art. 53”, disposizione, questa, sicuramente non applicabile alle supplenze. Gli aumenti biennali previsti da detta norma, infatti, avevano come destinatari i soli docenti non di ruolo, incaricati dal Provveditore agli studi ed assunti con contratti a tempo indeterminato. La categoria degli insegnanti non di ruolo, distinta da quella dei supplenti, era stata, però, soppressa dalla L. 20 maggio 1982, n. 270. Per i docenti di ruolo la contrattazione collettiva, sin dalla prima tornata contrattuale, aveva provveduto a disciplinare gli effetti economici della anzianità, abolendo gli scatti biennali e sostituendoli con un sistema di progressione economica per “scaglioni”. La L. n. 312 del 1980, art. 53, ha, quindi, continuato a disciplinare il solo trattamento economico degli insegnanti di religione, come ben chiarito dall’art. 142 del CCNL 24.7.2003. In tal senso si è espressa la Corte Costituzionale con la sentenza n. 146 del 20 giugno 2013, che ha ricostruito il quadro normativo nei termini sopra indicati.

2 – Il primo motivo è infondato, perchè il Ministero ricorrente sovrappone e confonde il principio di non discriminazione, previsto dalla clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (concluso il 18 marzo 1999 fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale – CES, CEEP e UNICE – e recepito dalla Direttiva 99/70/CE), con il divieto di abusare della reiterazione del contratto a termine, oggetto della disciplina dettata dalla clausola 5 dello stesso Accordo.

Che i due piani debbano, invece, essere tenuti distinti emerge già dalla lettura della clausola 1, con la quale il legislatore Eurounitario ha indicato gli obiettivi della direttiva, volta, da un lato a “migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione”; dall’altro a “creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato”.

L’obbligo posto a carico degli Stati membri di assicurare al lavoratore a tempo determinato “condizioni di impiego” che non siano meno favorevoli rispetto a quelle riservate all’assunto a tempo indeterminato “comparabile”, sussiste, quindi, a prescindere dalla legittimità del termine apposto al contratto, giacchè detto obbligo è attuazione, nell’ambito della disciplina del rapporto a termine, del principio della parità di trattamento e del divieto di discriminazione che costituiscono “norme di diritto sociale dell’Unione di particolare importanza, di cui ogni lavoratore deve usufruire in quanto prescrizioni minime di tutela” (Corte di Giustizia 9.7.2015, causa C-177/14, Regojo Dans, punto 32).

2.1 – La clausola 4 dell’Accordo quadro, alla luce della quale questa Corte ha già risolto questioni interpretative dei CCNL del settore pubblico (Cass. 26.11.2015 n. 24173 e Cass. 11.1.2016 n. 196 sulla interpretazione del CCNL comparto enti pubblici non economici quanto al compenso incentivante; Cass. 17.2.2011 n. 3871 sulla spettanza dei permessi retribuiti anche agli assunti a tempo determinato del comparto ministeri), è stata più volte oggetto di esame da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha affrontato tutte le questioni rilevanti nel presente giudizio.

In particolare la Corte ha evidenziato che:

a) la clausola 4 dell’Accordo esclude in generale ed in termini non equivoci qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, sicchè la stessa ha carattere incondizionato e può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l’obbligo di applicare il diritto dell’Unione e di tutelare i diritti che quest’ultimo attribuisce, disapplicando, se necessario, qualsiasi contraria disposizione del diritto interno (Corte Giustizia 15.4.2008, causa C- 268/06, Impact; 13.9.2007, causa C307/05, Del Cerro Alonso; 8.9.2011, causa C-177/10 Rosado Santana);

b) il principio di non discriminazione non può essere interpretato in modo restrittivo, per cui la riserva in materia di retribuzioni contenuta nell’art. 137, n. 5 del Trattato (oggi 153 n. 5), “non può impedire ad un lavoratore a tempo determinato di richiedere, in base al divieto di discriminazione, il beneficio di una condizione di impiego riservata ai soli lavoratori a tempo indeterminato, allorchè proprio l’applicazione di tale principio comporta il pagamento di una differenza di retribuzione” (Del Cerro Alonso, cit., punto 42);

c) le maggiorazioni retributive che derivano dalla anzianità di servizio del lavoratore, costituiscono condizioni di impiego ai sensi della clausola 4, con la conseguenza che le stesse possono essere legittimamente negate agli assunti a tempo determinato solo in presenza di una giustificazione oggettiva (Corte di Giustizia 9.7.2015, in causa C177/14, Regojo Dans, punto 44, e giurisprudenza ivi richiamata);

d) a tal fine non è sufficiente che la diversità di trattamento sia prevista da una norma generale ed astratta, di legge o di contratto, nè rilevano la natura pubblica del datore di lavoro e la distinzione fra impiego di ruolo e non di ruolo, perchè la diversità di trattamento può essere giustificata solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni espletate (Regojo Dans, cit., punto 55 e con riferimento ai rapporti non di ruolo degli enti pubblici italiani Corte di Giustizia 18.10.2012, cause C302/11 e C305/11, Valenza; 7.3.2013, causa C393/11, Bertazzi).

2.2 – Questa Corte ha già affermato che la interpretazione delle norme Eurounitarie è riservata alla Corte di Giustizia, le cui pronunce hanno carattere vincolante per il giudice nazionale, che può e deve applicarle anche ai rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa. A tali sentenze, infatti, siano esse pregiudiziali o emesse in sede di verifica della validità di una disposizione, va attribuito il valore di ulteriore fonte del diritto della Unione Europea, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito dell’Unione (fra le più recenti in tal senso Cass. 8.2.2016 n. 2468).

Correttamente, pertanto, la sentenza impugnata ha richiamato le statuizioni dalla Corte di Lussemburgo per escludere la conformità al diritto Eurounitario delle clausole dei contratti collettivi nazionali per il comparto scuola, succedutisi nel tempo, in forza delle quali al “personale docente ed educativo non di ruolo spetta il trattamento iniziale previsto per il corrispondente personale docente di ruolo”, senza alcun riconoscimento della anzianità di servizio, che, al contrario, le parti collettive hanno valutato e valorizzato per gli assunti a tempo indeterminato, prevedendo un sistema di progressione stipendiale secondo fasce di anzianità.

Anche in questa sede il Ministero, pur affermando l’esistenza di condizioni oggettive a suo dire idonee a giustificare la diversità di trattamento, ha fatto leva su circostanze che prescindono dalle caratteristiche intrinseche delle mansioni e delle funzioni esercitate, le quali sole potrebbero legittimare la disparità.

Ha insistito, infatti, sulla natura non di ruolo del rapporto di impiego e sulla novità di ogni singolo contratto rispetto al precedente, già ritenuti dalla Corte di Giustizia non idonei a giustificare la diversità di trattamento (si rimanda alle sentenze richiamate nella lettera d del punto che precede), nonchè sulle modalità di reclutamento del personale nel settore scolastico e sulle esigenze che il sistema mira ad assicurare, ossia sulle ragioni oggettive che legittimano il ricorso al contratto a tempo determinato e che rilevano ai sensi della clausola dell’Accordo quadro, da non confondere, per quanto sopra si è già detto, con le ragioni richiamate nella clausola 4, che attengono, invece, alle condizioni di lavoro che contraddistinguono i due tipi di rapporto in comparazione, in ordine alle quali nulla ha dedotto il ricorrente.

3 – E’, invece, fondato il secondo motivo, con il quale il Ministero ha rilevato che la Corte territoriale erroneamente aveva confermato la sentenza del Tribunale, che aveva riconosciuto il diritto del G. a vedersi corrispondere gli scatti di anzianità previsti dalla L. n. 312 del 1980, art. 53.

Occorre premettere che non sussiste la eccepita inammissibilità della censura, sotto il profilo della novità dell’argomento, innanzitutto perchè è la stessa sentenza impugnata a dare atto, nella parte relativa allo svolgimento del processo, dell’avvenuto riconoscimento degli “scatti di anzianità maturati e maturandi”, che sono concettualmente diversi e non possono essere confusi con il “trattamento economico differenziato per posizioni stipendiali”, previsto dalla contrattazione collettiva di comparto succedutasi nel tempo.

Si aggiunga che il principio secondo cui nel giudizio di cassazione, ove una determinata questione giuridica non risulti affrontata nella sentenza, il ricorrente ha l’onere, a pena di inammissibilità, di allegarne la avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, è applicabile nelle sole ipotesi in cui la questione stessa presupponga ulteriori e diversi accertamenti in fatto.

Detto principio, quindi, non può essere invocato nei casi in cui sia solo in discussione la qualificazione giuridica e la individuazione della normativa da applicare alla fattispecie, poichè in tal caso è la stessa funzione del giudizio di legittimità, volto a garantire l’osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, a rendere doveroso da parte della Corte l’esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, pacificamente acquisiti al processo, che è limitato solo dal concorrente principio del monopolio della parte nell’esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto (in tal senso Cass. 9.8.2016 n. 11868; Cass. 14.2.2014 n. 3437; Cass. 17.4.2007 n. 9143; Cass. 29.9.2005 n. 19132).

3.1 – Esclusa, quindi, la inammissibilità della censura, va detto che la domanda accolta nel giudizio di primo grado era finalizzata ad ottenere “la medesima progressione stipendiale spettante ai docenti di ruolo e, comunque, in misura non inferiore a quanto previsto dalla L. n. 312 del 1980, art. 53, comma 5…”.

Mentre la parificazione al personale assunto a tempo indeterminato trova titolo in quanto sopra si è detto sulla operatività del principio di non discriminazione, non altrettanto può dirsi con riferimento alla invocata attribuzione degli scatti biennali, posto che questi ultimi, a far tempo dalla contrattualizzazione dell’impiego pubblico, non hanno più fatto parte della retribuzione del personale di ruolo della scuola, docente, tecnico ed amministrativo.

La legge 312/1980, intitolata “nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato”, per il personale della scuola immesso stabilmente in ruolo prevedeva, all’art. 50, lo stipendio annuo lordo iniziale stabilito per ciascuna delle otto qualifiche funzionali di inquadramento e riconosceva una progressione economica legata all’anzianità di servizio, stabilendo che “Al compimento di tre, sei, dieci, quindici e venti anni di servizio senza demerito nella qualifica di appartenenza sono attribuite altre classi di stipendio con un aumento costante del 16 per cento dello stipendio iniziale di livello. Nel periodo di permanenza in ciascuna classe di stipendio, compresa l’ultima, sono corrisposti aumenti di stipendio in ragione del 2,50 per cento dello stipendio previsto per la classe stessa per ogni biennio di servizio prestato senza demerito. Gli aumenti biennali di stipendio maturati in ciascuna classe sono riassorbibili al conseguimento della classe di stipendio successiva”.

L’art. 53 disciplinava, invece, il trattamento economico del personale non di ruolo, docente e non docente, richiamando al comma 1, “lo stipendio iniziale del personale di ruolo di corrispondente qualifica” ed aggiungendo, al comma 3, che “Al personale di cui al presente articolo, con nomina da parte del Provveditore agli studi od altro organo in base a disposizioni speciali, escluse in ogni caso le supplenze, sono attribuiti aumenti periodici per ogni biennio di servizio prestato a partire dal 1 giugno 1977 in ragione del 2,50 per cento calcolati sulla base dello stipendio iniziale”.

Una diversa progressione veniva stabilita per i docenti di religione per i quali, al comma 6, veniva prevista, dopo quattro anni di insegnamento, “una progressione economica di carriera con classi di stipendio corrispondenti all’ottanta per cento di quelle attribuite ai docenti laureati di ruolo, con l’obbligatorietà di costituzione e accettazione di posto orario con trattamento cattedra”.

3.2 – Già il tenore testuale della norma, che al comma 3, esclude espressamente le supplenze, induce ad affermare la inapplicabilità della stessa al personale della scuola assunto a tempo determinato, a prescindere dalla durata della supplenza (sul punto assolutamente costante la giurisprudenza amministrativa che aveva escluso la applicabilità della norma alle supplenze, anche se annuali e se conferite dal Provveditore agli studi – C.d.S. 2163/2000), essendo la disposizione finalizzata a disciplinare il trattamento economico dei docenti e del personale non educativo della scuola non immessi stabilmente nei ruoli ma, comunque, legati alla amministrazione da rapporto di impiego a tempo indeterminato.

La sentenza della Corte Costituzionale n. 146 del 20 giugno 2013, nel dichiarare la inammissibilità della prima delle due questioni di legittimità sollevate dalla Corte di Appello di Firenze (che aveva ipotizzato una disparità di trattamento tra i supplenti assunti ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, ed i docenti non di ruolo assunti a tempo indeterminato), ha evidenziato a quale categoria di docenti la norma si riferisse ed ha precisato che la possibilità per l’Amministrazione di stipulare contratti a tempo indeterminato non di ruolo era venuta meno con l’approvazione della L. 20 maggio 1982, n. 270, e non poteva rivivere ad opera della contrattazione collettiva.

3.3 – Al momento della contrattualizzazione del rapporto di impiego del personale della scuola, dunque, la L. n. 312 del 1980, art. 53, poteva dirsi vigente ed efficace solo relativamente ai docenti di religione e ad alcune particolari categorie di insegnanti che, sebbene non immessi nei ruoli, prestavano attività sulla base, non di supplenze temporanee o annuali, bensì in forza di contratti a tempo indeterminato previsti in via eccezionale dalla L. n. 270 del 1982, art. 15, (è il caso dei docenti di educazione musicale il cui rapporto è stato ritenuto a tempo indeterminato da Cass. 8.4.2011 n.8060, che ha ribadito in motivazione la non spettanza degli scatti biennali di cui all’art. 53 ai supplenti ed al personale “il cui rapporto di servizio trova fondamento in incarichi attribuiti di volta in volta e si interrompe nell’intervallo tra un incarico e l’altro”).

3.4 – Con il contratto per il quadriennio normativo 1994/1997 ed il biennio economico 1994/1995, le parti collettive hanno previsto all’art. 47, che “Nei casi previsti dal D.Lgs. n. 297 del 1994, in sostituzione dei provvedimenti di conferimento di supplenza annuale e di supplenza temporanea, si stipulano contratti di lavoro a tempo determinato ai sensi dell’art. 18. Al personale assunto con contratto di lavoro a tempo determinato spetta il trattamento economico iniziale previsto per il corrispondente personale con contratto di lavoro a tempo indeterminato, con decorrenza dalla data di effettiva assunzione del servizio e fino al termine del servizio medesimo”.

La struttura della retribuzione del personale assunto a tempo indeterminato è stata disciplinata dal successivo art. 63, a norma del quale la stessa si compone “delle seguenti voci:

– trattamento fondamentale: a) stipendio tabellare, comprensivo della retribuzione individuale di anzianità e dell’indennità di funzione;b) indennità integrativa speciale.

– trattamento accessorio: c) fondo per il miglioramento dell’offerta formativa di cui all’art. 71; d) compenso per la qualità della prestazione di cui all’art. 77; e) indennità di direzione per i capi d’istituto di cui all’art. 75; f) indennità di amministrazione di cui all’art. 76 per il personale con le qualifiche I e II individuate dall’art. 51, comma 2;g) altre indennità previste dal presente contratto e da specifiche disposizioni di legge;h) ore eccedenti di cui all’art. 70.”

Il contratto contiene un espresso richiamo alla L. n. 312 del 1980, art. 53, ma lo stesso, contenuto nell’art. 66, comma 7, è limitato ai soli insegnanti di religione, per i quali è prevista la perdurante vigenza della norma, così come integrata dal d.p.r. 399/1988 (art. 66 – Attribuzione del nuovo trattamento economico al personale in servizio al 31.12.1995 – comma 7: Per gli insegnanti di religione restano in vigore le norme di cui alla L. n. 312 del 1980, art. 53, modificate e integrate dal D.P.R. 399 del 1988, art. 3, commi 6 e 7.)

E’ utile osservare che nel CCNL per il personale a tempo indeterminato, sparisce ogni riferimento agli scatti biennali di anzianità, giacchè nell’art. 63, lo stipendio tabellare viene indicato come comprensivo “della retribuzione individuale di anzianità” (e nell’allegato A al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 71, al punto 6^, lett. h risulta espressamente indicato fra le norme abrogate l’art. 50 della legge 312/1980 che riconosceva ai docenti di ruolo gli scatti biennali) e l’art. 27 prevede un sistema di sviluppo professionale incentrato sulla differenziazione del trattamento economico per posizioni stipendiali, che si conseguono in forza del regolare svolgimento, nel tempo, delle funzioni e della partecipazione alle attività di formazione ed aggiornamento.

Non rileva, pertanto, che la L. n. 312 del 1980, art. 53, non sia stato inserito fra le disposizioni espressamente disapplicate dal comma 1, dell’art. 82, giacchè la disposizione prevede anche, al comma 2, una norma di chiusura (Le disposizioni non indicate nel precedente comma 1, rimangono in vigore ad eccezione di quelle comunque contrarie o incompatibili con il presente contratto), escludendo la ultrattività delle discipline contrarie o incompatibili con quelle dettate dalle parti collettive.

In sintesi, dunque, il CCNL 1994/1997 ha affermato la perdurante vigenza dell’art. 53, solo comma 6, relativo ai docenti di religione, e non poteva essere diversamente giacchè, come si è detto, le restanti parti della disposizione erano finalizzate a dettare la disciplina del rapporto con la categoria degli assunti non di ruolo a tempo indeterminato, soppressa dalle L. n. 392 del 1981, e L. n. 270 del 1982, con le quali era stato previsto che le vacanze di organico sarebbero state coperte unicamente con supplenze annuali conferite dal Provveditore agli Studi, non ricomprese nella previsione del richiamato art. 53.

3.5 – A conclusioni non dissimili si perviene esaminando il contenuto dei contratti collettivi successivi.

Il CCNL 26.5.1999 per il quadriennio 1998/2001 ha ribadito il sistema del trattamento economico differenziato per posizioni stipendiali (Al personale scolastico viene attribuito un trattamento economico differenziato per posizioni stipendiali. Il passaggio tra una posizione stipendiale e l’altra potrà essere acquisito al termine dei periodi previsti dall’allegata tabella E, sulla base dell’accertato utile assolvimento di tutti gli obblighi inerenti alla funzione) attribuite sulla base del servizio prestato e secondo la seguente sequenza indicata nella tabella E: 0/2; 3/8; 9/14; 15/20; 21/27; 28/34; 35 ed oltre.

E’ rimasta, inoltre, immutata la disciplina del trattamento economico del personale assunto a tempo determinato, sempre commisurato alla posizione iniziale prevista per la corrispondente qualifica dei dipendenti legati alla amministrazione da contratto a tempo indeterminato.

Anche il C.C.N.L. 1998/2001, che non contiene alcun richiamo espresso alla L. n. 312 del 1980, art. 53, stabilisce all’art. 48 che “le norme legislative, amministrative o contrattuali non esplicitamente abrogate o disapplicate dal presente CCNL, restano in vigore in quanto compatibili”, sicchè, sulla base della disposizione di salvaguardia, solo il comma 6, ha continuato a spiegare effetti, essendo per il resto la normativa inapplicabile alle diverse categorie di personale e, comunque, non compatibile con la struttura della retribuzione, così come disciplinata dal contratto.

3.6 – Nessuna significativa modificazione è stata apportata dal C.C.N.L. 24 luglio 2003 per il quadriennio 2002/2005 che ha ribadito la struttura della retribuzione fondata sulle posizioni stipendiali e, all’art. 142, ha richiamato fra le norme non disapplicate la L. n. 312 del 1980, art. 53, ma solo limitatamente ai docenti di religione, come reso evidente dall’inciso posto tra parentesi al punto 5 della lett. f.

Detto inciso è, poi, scomparso nell’art. 146 del C.C.N.L. 29 novembre 2007 per il quadriennio 2006/2009, che nuovamente ha inserito tra le norme non disapplicate l’art. 53, questa volta, però, richiamato nella sua interezza.

Peraltro l’omesso richiamo ai soli docenti di religione risulta privo di rilievo se si considera il complesso iter normativo e contrattuale sopra sinteticamente riassunto, giacchè, come si è più volte detto, già al momento della contrattualizzazione del rapporto del personale della scuola la norma non disapplicata spiegava effetti solo per i docenti di religione, sicchè la stessa, attraverso il meccanismo della non disapplicazione, non avrebbe mai potuto andare a disciplinare situazioni estranee alla sua originaria formulazione.

3.7 – Infine sulla progressione economica del personale a tempo indeterminato del comparto scuola, legata alla anzianità di servizio, le parti collettive sono nuovamente intervenute con il CCNL 4 agosto 2011, finalizzato a garantire la sostenibilità economica e finanziaria del piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente, educativo ed ATA stabilito, per il triennio 2011/2013, dal D.L. n. 70 del 2011, art. 9, comma 17, convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106.

L’art. 2 del contratto ha previsto la rimodulazione delle posizioni stipendiali, modificandone la sequenza, ed accorpando nella prima fascia la anzianità di servizio 0/8.

E’ evidente la assoluta incompatibilità fra detto sistema e scatti biennali, che finirebbero per assicurare all’assunto a tempo determinato un trattamento economico di miglior favore rispetto a quello riservato al personale della scuola definitivamente immesso nei ruoli, trattamento che non può certo trovare giustificazione nella clausola 4 dell’Accordo quadro.

3.8 – La sentenza impugnata, pur interpretando correttamente la direttiva 99/70/CE quanto al principio di non discriminazione, ha confermato la decisione di prime cure che aveva accolto la domanda volta ad ottenere un trattamento economico “non inferiore a quanto previsto dalla L. n. 312 del 1980, art. 53”.

La stessa, pertanto, deve essere cassata con rinvio alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame della questione controversa, attenendosi al principio di diritto di seguito enunciato: “La clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva 99/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai CCNL succedutisi nel tempo. Vanno, conseguentemente, disapplicate le disposizioni dei richiamati CCNL che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato. La L. 11 luglio 1980, n. 312, art. 53, che prevedeva scatti biennali di anzianità per il personale non di ruolo, non è applicabile ai contratti a tempo determinato del personale del comparto scuola ed è stato richiamato, D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 69, comma 1, e art. 71, dal CCNL 4.8.1995 e dai contratti successivi, per affermarne la perdurante vigenza limitatamente ai soli insegnanti di religione”.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2016

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