Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22557 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. II, 16/10/2020, (ud. 08/09/2020, dep. 16/10/2020), n.22557

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24193/2019 proposto da:

I.K., elettivamente domiciliato in Milano, via Lorenteggio

n. 24, presso lo studio degli avv.ti TIZIANA ARESI, MASSIMO CARLO

SEREGNI, che lo rappresentano e difendono;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il

27/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/09/2020 dal Consigliere Dott. LUCA MARRONE.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Il Tribunale di Brescia, con decreto pubblicato il 27 maggio 2019, respingeva il ricorso proposto da I.K., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale aveva, a sua volta, rigettato la domanda proposta dall’interessato di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione complementare (umanitaria).

2. Il Tribunale rigettava la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato atteso che il racconto del richiedente non era credibile. La narrazione circa i motivi che lo avevano costretto all’espatrio era, infatti, troppo generica, priva di qualsivoglia dettaglio o circostanza che potesse dare un minimo di valore al racconto, piena di contraddizioni e del tutto incoerente. Il richiedente aveva riferito di essere fuggito dalla Nigeria per essersi opposto al rito di sepoltura tradizionale del padre in quanto cristiano e anche perchè non aveva i soldi per procurarsi gli animali da sacrificare. Per questo motivo sarebbe stato rinchiuso in prigione e torturato fino a quando non era riuscito a fuggire.

La non credibilità del racconto, anche in relazione alle fonti di conoscenza sul culto (OMISSIS) praticato dagli abitanti del villaggio, comportava il rigetto delle domande di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a) e b).

Del pari, doveva essere rigettata la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c). Il richiedente non aveva allegato che in caso di rimpatrio poteva rischiare la vita o l’incolumità personale a causa di una situazione di generale e indiscriminata violenza derivante da un conflitto armato e, sulla base delle fonti internazionali la Nigeria non poteva ritenersi un paese soggetto ad una violenza generalizzata.

Infine, quanto alla richiesta concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari il Tribunale evidenziava che non vi erano i presupposti per il suo accoglimento non essendo stata nè allegata nè dimostrata alcuna di quelle situazioni di vulnerabilità anche temporanea tale da legittimare la richiesta della protezione umanitaria, nè sotto il profilo soggettivo, nè sotto quello oggettivo.

2. I.K. ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto decreto sulla base di due motivi di ricorso.

3. Il Ministero dell’interno si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8.

Il Tribunale si sarebbe disinteressato alle vicende occorse ricorrente nel paese di transito rappresentato dalla Libia.

2 il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e art. 14, lett. c).

La censura si incentra sulla ritenuta non credibilità del racconto senza attivazione dei poteri ufficiosi, mediante l’acquisizione di informazioni precise ed aggiornate circa la situazione generale del paese di origine. Insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria senza attivazione dei poteri istruttori per accertare la situazione del paese di provenienza del richiedente che invece è gravemente compromessa come risulta dalle molteplici fonti citate in ricorso.

3. I due motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili, anche ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, come interpretato da questa Corte a Sezioni Unite con la pronuncia n. 7155 del 2017.

Quanto alla valutazione in ordine alla credibilità del racconto del richiedente, essa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019, Rv. 652549).

La critica formulata nei motivi costituisce, dunque, una mera contrapposizione alla valutazione che il Tribunale di Brescia ha compiuto nel rispetto dei parametri legali e dandone adeguata motivazione, neppure censurata mediante allegazione di fatti decisivi emersi nel corso del giudizio che sarebbero stati ignorati dal giudice di merito. In particolare, con riferimento alla inverosimiglianza e contraddittorietà delle dichiarazioni del ricorrente e alla non corrispondenza di quanto raccontato in relazione alle fonti di informazione sul culto praticato oltre che alla situazione socio-politica della Nigeria. Il paese di transito non è stato preso in considerazione dal Tribunale perchè il richiedente non è stato ritenuto attendibile neanche rispetto al transito in Libia.

Il Tribunale di Brescia, inoltre, ha fatto esplicito riferimento alle fonti internazionali dalle quali ha tratto la convinzione che la Nigeria non sia una zona rientrante tra quelle di cui al D.Lgs. n. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.

Il potere-dovere di cooperazione istruttoria, correlato all’attenuazione del principio dispositivo quanto alla dimostrazione, e non anche all’allegazione, dei fatti rilevanti, è stato dunque correttamente esercitato con riferimento all’indagine sulle condizioni generali della Nigeria, benchè la vicenda personale narrata sia stata ritenuta non credibile dai giudici di merito (Cass. n. 14283/2019, a meno che la non credibilità investa il fatto stesso della provenienza da un dato Paese).

Deve ribadirsi che In tema di protezione sussidiaria, anche l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui alla norma citata, che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito. Il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. ord. 30105 del 2018). Il ricorrente si limita a dedurre genericamente la violazione di norme di legge, avuto riguardo al non aver tenuto conto della situazione generale del paese di origine.

Inoltre, con riferimento alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), deve evidenziarsi che il racconto del richiedente non è stato ritenuto credibile e che in tal caso non si impone l’esercizio dei poteri ufficiosi circa l’esposizione a rischio del richiedente in virtù della sua condizione soggettiva.

4. In conclusione il ricorso è inammissibile. Nulla sulle spese in quanto il Ministero si è costituito tardivamente al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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