Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22543 del 28/10/2011

Cassazione civile sez. I, 28/10/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 28/10/2011), n.22543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 3414 del Ruolo Generale degli affari

civili dell’anno 2006, proposto da:

Ing. R.A., elettivamente domiciliato in Roma, alla Via

Trebbia n. 3, presso l’avv. CASSESE Antonietta, con l’avv. Felice

Ferraro del foro di Vallo della Lucania, che lo rappresenta e

difende, per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI VALLO DELLA LUCANIA, in persona del sindaco p.t.,

autorizzato a stare in giudizio da Delib. G.M. 19 gennaio 2006, n.

13, ed elettivamente domiciliato in Cetara (SA) alla Via Grotta n.

10, presso l’avv. MONTESANTO Costantino, che lo rappresenta e

difende, per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 643/2004, del

15 giugno – 6 dicembre 2004.

Udita all’udienza del 28 settembre 2011 la relazione del Cons. Dr.

Fabrizio Forte e sentito il P.G. Dr. Aurelio Golia, che conclude per

il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 6 dicembre 2004, la Corte d’appello di Salerno ha confermato la pronuncia del Tribunale di Vallo della Lucania dell’11 ottobre 2002, che aveva accolto l’opposizione del comune della stessa città al decreto ingiuntivo di pagamento di L. 213.959.976 e accessori all’ing. R.A., per il progetto e la direzione dei lavori di restauro e ristrutturazione del palazzo di giustizia, compensando le spese del grado e dando atto del passaggio in giudicato del rigetto in primo grado della domanda di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’ente locale per dette prestazioni professionali.

Contro tale sentenza proponeva appello il R., che insisteva perchè su accertasse l’esistenza d’un regolare contratto di prestazione d’opera professionale tra lui e l’ente locale e chiedeva quindi la riforma della decisione del Tribunale.

La Corte d’appello di Salerno ha rigettato detto gravame, ritenendo che nel caso vi erano stati comportamenti di fatto, di organi e funzionari dell’ente locale, incompatibili con il perfezionamento di un contratto in forma scritta stipulato da un ente pubblico con il professionista, mancando anzi una manifestazione esterna di organo dell’ente locale legittimato a stipulare con il tecnico opposto il contratto di prestazione d’opera intellettuale.

Ad avviso dell’appellante vi sarebbero stati invece più atti di organi del Comune di Vallo della Lucania comprovanti quanto dedotto da lui ma la Corte di merito ha rilevato che nessuno dei documenti prodotti dal R. costituiva estrinsecazione d’una volontà del comune di conferire allo stesso l’incarico professionale di cui sopra.

Nessun rilievo poteva avere in tal senso la comunicazione spedita, in data 2 dicembre 1978, dall’ente locale all’ing. R., della allegata copia della Delib. G.M. 22 novembre 1978, che aveva affidato l’incarico a detto tecnico di provvedere a redigere il progetto e il preventivo di spesa “concernente le urgenti opere e suppellettili per il locale palazzo di giustizia elencate nell’allegata copia”.

Tale documento che, ad avviso della Corte non proveniva dal sindaco, ma “da uno sconosciuto funzionario”, era relativo a parte molto marginale dei lavori e quindi non si poteva “certamente qualificare quale formale valida proposta contrattuale globale”, tanto che fu poi superato da molti successivi ulteriori incarichi, relativi all’ampliamento del palazzo di giustizia, tutti con rilievo di atti interni.

La Corte ha quindi respinto il gravame dell’ente locale che aveva impugnato pure la disposta compensazione delle spese in primo grado, la quale era anzi decisa anche per l’appello.

Per la cassazione di tale sentenza, propone ricorso notificato il 18 gennaio 2006 l’ing. R., con un solo articolato motivo illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui replica il Comune di Vallo della Lucania con controricorso notificato il 9 – 13 febbraio 2006.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Il ricorso del R. deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1326, 2730 e 2735 c.c., oltre che dei principi generali in tema di contratti della P.A. e degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), pure per omessa motivazione sul punto decisivo della controversia della stipula a distanza del contratto, a base della domanda del professionista, che deduceva di avere accettato l’incarico a lui conferito con missiva del 2 dicembre 1978 a firma del sindaco, che costituiva, a suo avviso, valida proposta scritta dell’ente locale.

Con detto documento era partecipata all’ing. R. la delibera in corso di esame dagli organi di controllo, con cui la G.M. lo aveva incaricato “della relazione e preventivo di spesa concernenti le urgenti opere e suppellettili per il locale palazzo di giustizia”; ad avviso del ricorrente l’atto conferiva l’incarico iniziale dei lavori per cui era preteso il compenso.

La Corte d’appello, dopo avere erroneamente negato che l’atto fosse sottoscritto dal sindaco, affermando che la firma era di un ignoto funzionario solo per avere l’amministratore sottoscritto la lettera con un tratto grafico che copriva la qualifica, ha escluso il fatto incontestato della provenienza dall’organo rappresentativo del Comune di Vallo della Lucania della lettera di incarico.

In quanto il documento riportava la volontà dell’ente locale di concludere il contratto, esso fu ritenuto valida proposta contrattuale dal ricorrente, ai sensi dell’art. 1326 c.c., comma 1, rilevante perchè gli scambi di missive tra professionista ed ente locale si sono ritenuti idonei a integrare il contratto (si cita:

Cass. 26 marzo 2002 n. 4290).

La Corte, denegato che il documento prodotto costituisse confessione della conclusione del contratto di prestazione d’opera professionale, ha insistito sulla stessa linea anche in relazione alle altre risultanze documentali comprovanti per il professionista il rapporto di prestazione d’opera a base del ricorso per decreto ingiuntivo.

Tali prove erano costituite dalla richiesta di altre tre copie del progetto esecutivo da sottoporre al Ministero della giustizia per il parere (doc. 7), dall’invio di copia della nota di detto Ministero al Comune, per sollecitare il professionista informandolo delle richieste della amministrazione centrale (doc. 8), dalla nota di comunicazione di quanto disposto dal provveditorato alle opere pubbliche per la statica delle strutture (doc. 9), dalla trasmissione di lettera del Ministero per ottenere il finanziamento della costruzione del 111 piano del Palazzo di giustizia ristrutturato, in realtà mai realizzato (doc. 10).

In rapporto a tali atti, la Delib. G.M. 7 agosto 1989, n. 1989, aveva approvato il progetto esecutivo dei lavori di ampliamento del palazzo di giustizia, redatto dall’ing. R. (doc. 12) e mai eseguito;

tale progetto risultava controfirmato per l’approvazione anche dai presidenti degli uffici giudiziari di Vallo e dal presidente della Corte d’appello di Salerno.

Di tale ampia documentazione nessun conto si era tenuto dalla Corte d’appello nella sentenza impugnata, che neppure aveva rilevato che, dallo stesso mandato al difensore emergeva chiaro il riconoscimento del rapporto obbligatorio e del contratto concluso dalle parti, costituente titolo per il R. per ottenere il pagamento negato nel merito.

L’ente locale controricorrente ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso, perchè, pur denunciando il mancato rilievo di proposta contrattuale della missiva del 2 dicembre 1978 del Comune di Vallo della Lucania, afferma l’errore della Corte d’appella sulla firma della missiva che per la stessa proveniva da un ignoto funzionario, ma omette di censurare l’affermazione della Corte d’appello in ordine al fatto che la missiva comunque non era idonea a costituire valida proposta di contratto di prestazione d’opera intellettuale all’ing. R..

2. Il ricorso è infondato, dovendosi escludere che non si sia censurata la motivazione della sentenza di merito per la parte in cui denegava la idoneità della missiva del 2 dicembre 1978, a firma del sindaco, di costituire una valida proposta contrattuale inviata per iscritto al professionista, cui si sarebbe data una risposta con missiva scritta, costituente accettazione dell’incarico, provata pure dai molti documenti prodotti, tutti comprovanti la esecuzione dell’incarico professionale, ad opera dell’ing. R. e in favore dell’ente locale.

Peraltro è ormai giurisprudenza consolidata di questa Corte, quella per la quale “I contratti conclusi dalla P.A., richiedendo la forma scritta “ad substantiam” (quindi con esclusione di qualsivoglia manifestazione di volontà implicita o desumibile da comportamenti meramente attuativi), devono essere consacrati in un unico documento – nel quale siano indicate le clausole disciplinanti il rapporto e la volontà dell’amministrazione sia manifestata dall’organo rappresentativo dell’ente – salvo che la legge non autorizzi espressamente la conclusione a distanza, a mezzo di corrispondenza, come nell’ipotesi eccezionale, prevista nel R.D. 18 novembre 1923, n. 2240, art. 17, di contratti conclusi con ditte commerciali” (Cass. 26 marzo 2009 n. 7297, S.U. 22 marzo 2010 n. 6827 e Cass. 1 aprile 2010 n. 8000). Tale giurisprudenza che esclude possano concludersi contratti a distanza, ai sensi dell’art. 1326 c.c., per gli enti locali al di fuori dei casi consentiti dalla legge, si è applicata costantemente anche con riferimento agli incarichi di prestazione d’opera professionale (così Cass. 10 agosto 2007 n. 17650, 6 luglio 2007 n. 15296, 26 gennaio 2007 n. 1752); pertanto il ricorso è infondato per la parte in cui pretende dimostrare la validità di un contratto che è invece inattuabile per la P.A., con conseguente assorbimento di ogni questione in ordine ai comportamenti tenuti dalle parti in causa e al valore probatorio dei documenti costituenti atti unilaterali, spesso a rilevanza solo interna, inidonei a dar luogo alla fattispecie di cui all’art. 1326 c.c., non potendo concludersi il contratto che avrebbe dovuto costituire titolo dell’azione di pagamento dell’ing. R., se non in un unico documento nella forma scritta imposta dalla legge a pena di nullità.

3. Non essendo contestato che almeno per la parte relativa alla relazione e al progetto la prestazione professionale fu eseguita in favore dell’ente locale, pur se rimase inattuata, in quanto non si procedette al restauro e recupero del vecchio palazzo di giustizia, di cui al preteso incarico su cui si fondarono le domande del professionista in questa sede, preferendosi realizzare una struttura totalmente nuova, appare equo, in eccezionale deroga alla regola della soccombenza, compensare anche le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2011

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