Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22540 del 07/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/11/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 07/11/2016), n.22540

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13827/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERROTORIO, (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTIGHESI 12, presso l’AVVOCATURA DENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

N.N.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

ANAPO 20, presso lo studio dell’avvocato CARLA RIZZO, rappresentato

e difeso dall’avvocato ALDO PACI, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 127/30/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della Sicilia del 16/12/2014, depositata il 15/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di N.N.R. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia n. 127/39/2015, depositata in data 15/01/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza del contribuente (medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale) di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 2005 al 2008 e stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere l’appello del contribuente, dichiarata cessata la materia del contendere in relazione al rimborso richiesto per l’anno 2007 (avendo lo stesso contribuente riconosciuto di non avere versato alcuna imposta a titolo IRAP in quell’anno), hanno sostenuto, quanto agli anni restanti, che era dovuto il rimborso dell’IRAP versata, non essendosi il medico avvalso di una struttura autonomamente organizzata, avendo impiegato, per il solo anno 2005, una lavoratrice dipendente, con mansioni, come dichiarato dallo stesso, di “addetta alla porta ed ai servizi di pulizia”, corrispondendole “Euro 1.437,00”, indice questo della “natura occasionale” delle prestazioni.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con i due motivi, la violazione c/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 e art. 3, comma 1, lett. c), avendo la C.T.R. giudicato irrilevante, ai fini dell’esclusione dei presupposti dell’imposta in esame, la presenza di personale dipendente, risultante non solo per l’anno 2005 ma anche per l’anno 2006, cd, ex art. 360 c.p.c., n. 4, degli artt. 115 e 116 c.p.c., non avendo la C.T.R. vagliato il corredo probatorio offerto dall’ufficio. La stessa ricorrente precisa che, quanto all’anno 2008, non intende proseguire nel contenzioso, stante l’assenza di personale dipendente.

2. Le censure, da esaminare congiuntamente, sono infondate.

Questa Corte a Sezioni Unite (Cass. n. 9451/2016) ha affermato il seguente principio di diritto: “Con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma – previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente ricorre quando il contribuente; a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un Collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”.

Secondo la Corte “lo stesso limite segnato in relazione ai beni strumentali – “eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione” – non può che valere, armonicamente, per il fattore lavoro, la cui soglia minimale si arresta all’impiego di un collaboratore”, il cui apporto, “mediato o generico”, all’attività svolta dal contribuente si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive.

Nella specie, la ricorrente incentra i motivi proprio sulla asserita mancata corretta valutazione da parte della C.T.R. dell’apporto dato al professionista dal dipendente, soltanto per gli anni 2005 e 2006.

La decisione della C.T.R. è invece sostanzialmente conforme al principio di diritto da ultimo affermato dalle Sezioni Unite, in quanto viene affermata la irrilevanza delle spese per lavoro dipendente, in funzione dell’attività professionale del medico generico convenzionato con il SSN, essendosi accertato che, nella specie, valutati l’entità del compenso erogato e quanto affermato dal contribuente, si era nell’ambito “dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”.

Vero che, quanto all’anno 2006, nella decisione impugnata si afferma che non risultano “dipendenti impiegati”, mentre lo stesso controricorrente riconosce di avere, anche per detto anno, dichiarato nel proprio Mod. 770 un costo di lavoro dipendente di complessivi Euro 467,00″, ma non vi è dubbio, tenuto conto dell’esiguità del compenso, che si sia trattato, anche per detto anno, di un dipendente con mansioni meramente esecutive.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

In considerazione delle questioni di diritto trattate (sulle quali vi è stata recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte), ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Non sussistono i presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte della ricorrente, poichè il disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, non si applica all’Agenzia delle Entrate (Cass. SSUU 9938/2014).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2016

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