Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2254 del 30/01/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 30/01/2017, (ud. 22/11/2016, dep.30/01/2017),  n. 2254

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30274-2011 proposto da:

N.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO DE

NISCO, giusta delega in atti;:

– ricorrente –

contro

COMUNE DI GROSSETO, c.f. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BASSANO DEL GRAPPA

24, presso lo studio dell’avvocato MICHELE COSTA, rappresentato e

difeso dall’avvocato UMBERTO GULINA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1278/2010 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 24/11/2010 R.G.N. 1486/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/11/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA DI PAOLANTONIO;

udito l’Avvocato COSTA MICHELE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di Appello di Firenze ha respinto l’impugnazione proposta da N.M. avverso la sentenza del Tribunale di Grosseto che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione quanto alle pretese fatte valere nei confronti del Comune di Grosseto per il periodo antecedente al 1 luglio 1998 e, per quello successivo, aveva rigettato nel merito le domande, fondate sull’asserito svolgimento di mansioni superiori rispetto a quelle proprie del livello di inquadramento.

2 – La Corte territoriale ha confermato la pronuncia, quanto al difetto di giurisdizione del giudice ordinario, rilevando che nella fattispecie non era configurabile un illecito permanente. Ha, poi, evidenziato che correttamente il Tribunale aveva respinto la domanda per la assoluta genericità delle allegazioni, in quanto il ricorrente nell’atto introduttivo non aveva indicato nel dettaglio le mansioni in concreto svolte e non aveva specificato quali fossero le declaratorie contrattuali riferibili al suo livello di inquadramento e quali quelle del diverso profilo professionale rivendicato. Ha ritenuto “illuminante” in tal senso il tenore delle conclusioni del ricorso, con il quale il N. aveva fatto riferimento alle “superiori mansioni di assistente amministrativo, ovvero di funzionario amministrativo, ovvero di istruttore direttivo, ovvero di direttore amministrativo”.

3 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso N.M. sulla base di un unico motivo, articolato in più punti. Il Comune di Grosseto ha resistito con tempestivo controricorso, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – L’unico motivo di ricorso denuncia “omessa, carente e/o contraddittoria motivazione”. Sostiene il ricorrente che le conclusioni alle quali è pervenuta la Corte territoriale si fondano su una lettura parziale e non corretta dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado nel quale erano stati indicati livello di inquadramento e qualifica e si era anche precisato che lo svolgimento delle mansioni superiori era da ricollegare agli incarichi di segretario della 4^ Commissione Consiliare e di Direttore Amministrativo dell’Istituto Musicale Comunale. Aggiunge che i contratti collettivi erano stati richiamati nelle note del ricorso introduttivo, erano stati prodotti su supporto informatico ed il ricorrente si era riservato la produzione cartacea integrale, ove ritenuta necessaria ai fini della decisione.

2 – Il ricorso è inammissibile.

Il giudice di appello ha innanzitutto richiamato il costante insegnamento di questa Corte (cfr. fra le più recenti Cass. 22.2.2016 n. 3421; Cass. 28.4.2015 n. 8589; Cass. 16.2.2010 n. 3605) secondo cui nel procedimento logico – giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato non si può prescindere da tre fasi successive, ossia: accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte; individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria; raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda.

Da ciò ha tratto la condivisibile conseguenza della necessità di misurare su detto procedimento logico giuridico il contenuto degli oneri di allegazione e di prova gravanti sul lavoratore, il quale è tenuto a fornire al giudice tutti gli elementi necessari a consentire la valutazione da compiersi nei termini sopra indicati.

La domanda è stata conseguentemente respinta perchè il N. nel ricorso di primo grado e nell’atto di appello non aveva descritto quali fossero le mansioni espletate in concreto nel periodo successivo al 30 giugno 1998; non aveva indicato il livello di inquadramento;non aveva specificato quali fossero i caratteri distintivi della categoria o del livello rivendicato; non aveva prodotto i contratti collettivi succeduti nel tempo.

Il ricorrente, per censurare la pronuncia di rigetto, si limita a rilevare che in realtà i contratti collettivi erano stati richiamati nelle note e prodotti su supporto informatico; che la pretesa era stata avanzata in relazione alle funzioni di segretario della 4^ commissione consiliare nonchè a quelle di direttore amministrativo dell’Istituto Musicale Comunale; che la qualifica di inquadramento era stata espressamente indicata.

Si tratta di deduzioni che non valgono a contraddire quanto sottolineato dalla Corte territoriale in ordine alla mancanza di dettagliata allegazione delle mansioni svolte in concreto, posto che la mera indicazione della funzione ricoperta è cosa diversa dalla descrizione delle attività e dei compiti connessi alla funzione medesima, i quali soli rilevano ai fini del giudizio di cui sopra si è detto, finalizzato ad accertare il livello di professionalità che le mansioni in concreto svolte esprimono.

Il motivo è, pertanto, inammissibile perchè la censura, anche a voler prescindere dalla improprietà della formulazione della rubrica, è priva della necessaria specificità imposta dall’art. 366 c.p.c., n. 4, che implica la riferibilità al decisum e la necessità di contestare lo stesso mediante deduzioni che si contrappongano a tutte le ragioni poste a fondamento della pronuncia.

3 – Deve essere, pertanto, dichiarata la inammissibilità del ricorso, alla quale consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2017

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