Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22536 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. II, 16/10/2020, (ud. 14/07/2020, dep. 16/10/2020), n.22536

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24372-2019 proposto da:

E.M., rappresentato e difeso dall’avvocato RENATO GERVASONI,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, 2020 che lo rappresenta e difende

ope legis;

– resistente –

avverso il decreto di rigetto n. 3526/2019 del TRIBUNALE di BRESCIA,

depositato il 03/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/07/2020 dal Consigliere SERGIO GORJAN.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

E.M. – cittadino della Nigeria – ebbe a proporre ricorso avanti il Tribunale di Brescia avverso la decisione della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Brescia sez. Bergamo che aveva rigettato la sua istanza di protezione internazionale in relazione a tutti gli istituti previsti dalla relativa normativa.

Il ricorrente deduceva d’aver dovuto lasciare il suo Paese poichè suo padre era sacerdote di un culto locale mentre egli venne allevato dalla madre nella religione cristiana, sicchè, alla morte del padre, egli rifiutò il suo posto nel culto locale e di conseguenza gli adepti iniziarono a perseguitarlo, anche giungendo ad uccidere il cugino.

Il Tribunale lombardo ebbe a rigettare il ricorso ritenendo la vicenda personale narrata dal ricorrente non credibile; non sussistente nello Stato nigeriano di provenienza del richiedente asilo una situazione socio-politica caratterizzata da violenza diffusa e non concorrenti ragioni fattuali di vulnerabilità, sicchè anche la volontà d’integrazione nella società italiana non era dato sufficiente per accogliere la domanda di protezione umanitaria.

Il richiedente asilo ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento del Tribunale articolato su tre motivi.

Il Ministero degli Interni, ritualmente evocato, ha depositato solo nota ex art. 370 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso svolto da E.M. appare siccome inammissibile a sensi dell’art. 360 bis c.p.c. – siccome la norma ricostruita ex Cass. SU n 7155/17 -. Con la prima ragione di doglianza l’ E. lamenta nullità del decreto impugnato a sensi dell’art. 360 C.P.C., nn. 4 e 5 in quanto il Collegio bresciano non ebbe a pronunciarsi sul suo ricorso.

Osserva il ricorrente come il Tribunale ebbe a fondare la sua decisione solamente sulle dichiarazioni da lui rese – per altro travisandole – senza procedere all’esame e degli altri elementi probatori introdotti in causa e delle allegazioni e deduzioni presenti nel ricorso introduttivo.

Inoltre ad opinione dell’ E. il provvedimento emesso dal Collegio lombardo risulta viziato da affermazioni logicamente incompatibili tra di loro, erronea rappresentazione di circostanze incontestabili, omessa valutazione di fatti storici documentati in causa, quale l’errato riferimento alle conclusioni adottate dal P.M.. La critica si compendia in realtà nella mera contestazione della valutazione della credibilità del narrato reso dal richiedente asilo siccome effettuata dal Tribunale, contrapponendo propria tesi alternativa, fondata sulle allegazioni presenti nel ricorso giudiziario modificative od integrative delle dichiarazioni rese in sede di audizione.

Viceversa il Collegio lombardo ha puntualmente richiamata la versione resa dal richiedente asilo quale fonte privilegiata di conoscenza poichè le vicende – in tesi – vissute da lui in prima persona, operando a sensi dell’art. 116 c.p.c. la valutazione affidata al prudente apprezzamento del Giudice tra gli elementi di prova addotti in causa, rispetto alle affermazioni modificative portate nel ricorso del richiedente asilo all’evidente fine di superare le palesi incongruenze ed illogicità del suo narrato originale.

Inoltre, citando all’uopo informazioni desunte da rapporti redatti da Organismi internazionali interessati al tema, il Tribunale ha evidenziato come la successione nel ruolo di sacerdote nei culti tradizionali avviene mediante apposito procedimento iniziatico esoterico e, non già, sulla mera base di successione ereditaria e tale accertamento non risulta specificatamente contestato in ricorso mediante indicazione di fonti privilegiate dalle quali desumere una ricostruzione contraria rispetto a quella operata dal Tribunale.

L’argomento critico svolto col mezzo d’impugnazione si fonda sulle modifiche – mirate a sanare le incongruenze ed illogicità richiamate dai Giudici – svalutando invece la versione originaria resa dall’ E. – così inammissibilmente chiedendo a questa Corte di legittimità un apprezzamento circa il merito della controversia. Con il secondo mezzo d’impugnazione proposto il ricorrente deduce la violazione delle norme D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 115 c.p.c. poichè il Collegio bresciano ha errato nell’applicare il principio – pur riconosciuto – dell’onere della prova attenuato e nello svalutare le prove documentali dimesse sulla sola scorta delle dichiarazioni da lui rese a giustificazione della sua decisione di espatriare.

Anche detta censura s’appalesa siccome inammissibile poichè si fonda sull’apodittica contestazione della negativa valutazione del narrato e sulla denunzia di mancato approfondimento degli elementi documentali versati in atti, mediante l’utilizzo dell’istituto della collaborazione istruttoria, senza considerare che la statuizione sull’attendibilità rende superflua il chiesto approfondimento istruttorio officioso – Cass. sez. 1 n 10286/20 -.

Difatti il Tribunale ha – come dianzi già indicato – partitamente esaminato il narrato reso dal richiedente asilo e ritenuto di giudicare – quale fonte probatoria privilegiata – sulla base di dette dichiarazioni sicchè la mera contestazione di una diversa e successiva versione emendata si risolve nella richiesta di un apprezzamento circa il merito della lite.

Inoltre una volta motivatamente ritenuto il racconto non credibile dai primi Giudici, anche gli elenienti documentali di contorno non già afferenti in modo specifico ai fatti narrati dal richiedente asilo siccome a lui accaduti, bensì relativi ad elementi di conforto – ad esempio foto di persona indicata quale suo cugino a terra per dimostrane la morte, fatto questo che risulta appositamente valutato dal Tribunale sulla scorta della partita analisi del racconto reso dall’ E. – appaiono irrilevanti poichè anodini al riguardo.

Con il terzo mezzo d’impugnazione l’ E. lamenta violazione della norma D.P.R. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6 in quanto il Collegio bresciano, pur avendo ritenuto rilevante la prova dell’inserimento sociale, ha ridotto l’istituto alla mera tutela di soggetto vulnerabile.

La censura mossa circa la statuizione di rigetto dell’istanza di godere della protezione umanitaria risulta generica eppertanto inammissibile poichè enfatizza, quale elemento all’uopo bastevole, la volontà d’inserimento sociale a discapito della situazione di vulnerabilità, mentre per consolidata giurisprudenza – Cass. SU n 29459/19 -, la valutazione deve esser complessiva ossia fondata su ambedue le situazioni rilevanti.

E puntualmente il Collegio bresciano ha rilevato come non concorressero condizioni di vulnerabilità nè oggettiva nè soggettiva in capo al ricorrente e puntualizzato come la sola volontà di inserimento sociale non è dato decisivo dovendosi procedere a valutazione complessiva di tutti gli elementi dianzi citati, così pervenendo alla statuizione di rigetto contestata.

Pertanto l’elaborazione di un apprezzamento di detti fattori, siccome fatto in ricorso, meramente contrapposto alla motivata statuizione del Tribunale appare sollecitare a questa Corte di legittimità un’inammissibile valutazione circa il merito della questione.

Alla declaratoria d’inammissibilità dell’impugnazione non segue, ex art. 385 c.p.c., la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità in favore dell’Amministrazione poichè depositata mera nota ex art. 370 c.p.c.

Concorrono in capo al ricorrente le condizioni processuali per l’ulteriore pagamento del contributo unificato.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso, nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza in camera di consiglio, il 14 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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