Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22532 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 27/09/2017, (ud. 11/07/2017, dep.27/09/2017),  n. 22532

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. DI GERONIMO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4403-2014 proposto da:

COMUNE DI TARANTO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA BARONIO

54/A, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO BARBERIO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ IMMOBILI ED ALBERGHI MODERNI SPA, elettivamente domiciliato

in ROMA VIA GERMANICO 109, presso lo studio dell’avvocato ATTILIO

SEBASTIO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

SOGET SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 112/2013 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

TARANTO, depositata il 07/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/07/2017 dal Consigliere Dott. PAOLO DI GERONIMO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

1. il Comune di Taranto impugnava la sentenza n.112/29/2013 con la quale la CTR per la Puglia, decidendo sull’appello proposto dalla società contribuente, annullava l’ingiunzione di pagamento emessa con riferimento alla TARSU dovuta per l’annualità 2007;

2. la sentenza oggetto di impugnazione disapplicava la delibera di determinazione delle tariffe, adottata dal Commissario straordinario del Comune di Taranto, ritenendola priva di motivazione, nonchè viziata in quanto emessa dal Commissario nell’esercizio dei poteri della giunta comunale, anzichè del Consiglio comunale;

3. avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il Comune di Taranto articolando due motivi, cui resiste la società contribuente con controricorso.

Considerato che:

1. con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione del D.Lgs. n. 503 del 1992, artt. 65, 68 e 69, in relazione alla L. n. 241 del 1990, art. 3, in quanto la CTR avrebbe erroneamente ritenuto che la differenziazione della tariffa, prevista per le strutture alberghiere, non sarebbe stata supportata da adeguata motivazione, con conseguente disapplicazione della delibera commissariale n. 648/07;

1.2. il motivo è fondato, atteso che la giurisprudenza in materia ha affermato che “è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime: la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce infatti un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’ente impositore; i rapporti tra le tariffe, indicati dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 69, comma 2, tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera, non vanno d’altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica” (Cass. n.5722 del 2007; Sez.un., n.8272 del 2008 e successive conformi, da ultimo Cass., ord. n.25214 del 2016);

1.3. acclarata la legittimità della differenziazione della tariffa per le strutture alberghiere, la CTR ha errato nell’annullare la delibera sul presupposto dell’omessa motivazione, atteso che per consolidata giurisprudenza, cui va data continuità, “In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui al D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 65, poichè la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post, di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili” (Cass., n.7044 del 2014, Rv.629885; Cass., n. 8336 del 2015, Rv. 635572; Cass., n.22804 del 2006, Rv.595463); ne consegue che la CTR ha fatto malgoverno del potere di disapplicazione, di cui al D.Lgs. 546 del 1992, art. 7;

2. con il secondo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, artt. 141,244 e 245, in quanto la CTR ha ritenuto che la delibera del Commissario straordinario poteva essere adottata unicamente in sostituzione del Consiglio comunale, mentre il Commissario avrebbe agito in sostituzione della Giunta; sostiene il ricorrente che il Commissario straordinario, avendo assunto i poteri di entrambi gli organi comunali, aveva il potere di deliberare in merito alla tariffa TARSU, essendo irrilevante che in concreto abbia dichiarato di agire in sostituzione dell’uno o dell’altro organo;

2.1. il motivo è fondato atteso che ove pure si ritenesse, come fatto dalla CTR, vincolante l’indicazione dell’organo in sostituzione del quale il Commissario ha deliberato, andava ugualmente ravvisata la legittimità dell’atto;

2.2. in base alla più recente e condivisibile giurisprudenza, infatti, occorre distinguere i poteri della giunta e quelli del consiglio comunale a seconda del contenuto dell’atto assunto in materià di imposizione fiscale; si è chiarito che “In tema di TARSU, nella vigenza della L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 32, comma 2, lett. g), la concreta determinazione delle aliquote delle tariffe per la fruizione di beni e servizi (nella specie, tariffe di diversificazione tra esercizi alberghieri e locali adibiti a uso abitazione) è di competenza della giunta e non del consiglio comunale poichè il riferimento letterale alla “disciplina generale delle tariffe” contenuto nella disposizione, contrapposto alle parole “istituzione e ordinamento” adoperato per i tributi, rimanda alla mera individuazione dei criteri economici sulla base dei quali si dovrà procedere alla loro determinazione, e, inoltre, i provvedimenti in materia di tariffe non sono espressione della potestà impositiva dell’ente, ma sono funzionali all’individuazione del corrispettivo del servizio da erogare, muovendosi così in un’ottica di diretta correlazione economica tra soggetto erogante ed utenza, estranea alla materia tributaria” (Cass., n.8336 del 2015, Rv. 635572; Cass., n.360 del 2014, Rv.629152; Cass., n.11961 del 2016);

2.3. le conclusioni cui si è giunti nel vigore del D.Lgs. n. 142 del 1990 vanno confermate anche a seguito dell’introduzione del TUEL, atteso che il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 42, comma 2, lett. f), contiene una disposizione sostanzialmente sovrapponibile a quella previgente, la norma in esame, infatti, riserva al Consiglio solo la “istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote”, esplicitando ulteriormente – rispetto al previgente L. n. 142 del 1990, art. 32, comma 2, lett. g), – che la determinazione delle tariffe esula dalla competenza del Consiglio comunale;

2.4. l’accoglimento del motivo di ricorso formulato dal ricorrente in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, sia pur con riferimento ad un profilo diverso ed ulteriore rispetto a quello prospettato, rientra nei poteri della cassazione, in ragione della funzione del giudizio di legittimità di garantire l’osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonchè per analogia con quanto prevede la norma di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2; per consolidata giurisprudenza, infatti, nell’esercizio del potere di qualificazione in diritto dei fatti, la Corte di cassazione può ritenere fondata la questione, sollevata dal ricorso, per una ragione giuridica diversa da quella specificamente indicata dalla parte e individuata d’ufficio, con il solo limite che tale individuazione deve avvenire sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito ed esposti nel ricorso per cassazione e nella stessa sentenza impugnata, senza cioè che sia necessario l’esperimento di ulteriori indagini di fatto, fermo restando, peraltro, che l’esercizio del potere di qualificazione non deve inoltre confliggere con il principio del monopolio della parte nell’esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto, con la conseguenza che resta escluso che la Corte possa rilevare l’efficacia giuridica di un fatto solo se ciò comporta la modifica della domanda per come definita nelle fasi di merito o l’integrazione di una eccezione in senso stretto (Cass. n. 6935 del 2007, Rv.597297; Cass. n. 3437 del 2014, Rv. 629913);

2.5. alla luce di tali considerazioni, la sentenza impugnata va annullata, avendo erroneamente ritenuto che la competenza a stabilire le tariffe TARSU spettasse al Consiglio anzichè alla Giunta, peraltro, nello specifico caso esaminato, essendo entrambi gli organi sostituiti dal Commissario straordinario, la distinzione risulterebbe meramente nominalistica;

2.6. non sussistendo ulteriori accertamenti di merito da svolgere, la controversia può essere decisa nel merito, con conseguente rigetto del ricorso proposto dalla contribuente avverso l’ingiunzione di pagamento emessa dal Comune di Taranto per la TARSU 2007;

3. le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombehza, mentre per il giudizio di merito vanno compensate atteso che la giurisprudenza si è consolidata in corso di causa.

PQM

 

La Corte, accoglie il ricorso, annulla la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso proposto dalla contribuente avverso l’ingiunzione di pagamento emessa dal Comune di Taranto per la TARSU 2007;

condanna la controricorrente al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge; compensa le spese del giudizio di merito.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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