Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22530 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. III, 16/10/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 16/10/2020), n.22530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32097/2019 proposto da:

A.B., nato in (OMISSIS), rappresentato e difeso

dall’avv.to Maria Monica Bassan,

(maria.bassa.ordineavvocatipadova.it) con studio in Padova via M.

Buonarroti n. 2 int. 3, giusta procura speciale allegata al ricorso,

e domiciliato in Roma piazza Cavour presso la cancelleria civile

della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3341/2019 della Corte d’Appello di Venezia

depositata il 16.08.2019.

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30.06.2020 dal Cons. Antonella Di Florio.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. A.B., cittadino del Gambia, ricorre affidandosi a quattro motivi per la cassazione della sentenza delle Corte d’Appello di Venezia che aveva dichiarato inammissibile l’appello avverso l’ordinanza del Tribunale che aveva respinto la domanda da lui proposta per ottenere, in via gradata, il riconoscimento della protezione internazionale nelle forme previste dalla legge.

2. Per ciò che interessa in questa sede, egli ha narrato a sostegno della sua domanda di aver lasciato il proprio Paese a causa delle condizioni disumane di detenzione alle quali era stato sottoposto a seguito di una denuncia per furto sporta dalla matrigna nei suoi confronti: ha aggiunto che era stato accusato falsamente di aver rubato i soldi ricavati dalla vendita di un terreno e che, in caso di rientro in patria, rischiava di essere arrestato sia per il furto che per l’evasione.

3. Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente chiedendo soltanto di poter partecipare all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 348 ter c.p.c., comma 1 e art. 348bis c.p.c..

1.1 Premesso che la Corte territoriale aveva ritenuto inammissibile l’appello per tardività, assume che la sentenza era stata emessa in base ad una erronea interpretazione delle norme sopra indicate: deduce che alla prima udienza la Corte, ritenuto di non dover applicare l’art. 348bis c.p.c., aveva rinviato per l’ulteriore trattazione, e che l’udienza fissata era stata anticipata senza rinnovazione della notifica alla controparte, con palese violazione dell’art. 183 c.p.c., comma 4: la causa, infatti, era stata decisa senza instaurazione del contraddittorio con violazione dell’art. 111 Cost..

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, ancora, la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per carenza di motivazione in merito alla sua credibilità.

3. Con il terzo motivo, infine, si deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3 e art. 14, lett. b) e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis per mancato riconoscimento della protezione sussidiaria.

4. Con il quarto motivo, infine, lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 ovvero, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1, lett. h-bis per mancata valutazione della situazione del suo Paese di origine in relazione al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

5. Il primo motivo, fondato su una erronea interpretazione degli artt. 348bis e ter, non attacca la ratio decidendi della pronuncia ed è pertanto inammissibile.

5.1. Infatti, a fronte della dichiarazione di tardività dell’appello per superamento dei termini previsti, la censura si appunta sull’omessa costituzione del contraddittorio da parte della Corte territoriale per la trattazione della controversia: pacifiche le scansioni temporali riportate, infatti, il ricorrente assume che i giudici d’appello dopo aver rinviato la controversia per la trattazione ” disponendo un mutamento di rito”, avevano anticipato l’udienza di discussione, omettendo di provvedere alla rinnovazione della notificazione alla controparte della fissazione dell’udienza, ex art. 183 c.p.c., comma 4.

5.2. Ora, premesso che, ove il giudice d’appello non riscontrando le condizioni per pronunciare, l’inammissibilità dell’impugnazione ex art. 348 bis c.p.c. (e cioè prevedendo che non vi sia una ragionevole probabilità che essa venga accolta) proceda alla trattazione della causa, non dispone in tal modo un mutamento di rito ma rimane nell’ambito del processo impugnatorio ordinario, si osserva che nessuna notificazione alla controparte deve essere effettuata per la trattazione della causa che procede sulla base di un contraddittorio già instaurato ab origine: e, vale solo la pena di rilevare che nel verbale dell’udienza dell’1.7.2019 (in cui la controversa è stata ritenuta in decisione: cfr. doc. 6, successivo a quello del 7.1.2019 – doc. 5) prodotti in questa sede) si dà atto della presenza della parte ricorrente, circostanza che rende il rilievo, anche per tale ragione, del tutto inconducente.

5.3. A ciò consegue che la Corte territoriale che aveva rinviato per la trattazione ritenendo che non sussistessero i presupposti per una pronuncia ex art. 348bis c.p.c., legittimamente ha disposto l’anticipazione dell’udienza (con regolari avvisi ad entrambe le parti) ed altrettanto legittimamente ha deciso la controversia, riscontrando un’ulteriore e diversa forma di inammissibilità derivante dalla affermata tardività dell’impugnazione e dal conseguente passaggio in giudicato della sentenza: decisione questa che, rispetto alla propria ratio, non risulta oggetto di censura ed è pertanto rimasta intonsa, divenendo definitiva (cfr. al riguardo Cass. 20861/2018; Cass. 10422/019).

5.4. Per tale ragione, il motivo – che prospetta un vizio inesistente ed oltretutto estraneo alle ragioni della decisione – deve ritenersi inammissibile, impedendo con ciò a questa Corte di esaminare le restanti censure proposte, in ragione del passaggio in giudicato della statuizione di inammissibilità non impugnata.

6. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

7. Non è luogo a provvedere sulle spese, attesa la indefensio dell’amministrazione.

8. Ricorrono i presupposti processuali per il pagamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), se dovuto.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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