Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2253 del 31/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/01/2011, (ud. 07/12/2010, dep. 31/01/2011), n.2253

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – rel. Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30628-2006 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. MORDINI

14 presso lo studio dell’avvocato GRAZIANI SANDRA, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GRAZIANI ENRICO, giusta delega in

calce;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE

UFFICIO DI ROMA (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 86/2005 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 23/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/12/2010 dal Presidente e Relatore Dott. ANTONIO MERONE;

udito per il ricorrente l’Avvocato GRAZIANI SANDRA, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI NICOLA, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

Il sig. B.G. ha impugnato una cartella di pagamento, con la quale gli veniva intimato il versamento dell’imposta complementare invim per l’importo complessivo di Euro 8.280,08, relativa alla vendita di un immobile da suo padre, B. F., ai fratelli dello stesso.

A sostegno del ricorso introduttivo, il contribuente eccepiva di non aver mai ricevuto la notifica di alcun avviso di accertamento o di liquidazione, relativo alla imposta richiesta e che, comunque, a causa del tempo trascorso, il credito vantato dall’Erario doveva considerarsi prescritto.

La Commissione tributaria provinciale adita ha accolto il ricorso. La Commissione tributaria regionale, invece, ha accolto l’appello dell’Ufficio.

Il sig. B. ricorre oggi contro l’Amministrazione finanziaria, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, sulla base di due motivi.

La parte intimata non ha svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

Il ricorso non può trovare accoglimento.

Con il primo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65 e art. 137 e segg. c.p.c., il sig. B. ribadisce la tesi della mancata rituale notifica dell’atto presupposto. In particolare eccepisce che “La notifica dell’avviso di liquidazione è difatti nulla ed insanabile con conseguente nullità di tutti gli atti successivi non essendo stata eseguita nei confronti degli eredi singolarmente” (p. 10 dell’odierno ricorso).

Rileva il Collegio che la censura attiene al merito della notifica dell’atto a seguito del quale è stato poi notificata la cartella di pagamento, oggetto dell’odierno giudizio. Quindi trattasi di questione di fatto improponibile in questa sede. La censura di violazione di legge, prospettata dal ricorrente, tende ad ottenere una inammissibile rivalutazione della legittimità della procedura relativa alla notifica dell’atto di accertamento, che attiene alla fase procedurale amministrativa.

La difesa del ricorrente eccepisce altresì che, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, non si è mai formato un giudicato favorevole all’Erario sulla pretesa tributaria in questione. Il rilievo però, al pari del precedente, attiene al merito, anche perchè fa leva anch’esso sulla pretesa illegittimità della procedura di notifica dell’atto presupposto.

Il ricorrente denuncia poi altri errori di fatto relativi alla identificazione dei destinatari della notifica dell’atto presupposto, che sono tipici vizi revocatori.

Le censure prospettate con il primo motivo quindi sono inammissibili.

Con il secondo motivo, viene riproposta la questione della violazione della procedura di notifica prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, sotto il profilo del vizio di motivazione.

Anche il secondo motivo è inammissibile, perchè carente di autosufficienza. La difesa del contribuente lamenta un vizio di motivazione ma non offre gli elementi necessari per valutare se l’eccezione era stata ritualmente sollevata: non indica compiutamente come e quando l’eccezione sarebbe stata prospettata nei due gradi del giudizio di merito. Dal ricorso si apprende soltanto che la questione sarebbe stata sollevata nel giudizio di appello (v. p. 13 e, prima ancora, a p. 10 dell’odierno ricorso dove il ricorrente rinvia alla “p. 4, punto 2, comparsa di costituzione in 2 grado del signor B.”). Quindi, sulla base di quanto espone lo stesso ricorrente, il collegio non è in grado di valutare se effettivamente la questione fosse stata già prospettata in primo grado. Stando al ricorso, si deve ritenere che la questione della corretta notifica agli eredi sia stata sollevata soltanto in appello, in violazione del divieto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, per cui doveva essere comunque dichiarata inammissibile.

Conseguentemente, il ricorso nel suo complesso va rigettato. Non occorre procedere alla liquidazione delle spese, a carico della sola parte ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2011

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