Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2253 del 26/01/2022
Cassazione civile sez. VI, 26/01/2022, (ud. 17/12/2021, dep. 26/01/2022), n.2253
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14572-2020 proposto da:
ICCREA BANCAIMPRESA SPA, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 135 (STUDIO
LEGALITAX), presso lo studio dell’avvocato VALERIO MORETTI, che la
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI ARGELATO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA EMANUELE GIANTURCO 11, presso lo studio
dell’avvocato RITA COLLELUORI, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato CHRISTIAN GIANGRANDE;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 527/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 20/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 17/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO
DELLI PRISCOLI.
Fatto
RILEVATO
che:
la società contribuente ICCREA Bancaimpresa s.p.a. aveva concesso degli immobili siti nel comune di Argelato in locazione finanziaria ad altri soggetti: scioltisi per varie ragioni i contratti, i conduttori non riconsegnavano gli immobili, che dunque rimanevano nel possesso dei conduttori;
la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente avverso avvisi di accertamento per l’IMU relativi agli anni 2012 e 2013 per quegli stessi immobili ma la Commissione Tributaria Regionale accoglieva l’appello del comune di Argelato affermando che il pagamento dell’IMU è legato e dipende dalla durata del contratto mentre non dipende dal momento dell’eventuale riconsegna dell’immobile, cosicché con lo scioglimento dei contratti soggetto passivo dell’IMU è la società di leasing e non i conduttori. Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso la parte contribuente affidato a due motivi di impugnazione mentre il comune di Argelato si costituiva con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 8, in quanto la sentenza impugnata afferma erroneamente che con lo scioglimento del contratto di leasing la soggettività passiva a fini IMU si determina in capo alla società di leasing anche se essa non ha ancora acquisito la materiale disponibilità dell’immobile per mancata riconsegna da parte dell’utilizzatore e nonostante la norma citata stabilisca che l’IMU ha per presupposto il “possesso” dell’immobile.
Il primo motivo di impugnazione è infondato.
Secondo questa Corte, infatti:
in base al disposto di cui al D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 9, soggetto passivo dell’imposta municipale unica (IMU), in caso di risoluzione del contratto di “leasing”, torna ad essere il locatore, ancorché non abbia ancora acquisito la materiale disponibilità del bene per mancata riconsegna da parte del locatario, in quanto, ai fini impositivi, assume rilevanza non tanto la detenzione materiale del bene, bensì l’esistenza di un vincolo contrattuale che legittima la detenzione qualificata, conferendo la stessa la titolarità di diritti opponibili “erga omnes”, la quale permane fintantoché è in vita il rapporto giuridico, traducendosi invece in mera detenzione senza titolo in seguito al suo venir meno, senza che rilevi, in senso contrario, la disciplina in tema di Tributo per i servizi indivisibili (TASI), dovuta viceversa dall’affittuario fino alla riconsegna del bene, in quanto avente presupposto impositivo del tutto differente: Cass. nn. 20977 e 418 del 2021; Cass. n. 6664 del 2020; Cass. n. 29973, 25249 e 13793 del 2019).
La Commissione Tributaria Regionale si è attenuta ai suddetti principi laddove – affermando che il pagamento dell’IMU è legato e dipende dalla durata del contratto mentre non dipende dal momento dell’eventuale riconsegna dell’immobile, cosicché con lo scioglimento dei contratti soggetto passivo dell’IMU è la società di leasing e non i conduttori – ha correttamente ritenuto che la parte contribuente (locatore) fosse tenuta al pagamento dell’IMU pur nell’ipotesi, come quella di specie, in cui dopo lo scioglimento di tale contratto il conduttore non abbia riconsegnato l’immobile.
Con il secondo motivo di impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte contribuente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, in quanto la sentenza impugnata non ha erroneamente provveduto alla compensazione delle spese in quanto il contrasto giurisprudenziale esistente relativo al problema oggetto della presente lite integrava le eccezionali ragioni che sono alla base della suddetta compensazione.
Anche il secondo motivo di impugnazione è infondato.
Secondo questa Corte infatti:
ai sensi dell’art. 92 c.p.c., come risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 132 del 2014, e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte Cost., la compensazione delle spese di lite può essere disposta (oltre che nel caso della soccombenza reciproca), soltanto nell’eventualità di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti o nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni e di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92 c.p.c., comma 2, (Cass. 2 ottobre 2020, n. 21178; Cass. 18 febbraio 2019, n. 4696; Cass. 7 novembre 2019, n. 28658).
La sentenza impugnata si è attenuta ai suddetti principi laddove ha motivato la compensazione delle spese di lite in quanto la questione affrontata dalla sentenza impugnata (soggettività passiva ai fini del pagamento dell’IMU) non ha costituito né una novità assoluta (in quanto la stessa questione è stata già affrontata in precedenza dalla Corte di legittimità) né vi è stato un mutamento radicale e improvviso della giurisprudenza (che solo avrebbe potuto giustificare un affidamento nella soluzione opposta) ma solo una oscillazione giurisprudenziale che peraltro ormai si è risolta in maniera consolidata nel senso sopra illustrato.
Pertanto, infondati entrambi i motivi di impugnazione, il ricorso va conseguentemente rigettato; la condanna alle spese segue la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.300, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 dicembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2022