Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22529 del 24/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 24/09/2018, (ud. 05/07/2018, dep. 24/09/2018), n.22529

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 6485 del ruolo generale dell’anno

2017, proposto da:

N.N., (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso dagli

avvocati Alessandro Saverio Esposito (C.F.: SPS LSN 78E06 F205L) e

Gaetano Alessi (C.F.: LSS GTN 54H15 B429S);

– ricorrente –

nei confronti di:

COMUNE DI MILANO, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Sindaco, legale

rappresentante pro tempore rappresentato e difeso dagli avvocati

Ruggero Salomone (C.F.: SLM RGR 66S21 F2055) e Francesco Alessandro

Magni (C.F.: MGN FNC 69B15 H501Z);

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Milano n.

13617/2016, pubblicata in data 13 dicembre 2016;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 5 luglio 2018 dal consigliere Dott. Augusto Tatangelo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

N.N. ha agito in giudizio nei confronti del Comune di Milano per ottenere il risarcimento dei danni subiti in occasione di un incidente stradale, a suo dire causato da una buca presente nella carreggiata.

La domanda è stata rigettata dal Giudice di Pace di Milano.

Il Tribunale di Milano ha confermato la decisione di primo grado. Ricorre il N., sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso il Comune di Milano.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta. Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.

Il motivo è inammissibile, ancor prima che manifestamente infondato.

E’ in primo luogo inammissibile ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., comma 5, (disposizione applicabile alla fattispecie, avendo il giudizio di appello avuto inizio dopo il settembre 2012), in quanto la sentenza di appello ha confermato la decisione di primo grado e, in tal caso, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui dell’art. 360 c.p.c., comma 1, ai nn. 1), 2), 3) e 4).

E’ poi inammissibile anche perchè con esso il ricorrente sostanzialmente contesta accertamenti di fatto operati dal tribunale e sostenuti da adeguata motivazione (non apparente, nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico, e come tale non censurabile in sede di legittimità), e le sue censure si risolvono in una richiesta di nuova e diversa valutazione delle prove, che non è possibile nel giudizio di legittimità.

E’ comunque manifestamente infondato, in quanto i fatti di cui si assume l’omesso esame (e precisamente “lo stato dell’insidia costituita dalle fessure presenti sul manto stradale”) risultano in realtà espressamente presi in considerazione nella decisione impugnata (il Tribunale ha in effetti ritenuto che l’anomalia fosse di modestissima entità e come tale non idonea a provocare l’incidente descritto dall’attore).

2. Con il secondo motivo si denunzia “violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

Anche questo motivo è inammissibile, ancor prima che manifestamente infondato.

La rubrica di esso richiama la “violazione di norme di diritto” di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e il ricorrente deduce che la decisione impugnata violerebbe l’art. 2051 c.c..

Ma nell’esposizione del motivo di ricorso non vi è alcuna effettiva specifica censura che abbia effettivamente ad oggetto la violazione della disposizione appena richiamata: il Tribunale ha escluso la responsabilità del comune convenuto in quanto ha ritenuto non provato il nesso di causa tra la cosa in custodia, e cioè la strada sulla quale procedeva l’attore, e il danno da questi subito (nesso che, secondo il costante indirizzo di questa Corte, per il vero neanche contestato dal ricorrente, spetta all’attore danneggiato provare).

Nessuna violazione dell’art. 2051 c.c. è quindi ravvisabile nella decisione impugnata.

In realtà anche questo motivo di ricorso si risolve nella contestazione di accertamenti di fatto operati dal tribunale e sostenuti da adeguata motivazione (non apparente, nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico, e come tale non censurabile in sede di legittimità), e in una richiesta di nuova e diversa valutazione delle prove, che non è possibile nel giudizio di legittimità.

Il ricorrente di fatto si limita a ribadire che, sulla base degli elementi di prova acquisiti agli atti, avrebbe dovuto ritenersi dimostrato il nesso di causa tra la cosa e il danno.

Dunque questo motivo di ricorso presenta in definitiva i medesimi profili di inammissibilità del primo.

3. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore del comune controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 700,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2018

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