Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22526 del 16/10/2020
Cassazione civile sez. III, 16/10/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 16/10/2020), n.22526
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29846/2019 proposto da:
I.M., nato in (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv.to
Caterina Bozzoli (caterina.bozzoli.ordineavvocatipadova.it) con
studio in Padova via Trieste 49, giusta procura speciale allegata al
ricorso, e domiciliato in Roma piazza Cavour presso la cancelleria
civile della Corte di Cassazione;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1847/2019 della Corte d’Appello di Venezia
depositata il 7.5.2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30.6.2020 dal Cons. Antonella Di Florio.
Fatto
RILEVATO
che:
1. I.M., cittadino (OMISSIS), ricorre affidandosi a due motivi per la cassazione della sentenza delle Corte d’Appello di Venezia che aveva confermato l’ordinanza del Tribunale con la quale era stata respinta la domanda da lui proposta per ottenere, in via gradata, il riconoscimento delle forme di protezione internazionale previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 7 (stato di rifugiato), dal D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 (protezione sussidiaria) ed, in via subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis), in ragione del rigetto dell’istanza avanzata, in via amministrativa, dinanzi alla competente Commissione Territoriale.
1.1. Per ciò che interessa in questa sede, il ricorrente ha narrato di essere fuggito dal proprio paese in quanto, appartenente ad una famiglia di religione musulmana sunnita, si era convertito al culto sciita e temeva di essere ucciso dai propri fratelli.
1.2. Ha dedotto che nel paese di origine era presente un conflitto armato permanente: per tale ragione chiedeva che gli venissero riconosciute le forme di protezione richiesta.
2. Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1.Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame di una fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, avendo la Corte territoriale omesso di esaminare la motivazione religiosa che lo aveva portato alla fuga.
1.1. Il motivo è inammissibile ex art. 348ter c.p.c.: si osserva al riguardo che detta norma preclude la censura invocata nei casi in cui la sentenza impugnata sia, come nel caso in esame, conforme a quella di primo grado sulla base delle stesse ragioni inerenti alle questioni di fatto (cfr. al riguardo Cass. 26774/2016; Cass. 20994/2019).
2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta che non erano state liquidate le spese del secondo grado di giudizio: chiede, con argomentazione perplessa, la riforma della sentenza in punto di spese “solo laddove, nel frattempo la Corte d’Appello non abbia emesso un provvedimento autonomo”.
2.1. Il motivo è inammissibile in quanto è privo di rubrica e della specifica indicazione del vizio dedotto e delle norme violate (cfr. al riguardo Cass. 18421/2009; Cass. 11308/2014; Cass. 10072/2018; Cass. 7025/2020).
3. In conclusione, il ricorso è inammissibile.
4. L’omessa difesa del Ministero esime il Collegio dalla decisione sulle spese.
5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
PQM
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, il 30 giugno 2020.
Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020