Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22524 del 09/08/2021

Cassazione civile sez. lav., 09/08/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 09/08/2021), n.22524

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10755-2018 proposto da:

FONDAZIONE ENASARCO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO CONTI ROSSINI,

13, presso lo studio dell’avvocato IVAN CANELLI, che la rappresenta

e difende;

– ricorrente –

contro

EUROCAR ITALIA S.R.L., in persona del legale 2912 rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA SABAZIO 31,

presso lo studio dell’avvocato LUCA RUBOLINO, rappresentata e difesa

dall’avvocato MAURIZIO CONSOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4079/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/10/2017 R.G.N. 2194/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/12/2020 dal Consigliere Dott. ARIENZO ROSA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 20.10.2017, respingeva il gravame proposto dalla Fondazione Enasarco avverso la decisione del Tribunale della stessa sede che aveva accolto l’opposizione a decreto monitorio n. 7366/2013, con il quale era stato ingiunto alla Eurocar di pagare Euro 90.203,34, oltre accessori di legge, a titolo di contribuzione omessa, sulla base delle risultanze del verbale ispettivo relativo all’accertamento eseguito in relazione al periodo 1.7.2003 – 31.3.2010;

2. il ricorso in opposizione era stato accolto sul rilevo che il verbale ispettivo non costituiva prova se non dei fatti avvenuti e delle dichiarazioni rese direttamente in presenza degli ispettori e che l’onere di dimostrare che i rapporti si erano sostanzialmente atteggiati come rapporti di agenzia incombeva sull’ente previdenziale, il quale solo genericamente aveva dedotto la stabilità e la continuità degli incarichi, a fronte di emergenze documentali che attestavano, all’opposto, che l’attività degli asseriti agenti si era concretizzata in poche vendite, con cadenze variabili, a fronte di carenze probatorie in ordine all’obbligatorietà delle attività di promozione, che su due delle società non operavano come agenti, ma come rivenditori autorizzati, vale a dire come soggetti che promuovevano e concludevano vendite in nome e proprio conto;

3. la Corte distrettuale, nel confermare la decisione del Tribunale, osservava che la Fondazione Enasarco non aveva effettuato precise deduzioni in merito al requisito della stabilità, non potendo ritenersi sufficiente a tali fini il mero riferimento alla durata del rapporto, alla modalità annuale del pagamento, all’entità degli importi delle fatture, laddove la dimostrazione avrebbe dovuto avere riguardo all’obbligo per i soggetti di svolgere l’attività di promozione dei contratti ed alla circostanza che i predetti non agissero di loro iniziativa;

4. la circostanza che Bernardi & C. s.n.c. ed anche la Fratelli Sperandio s.n.c. svolgessero, anche per un periodo prolungato e con risultati economicamente positivi, un’attività di promozione commerciale non comportava automaticamente il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di agenzia, poiché anche il procacciatore di affari svolgeva tale opera, senza averne, tuttavia, l’obbligo giuridico. Se la prestazione era occasionale, nel senso che non corrispondeva ad un obbligo giuridico, rientrava nelle tipologia del procacciamento di affari, considerato che anche l’asserita continuità della prestazione era rimasta genericamente dedotta;

5. il carattere della continuità doveva, poi, distinguersi da quello della stabilità, che si verificava quando la prestazione si ripeteva periodicamente nel tempo, non soltanto di fatto, ma anche in osservanza di un impegno contrattuale; anche le prove dedotte non erano specifiche in relazione all’intento di provare i detti connotati della prestazione;

6. di tale decisione domanda la cassazione l’Enasarco, affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, l’Eurocar Italia s.r.l..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. con il primo motivo, la Fondazione Enasarco denunzia violazione degli artt. 1742,1743,1748 e 1750 c.c., anche alla luce dei più recenti interventi giurisprudenziali, per non avere il giudice di seconde cure correttamente individuato il parametro normativo di riferimento del contratto di agenzia nel quale sussumere i rapporti per come concretamente estrinsecatisi; lamenta, altresì, violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., per non avere la Corte distrettuale correttamente applicato le regole del ragionamento presuntivo, in modo da ricondurre alla fattispecie astratta di cui all’art. 1742 c.c. i rapporti di collaborazione oggetto del verbale ispettivo, alla luce degli indizi, gravi, precisi e concordanti emergenti dalle risultanze istruttorie documentali, nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, con riferimento a taluni elementi fattuali emersi in sede di ispezione;

1.1. adduce l’Enasarco che il contratto di agenzia, come evidenziato in precedenti giurisprudenziali di legittimità, in particolare dalle sentenze nn. 1856 e 1974/16, è caratterizzato dai requisiti della continuità e della stabilità del rapporto dell’agente nel promuovere la conclusione di contratti per conto del proponente, realizzandosi in tal modo con quest’ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma;

1.2. sostiene che il concetto di stabilità richiama la presenza di un obbligo perdurante fra le parti alla promozione di affari e contratti, da intendere nel senso di non occasionalità e non provvisorietà dell’attività promozionale e con riferimento ad incarico dato per una serie indefinita di affari; evidenzia come Cass. 1974/16 cit. afferma che i due rapporti di agenzia e procacciamento non si distinguono solo per il carattere stabile del primo e facoltativo del secondo, ma anche perché il rapporto di procacciamento di affari è episodico, ovvero limitato ad affari determinati, occasionale, ossia di durata limitata nel tempo, ed ha ad oggetto la mera segnalazione di clienti o sporadica raccolta di ordini e non l’attività promozionale di conclusione di contratti;

1.3. aggiunge che il quadro probatorio offerto da essa ricorrente è costituito dalla presenza di fatti precisi e determinati nella rilevazione di una continuità caratterizzante il rapporto di agenzia e che elementi e fatti gravi precisi e concordanti, quali la connotazione in concreto assunta di continuità del rapporto, durato per un lungo lasso di tempo, e quello di non occasionalità, o meglio non provvisorietà ed episodicità, dovevano essere valutati quali elementi atti a conferire fondamento al ragionamento presuntivo;

1.4. infine, evidenzia come non possa ritenersi sufficiente a distinguere i due rapporti il carattere stabile del primo e facoltativo del secondo, facendosi leva unicamente sulla pretesa assenza formale di un obbligo di collaborazione e rileva come nel caso in esame dalle fatture in atti era dimostrato che il rapporto con i collaboratori aveva avuto una durata pluriennale di oltre cinque anni, aveva costituito apprezzabile fonte di guadagno, con caratteristiche ben diverse dall’episodica ed occasionale segnalazione di clienti e sporadica raccolta di ordini; la ricorrente passa in rassegna le fatture emesse da ciascuna delle società ed il relativo compenso provvigionale percepito, nonché la durata dei rapporti e conclude nel senso che ciò denotava la sussistenza di rapporti di collaborazione qualificabili come agenzia, al di là del nomen iuris utilizzato;

2. con il secondo motivo, la Fondazione ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. e degli artt. 1742,1743,1746,1748 e 1750 c.c., per non essere stato qualificato come di agenzia il rapporto di collaborazione tra la società Eurocar Italia e la Torresan Livio s.r.l., alla luce del concreto estrinsecarsi dello stesso e della volontà delle parti, che, nella specie, al di là della qualificazione contrattuale, si era svolto secondo le modalità di un rapporto caratterizzato dall’apporto di collaborazione stabile e non occasionale, a fronte del quale era prevista una controprestazione economica di natura provvigionale da parte della società opponente che non avrebbe avuto ragion d’essere, al pari della previsione di un recesso entro un termine stabilito, in quanto non compatibili con il contratto formale;

3. con il terzo motivo, si ascrive alla decisione impugnata violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., nonché del combinato disposto di cui agli artt. 2717 e 2724 c.c. e dell’art. 245 c.p.c., in relazione al rigetto delle istanze istruttorie già formulate in primo grado e reiterate in appello, costituendo gli atti provenienti da pubblici ufficiali principio di prova per iscritto, che apriva la porta alla necessaria ammissione di prova testimoniale sui verbali ispettivi, pena la violazione del principio del contraddittorio;

4. con riferimento al primo motivo, illuminanti per risolvere la questione dibattuta, sono i principi espressi anche da ultimo da questa Corte, (cfr. Cass. 31.7.2020 n. 16565 e Cass. 22.6.2020 n. 12197), alla cui stregua “caratteri distintivi del contratto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell’attività dell’agente di promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di una determinata sfera territoriale, realizzando in tal modo con quest’ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma con risultato a proprio rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo; invece il rapporto di procacciatore d’affari si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni; mentre la prestazione dell’agente è stabile, avendo egli l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei contratti, la prestazione del procacciatore è occasionale nel senso che dipende esclusivamente dalla sua iniziativa”;

4.1. il ricorso della Fondazione, pur attraverso la formale denuncia della violazione di diverse disposizioni codicistiche, risulta sostanzialmente inteso a sollecitare una rivisitazione del quadro probatorio, inibita a questa Corte in presenza di una congrua e non illogica valutazione dello stesso da parte del giudice di merito: i motivi si incentrano sulla erronea qualificazione dei rapporti intercorsi tra la Eurocar Italia con alcun soggetti considerati procacciatori d’affari, non avendo ritenuto la Corte d’appello raggiunta la prova della sussistenza di rapporti di agenzia;

4.2. tuttavia, la Corte distrettuale non è incorsa in alcuna violazione di norme di diritto, avendo escluso il requisito della continuità e stabilità della prestazione caratterizzante il rapporto di agenzia, ritenendo che la sola percezione di provvigioni, peraltro caratterizzata da discontinuità temporale e quantitativa, solo in taluni casi aveva interessato i rivenditori autorizzati, sicché l’unico elemento sul quale si era basato l’accertamento ispettivo era compatibile con rapporti di procacciamento d’affari, come sostenuto dalla società, essendo gli atti intercorsi tra le parti univocamente riferibili a rapporti occasionali e privi del carattere della stabilità, ciò che aveva condotto alla conclusione che vi fosse la prova in positivo della riferibilità dei compensi a rapporti di procacciamento di affari; nella specie va escluso, pertanto, che la Corte capitolina sia incorsa in violazione dei principi di cui sopra e dell’art. 1742 e ss. c.c.;

4.3. la Fondazione solleva questioni di merito già esaminate dalla Corte territoriale, sottratte alla cognizione di questa Corte di legittimità, ove adeguatamente e logicamente motivate e non limitate alla qualificazione del rapporto risultante dal contratto scritto; va, inoltre, rilevato, con riferimento alla violazione delle norme di cui agli artt. 2727 e 2729 c.c., che non è stato compiuto alcun ragionamento inferenziale, per giungere dalla prova del fatto noto a quella del fatto ignoto, trattandosi nella specie di sussunzione di una fattispecie concreta in una fattispecie normativa astratta, che è altro rispetto al procedimento presuntivo assunto;

4.4. la denunciata mancata applicazione di un ragionamento presuntivo che si sarebbe potuto e dovuto fare, ove il giudice di merito non abbia motivato alcunché al riguardo (e non si verta nella diversa ipotesi in cui la medesima denuncia sia stata oggetto di un motivo di appello contro la sentenza di primo grado, nel qual caso il silenzio del giudice può essere dedotto come omissione di pronuncia su motivo di appello), non è deducibile come vizio di violazione di norma di diritto, bensì solo ai sensi e nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, cioè come omesso esame di un fatto secondario (dedotto come giustificativo dell’inferenza di un fatto ignoto principale), purché decisivo (Cass. 6.7.2018 n. 17720);

4.5. per il resto, le censure non si confrontano con la “ratio decidendi” della sentenza impugnata, che esclude la natura di provvigioni o, comunque, di somme a tale titolo dovute percepite dai soggetti che agivano per conto delle società, alla luce della documentazione depositata dalla stessa;

5. quanto al secondo motivo, è sufficiente osservare che la sentenza impugnata anche per i rivenditori ha dato atto che erano sussistenti i connotati di tale figura giuridica, posto che i soggetti operanti per le società promuovevano la vendita in nome proprio e per conto proprio, posizione diversa da quella dell’agente, e che la previsione per taluni casi di episodica promozione della vendita di alcune autovetture di altro marchio per conto della Eurocar, a fronte della quale era prevista apposita e distinta provvigione, non mutava i termini della configurazione giuridica dell’attività prevalentemente svolta; il tentativo di diversa qualificazione del rapporto compiuto in questa sede non integra valida censura nei termini in diritto in cui è formulata;

6. infine, le denunciate violazioni di legge degli articoli richiamati nel terzo motivo sono inammissibili, in difetto degli appropriati requisiti di erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta regolata dalla disposizione di legge, mediante specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con la interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. n. 16038 del 2013; Cass. n. 3010 del 2012): in realtà, le denunciate violazioni sono essenzialmente intese alla sollecitazione di una rivisitazione del merito della vicenda e alla contestazione della valutazione probatoria operata dalla Corte territoriale, sostanziante il suo accertamento in fatto, di esclusiva spettanza del giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 27197 del 2011; Cass. n. 6288 del 2011);

7. alla stregua delle esposte considerazioni, il ricorso va, pertanto, complessivamente respinto;

8. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo;

9. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 6000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese generali in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del citato D.P.R., art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2021

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