Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22523 del 28/10/2011

Cassazione civile sez. I, 28/10/2011, (ud. 27/06/2011, dep. 28/10/2011), n.22523

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18317/2005 proposto da:

ANAS S.P.A., già ANAS Ente Nazionale per le Strade, in persona del

legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

E.M.S. S.R.L. (c.f./p.i. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEGLI SCIPIONI 8, presso l’avvocato CRISCI FRANCESCO, rappresentata e

difesa dall’avvocato MENNITI Roberto, giusta procura speciale per

Notaio Dott. ERALDO SCARANO di RAVENNA – Rep.n. 132087 del 20.5.2011;

– controricorrente –

contro

S.A.C.I.C. COSTRUZIONI S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 248/2005 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 22/02/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

27/06/2011 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato Crisci, per delega Avv.

Menniti, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso limitatamente al secondo e quarto motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La E.M.S. s.r.l., proprietaria di un’area sfruttata per l’estrazione di sabbia, sita nel territorio del Comune di Ravenna, occupata in via d’urgenza, con decreto prefettizio del 23.10.95, dalla SACIC Costruzioni s.p.a., cui l’ANAS aveva affidato il compito di espletare le procedure espropriative per la realizzazione di una variante esterna al centro abitato, con citazione del 96 convenne in giudizio dinanzi alla Corte d’Appello di Bologna l’ente espropriante e l’impresa appaltatrice dei lavori in via di opposizione alla stima, chiedendo che le indennità dovutele venissero determinate nel loro giusto ammontare.

Nel giudizio rimase contumace la SACIC Costruzioni, mentre si costituì l’ANAS, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva.

La Corte d’Appello di Bologna, disposta CTU, con sentenza del 22.2.05, liquidò in complessivi Euro 1.385.971,87 l’indennità di espropriazione e condannò la sola ANAS a versare presso la Cassa DD.PP. una somma pari alla differenza fra l’importo determinato e quello offerto, oltre agli interessi legali dal 10.4.03, data di emissione del decreto di esproprio.

A sostegno della decisione, la Corte territoriale affermò: che l’ANAS era il soggetto tenuto al pagamento, non ricorrendo un’ipotesi in cui potesse ravvisarsi l’assunzione degli obblighi indennitari in capo all’appaltatrice; che il criterio cui soggiace l’indennità di espropriazione di una cava è sottratto alla dicotomia di cui all'(allora vigente) L. n. 359 del 1992, art. 5 bis e va invece stabilito in relazione al reddito prodotto dal terreno sino all’estinzione del rapporto od all’esaurimento materiale ed economico del bene; che l’esproprio aveva impedito l’escavazione in un’area di oltre 158.000 mq.; che il ctu aveva accertato l’assenza di impedimenti di carattere amministrativo, tecnico o ambientale all’attività estrattiva; che, oltre al valore del giacimento, da liquidarsi in base al criterio del reddito annuo netto capitalizzato ricavabile da detta attività, andava riconosciuto all’espropriata il valore attualizzato di trasformazione dell’area residua al termine del periodo di sfruttamento.

L’ANAS s.p.a., succeduta all’ente nazionale, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, sorretto da quattro motivi.

E.M.S. s.r.l. ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.

Il Fallimento della SACIC Costruzioni s.p.a., dichiarato il 29.1.99, cui il ricorso è stato ritualmente notificato, non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con il primo motivo di ricorso l’ANAS, denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 865 del 1971, art. 29 e L. n. 2359 del 1865, art. 13, lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto procedibile la domanda della E.M.S. s.r.l., senza considerare che il decreto di esproprio, intervenuto in corso di causa, è stato emesso quando erano già scaduti i termini fissati per l’ultimazione dei lavori ed era quindi venuta meno la dichiarazione di P.U..

Il motivo, attinente a una questione che, pur essendo rilevabile d’ufficio, non risulta aver formato oggetto del giudizio di merito e che renderebbe necessario un nuovo apprezzamento dei fatti di causa, precluso nella presente sede di legittimità, va dichiarato inammissibile (fra molte, da ultimo, Cass. nn. 25127/010, 713/010, 20518/08).

2) Col secondo motivo, la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 2248 del 1865, art. 324, R.D. n. 350 del 1895, art. 8 e art. 1372 c.c., nonchè vizio di motivazione, lamenta che la Corte territoriale l’abbia ritenuta passivamente legittimata alla domanda (più correttamente: titolare dal lato passivo del rapporto controverso). Rileva che, pronunciandosi in analoga fattispecie, con sentenza confermata dalla Cassazione, la medesima Corte aveva escluso che essa fosse tenuta al pagamento dell’indennità, in ragione del fatto che il compito di provvedere all’espletamento delle procedure ablatorie strumentali alla realizzazione dell’opera pubblica, unitamente ai correlati poteri, era stato affidato all’impresa appaltatrice; che la legittimazione passiva rispetto alle pretese dei proprietari incisi dai provvedimenti di esproprio spetta al delegato ogni qual volta questi si sia visto trasferire i poteri collegati allo svolgimento delle attività, nell’esercizio delle quali agisce in nome proprio e non in nome della stazione appaltante; che nel caso di specie, con D.M. 25 novembre 1992 dell’allora Ministro dei LL.PP. era stata approvata l’aggiudicazione dell’appalto alla SACIC ed era stato conferito alla medesima l’incarico di svolgere per conto dell’ANAS (ma in nome proprio) tutte le procedure tecniche, amministrative e finanziarie necessarie, eventualmente anche in sede contenziosa, per il perfezionamento delle espropriazioni; che tale decreto era stato richiamato in quello con il quale era stata autorizzata l’occupazione; che, con successivo decreto del Ministero, era stato ribadito che il compito di provvedere all’espletamento delle procedure ablatorie era affidato all’appaltatrice; che la Corte di merito ha rigettato l’eccezione sulla scorta di argomentazioni inconferenti, mentre ha omesso di compiere l’unico accertamento necessario, inerente alla verifica dei poteri delegati all’impresa appaltatrice; che, in base alle pattuizioni del capitolato speciale, spettava a tale impresa anticipare le somme dovute a titolo di indennità, per poi rivalersi nei confronti di essa committente man è mano che le stime diventavano definitive, e che l’avvenuta rescissione del contratto con la SACIC non aveva determinato il venir meno dei provvedimenti amministrativi con i quali erano stati definiti i termini della delega; che, in ogni caso, dopo il fallimento della SACIC, l’appalto era stato immediatamente riaggiudicato all’ASTALDI ad identiche condizioni.

Il motivo è infondato.

La mera attribuzione ad un soggetto dell’incarico di provvedere, per conto dell’ente pubblico affidante, all’espletamento delle procedure amministrative, tecniche e finanziarie per il perfezionamento delle espropriazioni ed occupazioni temporanee, non è infatti sufficiente a configurare l’istituto della concessione traslativa dell’esercizio di funzioni pubbliche proprie del concedente – e dunque ad escludere la legittimazione passiva di quest’ultimo nel giudizio di opposizione alla stima – essendo necessario, in ogni caso, che l’attribuzione all’affidatario dei poteri espropriativi e l’accollo da parte sua degli obblighi indennitari siano previsti, in osservanza del principio di legalità, da una legge che espressamente permetta un tale trasferimento di poteri, in quanto non è consentito alla P.A. disporne a sua discrezione e sollevarsi in tal modo dalle responsabilità che l’ordinamento le attribuisce (Cass. nn. 464/06, 5566/03, 9980/03).

Ne consegue che, in assenza di disposizioni legislative che prevedano che l’ANAS sia autorizzata a trasferire a terzi l’esercizio delle funzioni che le sono proprie (e non essendo configurabile nella specie neppure l’istituto della delegazione amministrativa intersoggettiva, operante solo fra enti pubblici) i decreti ministeriali citati dalla ricorrente non possono aver attribuito all’appaltatrice i poteri della concedente, che va pertanto individuata come unico soggetto obbligato al pagamento dell’indennità nei confronti dell’espropriata.

Ciò, del resto, in conformità di quanto espressamente accertato in fatto dalla Corte territoriale, che ha rilevato come, dai numerosi atti versati in causa, emergesse che alla SACIC era stato conferito l’incarico di espletare le procedure necessarie all’esproprio unicamente “per conto dell’ente” e non già in nome proprio.

3) Con il terzo motivo, l’ANAS, denunciando violazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39 e art. 2697 c.c., nonchè vizio di motivazione, si duole della quantificazione dell’indennità operata dalla Corte di merito. Rileva a riguardo che la Commissione provinciale espropri aveva ritenuto che l’aera interessata alla procedura ablatoria non potesse essere sfruttata per attività estrattive in ragione dei due vincoli ad essa imposti dal Piano Territoriale Paesistico Regionale, correlati al suo inserimento in zona di particolare interesse paesaggistico, nonchè di interesse storico testimoniale; deduce che la Corte di merito ha erroneamente aderito alle contrarie conclusioni assunte del ctu (peraltro condivise dai ct di parte), posto che questi si è limitato a richiedere al Comune di Ravenna certificazione concernente l’esistenza di vincoli ostativi all’attività estrattiva, ricevendone risposta negativa, ma non ha considerato le diverse prescrizioni derivanti dagli interventi di pianificazione regionale.

Il motivo va dichiarato inammissibile.

Il principio secondo il quale in sede di legittimità non possono essere prospettati nuovi temi di dibattito, non tempestivamente affrontati nelle precedenti fasi di merito, trova applicazione anche con riferimento alle contestazioni mosse alle conclusioni del ctu (e con esse alla sentenza che, come nel caso di specie, le abbia recepite in sede di motivazione).

Ne consegue che, poichè la sentenza impugnata non contiene alcun riferimento ai rilievi illustrati nel motivo in esame, il Consorzio, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, avrebbe dovuto indicare con puntualità gli atti del procedimento di merito in cui, discostandosi (come essa stessa afferma) persino dal parere espresso dal proprio ct, li aveva formulati, riportandone i brani o quantomeno rinviando alle pagine di riscontro, onde consentire a questa Corte di operare il dovuto controllo in ordine alla decisività delle circostanze asseritamente non valutate dal giudice del merito (cfr., fra molte, Cass. nn. 12988/010, 12984/06, 3105/04).

4) Con il quarto motivo di ricorso l’ANAS denuncia ulteriore violazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39, e lamenta il riconoscimento dell’indennizzo per il valore attualizzato di trasformazione dell’area residua, al termine del periodo di sfruttamento della cava.

Osserva che l’indennità di esproprio dovuta al proprietario di un’area adibita a cava va commisurata unicamente al reddito ricavabile dall’attività estrattiva e non può comprendere anche il valore del suolo, posto che questo non può essere oggetto di alcun tipo di sfruttamento diverso dalla predetta attività.

Anche questo motivo va dichiarato inammissibile.

Va innanzitutto rilevato che dalla lettura della sentenza impugnata non solo non emerge che la questione sia stata dedotta dall’ANAS nel corso del giudizio di merito, ma, risulta, al contrario, che lo stesso ct di parte della ricorrente abbia riconosciuto il diritto della EMS s.r.l. alla liquidazione dell’indennità in questione.

La censura, peraltro, è anche priva di attinenza alla decisione, in quanto la Corte di merito ha liquidato un’indennità pari al valore attualizzato di trasformazione del suolo non già in relazione all’area espropriata, ma in relazione a quella (di ben maggiore estensione) che, benchè residuata all’esproprio, la EMS non ha potuto sfruttare e che, al termine del periodo di concessione, la società sarà obbligata a rimettere in pristino, secondo la sua originaria destinazione.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna di ANAS s.p.a. al pagamento in favore di E.M.S. s.r.l. delle spese processuali, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna ANAS s.p.a. al pagamento in favore di E.M.S. s.r.l. delle spese processuali, che liquida in Euro 13.000,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori dovuti per legge.

Così deciso in Roma, il 27 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 ottobre 2011

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