Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22520 del 24/09/2018

Cassazione civile sez. II, 24/09/2018, (ud. 19/04/2018, dep. 24/09/2018), n.22520

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9587/2014 proposto da:

D.I.M., S.L., S.A., D.I.A.,

D.I.P., D.J.B., D.J.P., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA AURELIA 386, presso lo studio dell’avvocato

SANDRO CAMPILONGO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

e contro

F.M.T., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3535/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 11/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/04/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO:

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. CAPASSO Lucio, il quale chiede il rigetto del

ricorso.

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da D.J.P. ed altri la sentenza n. 3535/2013 della Corte di Appello di Napoli con ricorso fondato su due ordini di motivi;

parti intimate non hanno svolto attività difensiva.

Al fine di una migliore comprensione della fattispecie in giudizio deve riepilogarsi, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

La gravata decisione della Corte territoriale rigettava il gravame interposto dagli odierni ricorrenti avverso la sentenza del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi n. 105/2009.

Quest’ultima, all’esito di una complessa vicenda giudiziaria (relativa ad un datato giudizio di affrancazione conclusosi con la pronuncia, di rinvio, di questa Corte n. 13595/2000) rigettava la domanda degli odierni ricorrenti proposta, con atto di citazione del 30 giugno 2005, al fine di sentir accertata l’esistenza di un rapporto enfiteutico relativamente ai terreni in (OMISSIS), in atti specificamente individuati, con condanna dei convenuti tutti al pagamento dei canoni enfiteutici dovuti.

Detta sentenza del Tribunale e, per quanto rileva in questa sede, la successiva pronuncia confermativa della Corte distrettuale oggi gravata innanzi a questa Corte ritenevano che il diritto azionato era già estinto.

Il P.G. ha concluso, come in atti, per il rigetto del ricorso.

Parti ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di “violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, nella fattispecie art. 136 Cost. e L. 11 maggio 1953, n. 87, art. 30.

In particolare parti ricorrenti adducono il preteso errore della gravata decisione in punto di mancata attribuzione di efficacia della sentenza della Corte Costituzionale n. 143/1997 in relazione alla ordinanza pronunciata dal Pretore di Sant’Angelo dei Lombardi del 4 maggio 1994.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si censura la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt., nell’ordine, artt. 393 e 653 c.p.c. e dell’art. 12 preleggi, comma 2, con riferimento agli effetti del giudizio di affrancazione a seguito della anzidetta mancata riassunzione dopo la citata sentenza di questa Corte del 2000.

3.- Entrambi i motivi possono essere trattati – per la loro connessione – unitariamente.

Gli stessi non possono ritenersi ammissibili.

Va evidenziato che l’impugnata sentenza ha ricostruito puntualmente (v.: pp.. 7 ss.) la specifica natura – come prevista dalla L. n. 607 del 1966 – delle fasi del giudizio di affrancazione e, in ispecie, la naturale definitività del decreto pretorile di affrancazione per effetto (e così come previsto ex lege) dell’estinzione del giudizio di opposizione al già dato provvedimento pretorile.

La sentenza impugnata innanzi a questa Corte ha, quindi, confermato la sentenza del Tribunale di prima istanza, ritenendo intervenuta l’irrevocabilità di quanto disposto con l’ordinanza della Pretura di S. Angelo dei Lombardi del 4 maggio 1994.

Tanto in dipendenza dell’innegabile esaurimento del relativo rapporto processuale (per effetto della mancata riassunzione del giudizio di appello dopo il rinvio disposto da Cass. n. 13595/2000);

ed, ancora, con la conseguente impossibilità di estensione, nella fattispecie, degli effetti – rispetto ad un rapporto processuale già esaurito – della successiva nota pronuncia della Corte Cost. n. 143/1997.

In dipendenza di tale suo esaurimento il rapporto processuale era, quindi, insuscettibile, in un certo senso, di rianimazione (al riguardo può richiamarsi anche il principio – di generale valenza- affermato da ultimo da questa Corte in materia di effetti dell’estinzione del giudizio di rinvio dopo la cassazione di sentenza di rigetto di opposizione a D.I.; Cass. civ., S.U. Sent. 22 febbraio 2010, n. 4071).

Orbene, al cospetto di tutte tali ragioni, parti ricorrenti non hanno esposto, neppure in modo sommario, una ricostruzione delle fasi del datato giudizio e della complessiva vicenda processuale tali da contrastare la ricostruzione svolta dalla Corte di merito e su cui è, essenzialmente, basata la gravata decisione.

La stessa pretesa, allegata in ricorso, di non definitività della datata ordinanza pretorile e di non esaurimento del procedimento di affrancazione, andava sostenuta – attesa anche la particolare natura del medesimo procedimento – con adeguata ricostruzione delle sue pregresse fasi.

La mancata esaustiva esposizione del fatto (art. 366 c.p.c., n. 3) ed il difetto di specificità dei motivi in ordine alla esposta pretesa delle parti ricorrenti comporta, quindi, la non ammissibilità dei motivi.

4.- Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.

5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2018

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