Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2252 del 03/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2252 Anno 2014
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso 11111-2011 proposto da:
SOCIETA’

ONGETTA

SRL

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA DEI MONTI PARIOLI 48, presso lo studio
dell’avvocato MARINI GIUSEPPE, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato TOSI LORIS giusta
2013

delega a margine;
– ricorrente –

2112
contro

AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 03/02/2014

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controrícorrente nonchè contro

AGENZIA DELLE DOGANE UFFICIO DOGANE DI TREVISO;
– intimato –

VENEZIA, depositata il 12/01/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/06/2013 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato MARINI RENATO
delega Avvocato MARINI GIUSEPPE che ha chiesto
l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato CAPUTI che ha
chiesto il rigetto e deposita nota spese;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del 1 ° motivo del ricorso con assorbimento del
2 ° motivo.

avverso la sentenza n. 1/2011 della COMM.TRIB.REG. di

Svolgimento del processo

Con sentenza 17.1.2011 n. 1 la Commissione tributaria della regione
Veneto rigettava l’appello proposto da Ongetta s.r.l. confermando la
sentenza di prime cure che aveva ritenuto legittimo l’avviso di rettifica con

2003 -aventi ad oggetto la esportazione in Romania (al tempo Paese
extracomunitario) di seta grezza (e sembra anche di filati di seta) per la

esecuzione di alcune lavorazioni preliminari- previa revisione del valore
delle merci indicato nelle dichiarazioni alla esportazione, in quanto
inferiore a quello risultante nelle bollette doganali di importazione della
medesima merce acquistata dalla ditta italiana nella Repubblica Popolare
della Cina.

La CTR veneta, rilevato che dal PVC in data 6.5.2005 era emerso che a
causa della mancanza di contabilità di magazzino della società non era stato
possibile individuare “un qualsiasi collegamento” tra le partite di merce
importate dalla Cina e quelle esportate per le lavorazioni in Romania,
riteneva corretto l’operato dell’Ufficio finanziario che aveva determinato il
valore doganale secondo il criterio residuale previsto dall’art. 31 del reg.
CEE in data 12.10.1992 n. 2913/92 (CDC), vigente “ratione temporis”,
stante la impossibilità di ricorrere agli altri criteri previsti dall’art. 30,
paragr. 2 lett. a) e lett. d) del CDC, in quanto nella specie non veniva in
questione una vendita per la importazione nella Comunità EU, né erano
noti i costi sostenuti dalla ditta italiana per l’acquisto del prodotto dai
fornitori cinesi, ed inoltre per stessa ammissione del rapp.te legale della
società contribuente non era dato rinvenire merci “identiche”

1
RG n. 11111/2011
ric.Ongetta s.r.l.c/Ag. Dogane

Co
t.
Stefano Òlivieri

il quale veniva liquidata l’IVA sulle operazioni doganali eseguite nell’anno

commercializzate nel territorio comunitario attese le differenze qualitative
riscontrate con i prodotti posti in comparazione.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione la
società deducendo due motivi.

Motivi della decisione

La CTR veneta dopo una sommaria descrizione del “regime di
perfezionamento passivo”, che prevede il rientro delle merci temporaneamente esportate- nel territorio doganale della Comunità, in
esenzione totale o parziale dal dazio alla (re)importazione (ex artt. 151
CDC, e 207 TULD), ha qualificato la operazione svolta dalla società come
esportazione “senza passaggio di proprietà” (circostanza da ritenersi
incontroversa -pag. 33 del ricorso principale; controricorso pag. 2, 7 ed 8- avendo
le parti riferito che la revisione era stata effettuata sul valore dichiarato
nelle bollette relative a 47 operazioni di “esportazione definitiva”),

non

essendosi avvalsa la società italiana del regime del perfezionamento
passivo, ma avendo provveduto ad importare in libera pratica nel territorio
doganale della Comunità la merce che aveva precedentemente esportato “in
conto lavorazione” in Romania.

La sentenza di appello ha ritenuto corretta l’applicazione del criterio
residuale previsto dall’art. 31 CDC per la determinazione del valore delle
merci in dogana (calcolato dall’Ufficio in base alla media aritmetica dei prezzi
indicati nelle bollette doganali di importazione della merce -seta grezza- dalla Cina)

rilevando che

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RG n. 11111/2011
ric.Ongetta s.r.l.c/Ag. Dogane

Co est.
Stefano livieri

Ha resistito con controricorso la Agenzia delle Dogane.

-

l’art. 29 CDC non era applicabile in quanto il valore di transazione
considerato da tale disposizione riguardava merci oggetto di cessione
per essere importate ed immesse in libera pratica all’interno del
territorio della Comunità, mentre nel caso di specie si trattava di
merci non oggetto di cessione (in quanto la proprietà rimaneva in

l’art. 30 paragr. 2, lett. a) CDC non trovava applicazione in quanto il
valore della merce era considerato in relazione non solo alla identità
qualitativa ma anche alla “cessione di beni destinati ad essere
importati all’interno del territorio della Comunità”, condizione
quest’ultima che non ricorreva nel caso di specie, tanto con
riferimento alla cessione quanto alla importazione, avendo per di più
sostenuto la stessa società che le merci presentavano tra loro rilevanti
differenze qualitative

l’art. 30 paragr. 2, lett. d) era del pari inapplicabile in quanto erano
sconosciuti gli effettivi costi di fabbricazione della merce importata
dalla Cina e gli altri componenti del prezzo

Con il primo motivo la società ricorrente denuncia il vizio di violazione
e falsa applicazione degli artt. 29-31 del reg. CEE n. 2913/1992 CDC, in
relazione all’art. 360co1 n. 3 c.p.c.

La critica formulata dalla società si incentra nella omessa applicazione
del criterio sussidiario di cui all’art. 30 paragr. 2 lett. a) CDC in quanto la
CTR -condividendo la soluzione adottata dalla Amministrazione doganaleaveva calcolato il valore delle merci esportate in Romania applicando
indifferentemente a tutta la quantità di merce esportata il prezzo unitario
3
RG n. 11111/2011
ric.Ongetta s.r.l.c/Ag. Dogane

Co
est.
Stefano livieri

capo alla società italiana) ed esportate verso Paesi terzi.

desunto dalla media aritmetica dei prezzi di acquisto delle singole partite di
seta dalla Cina indicati nelle bollette doganali di importazione, anziché
distinguere i valori delle singole partite di merce esportata in Romania,
applicando a ciascuna di esse il prezzo della corrispondente specifica partita
di merce importata dalla Cina in quanti identica per qualità e caratteristiche
merceologiche, tenuto conto che la merce importata dalla Cina risultava

doganali di importazione.

Occorre precisare al riguardo che l’Ufficio doganale, ha tenuto conto dei
diversi codici doganali delle merci alla reimportazione, atteso che ha
rettificato in USD 18,261Kg. il valore di USD 13,50 indicato per la merce di
cui al cod. 5002 (seta greggia inviata in Romania e reimportata senza modifica
codice) , ed ha rettificato in USD 19,621Kg. il valore di USD 16,50 indicato

per la merce identificata con il cod. 5004 (seta greggia trasferita in Romania
e reimportata come “filati di seta” con codice differente).

La società ricorrente condivide tesi accolta dalla CTR veneta della
inapplicabilità dell’art. 29 CDC secondo cui “il valore in dogana delle
merci importate è il valore di transazione, cioè il prezzo effettivamente
pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per la esportazione

a destinazione del territorio doganale della Comunità…”,

in quanto norma

riferita esclusivamente alle importazioni e non estendibile alle esportazioni,
mentre dissente dalla CTR laddove non ha ritenuto di applicare il criterio
sussidiario dell’art. 30 paragr. 1 secondo cui, quando non sussistono i
presupposti dell’art. 29 CDC, il valore delle merci va relazionato al valore
di transazione di merci identiche (lett. a) o, in mancanza, similari (lett. b)
“vendute per l’esportazione a destinazione della Comunità ed esportate
nello stesso momento o pressappoco nello stesso momento delle merci da
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RG n. 11111/2011
ric.Ongetta s.r.l.c/Ag. Dogane

contraddistinta da differenti “valori di transazione” dichiarati nelle bollette

valutare” ; ovvero sul “valore fondato sul prezzo unitario corrispondente
alle vendite nella Comunità delle merci importate, o di merci identiche o
similari importate nel quantitativo complessivo maggiore…” (lett. c), o
ancora dal costo delle materie e delle operazioni di fabbricazione
incrementato dell’utile e delle spese generali (lett. d -metodo analitico-).
La ricorrente, infatti, sostiene che mentre la duplice condizione della

Comunità (esportazione a destinazione della Comunità) non consente di
ricorrere al criterio base in quanto nella specie non vi è stata alcuna
“cessione” (che secondo la giurisprudenza comunitaria si realizza in qualsiasi
operazione di trasferimento di un bene materiale, correlata ad un corrispettivo,
compiuta da un soggetto nello svolgimento di attività imponibile, con la quale si
attribuisce ad un altro soggetto il potere di disporre di fatto del bene come fosse il
proprietario: cfr. Corte di giustizia UE dell’ 8.2.1990, C-320/88 Shipping and
Forwarding Ent. Safe; in data 10.3.2011, in causa riunite C-497, 499, 501 e
502/09,Bog. E altri; in data 8.11.2012, C-165/11, Profitube spol s r.o.) di merce

verso pagamento di corrispettivo, in quanto la seta grezza è stata spedita in
Romania solo per eseguire alcune lavorazioni, invece tale duplice
condizione -pur egualmente prevista dall’art. 30 CDC- non impedirebbe
l’applicazione del criterio sussidiario, in quanto in tale ultima norma il
valore della transazione che viene in questione non è riferito specificamente
al prezzo di cessione della merce oggetto della controversia doganale, ma in
generale al prezzo di altre merci assunte in comparazione in quanto
identiche o similari a quelle da valutare (il fatto che la norma scelga quale
“tertium comparationis” i prezzi di merci vendute per essere importate
nella Comunità -lett. a, b- ovvero i prezzi di rivendita di tali merci praticati
nel Mercato Comune -lett. c-, od infine che preveda,ove siano disponibili i
dati necessari, l’applicazione del metodo cd. analitico di costo volto a
ricostruire il probabile prezzo alla importazione, viene a risolversi
semplicemente nella individuazione di un parametro di tipo oggettivo che
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RG n. 11111/2011
ric.Ongetta s.r.l.c/Ag. Dogane

C
Stef

est.
livieri

“cessione” (merci… vendute) e della “importazione” delle merci nella

deve essere utilizzato tutte le volte in cui non si abbia conoscenza diretta
del valore di transazione delle merci cedute per la esportazione nella
Comunità).

La tesi sembra trovare riscontro nella collocazione sistematica delle
norme di cui agli articoli dal 28 al 36 del reg. 2913/1992 CDC, inserite nel

in base ai quali sono applicati i dazi al ‘importazione od alla esportazione e
le altre misure previste nel quadro degli scambi di merci”: tale elemento
indice a ritenere estesa la disciplina normativa di cui agli artt. 28-36 CDC
tanto al valore delle merci importate definitivamente in libera pratica
ovvero solo temporaneamente (regime del perfezionamento attivo) quanto
al valore delle merci esportate definitivamente o temporaneamente (cd.
regime del perfezionamento passivo).
E nella specie il parametro di valutazione delle merci esportate in
Romania (e re-importate nella Comunità) doveva, quindi, essere rinvenuto,
ex art. 30 paragr. 2 lett. a) CDC, nel “valore di transazione” delle merci che
la medesima società aveva importato dalla Cina per essere immesse in
libera pratica nella Comunità.

La contraria tesi, sostenuta dalla Agenzia resistente (pag. 11 controric.),
per escludere l’applicazione dell’art. 30 paragr. 2 lett. a) CDC, secondo cui
nel presente caso oggetto della controversia è il valore dichiarato sulle
bollette di esportazione e dunque non sussisterebbe il presupposto della
“cessione per la importazione” richiesto dall’art. 29 (e dall’art. 30) CDC cui
deve farsi riferimento per la determinazione del valore, non appare
convincente: la Agenzia fiscale, infatti, confonde la importazione dalla
Cina (per cui non sussiste alcuna contestazione sul valore di transazione indicato
nelle bollette) con la (re)importazione dalla Romania non considerando che
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RG n. 11111/2011
ric.Ongetta s.r.l.c/Ag. Dogane

C.obeestv.ieri
Stef

cap. 3 “Valore in dogana delle merci”, sotto il Titolo II intitolato “Principi

la correzione del valore della merce operata in revisione dall’Ufficio
doganale è formalmente riferita alle bollette di esportazione in Romania (in
relazione alle quali neppure viene allegato dalla resistente se siano stati applicati
dazi, altri diritti o tributi) ma va ad incidere sostanzialmente sul medesimo

valore delle merci indicato nelle successive bollette di importazione dalla
Romania (sul valore delle merci importate è stato infatti applicato il dazio alla

Risulta tuttavia ostativa alla applicazione del criterio base del valore di
transazione la circostanza che il valore delle merci di cui si discute
concerne beni importati in libera pratica nel territorio doganale della
Comunità, senza tuttavia che si configuri anche una vendita, in quanto i
beni esportati e reimportati dalla Romania sono rimasti sempre in proprietà
alla società italiana (con la conseguenza che l’art. 29 CDC non può trovare
applicazione, dovendo ricorrersi a criteri sussidiari o residuali).

Del pari privo di pregio è l’argomento speso dalla Agenzia fiscale in
ordine alla inapplicabilità dei criteri ex artt. 29 e 30 CDC nel caso in cui
l’impedimento alla determinazione del valore della merce non dipenda da
impossibilità obiettiva ma sia imputabile a fatto dell’operatore: è infatti
indiscusso che la dichiarazione doganale alla importazione od alla
esportazione che risulti incompleta degli elementi essenziali richiesti (tra cui
il valore delle merci: art. 4 co2 lett. e) Dlgs n. 374/1990; art. 178 reg. esec.
2454/93 “dichiarazione di valore”) legittima l’Ufficio doganale al rifiuto della

accettazione della dichiarazione stessa (salvo ricorrano particolari circostanze
giustificative: art. 5 Dlgs n. 374/990) e che nel caso in cui i dati indicati nella

dichiarazione doganale risulti non corrispondenti a quelli effettivamente
riscontrabili nella operazione concernente le merci, l’Ufficio bene può
procedere alla revisione a posteriori (arti 78 e 220 paragr. 1 CDC; art. 11
7
RG n. 11111/2011
ric.Ongetta s.r.l.c/Ag. Dogane

C
Stef

est.
livieri

importazione e l’IVA doganale).

Dlgs n. 374/1990), questo non toglie che la autorità doganale in fase di

accertamento debba comunque attenersi a criteri di revisione del valore
quanto più obbiettivi possibili e non arbitrari, come emerge
inequivocamente dai limiti inderogabili posti per la determinazione del
valore delle merci in dogana dall’art. 31 paragr. 2 CDC.

in revisione della dichiarazione divenuta definitiva fondato sulla
contestazione del valore delle merci, dispongano il criterio al quale deve
attenersi l’Ufficio accertatore per rideterminare il valore delle merci,
occorre rilevare che nell’analogo caso in cui l’autorità dogale nutra “fondati
dubbi” sulla effettiva corrispondenza del valore dichiarato all’importo
pagato o da pagare (art. 181 bis paragr. 1 reg. esec. n. 2454/93), e tali dubbi
non siano stati risolti in esito alla procedura disciplinata dal paragrafo 2
della norma comunitaria indicata, la Corte di Lussemburgo ha chiarito che,
pur non essendo le autorità doganali “tenute a determinare il valore in
dogana delle merci importate in base al metodo del valore di transazione”
(così testualmente art. 181 bis paragr. 1, cit.), tuttavia l’accertamento deve
essere compiuto attingendo con gli opportuni adattamenti e modifiche ai
criteri indicati negli artt. 29-31 CDC, atteso che “la normativa comunitaria
in materia di valutazione doganale mira a stabilire un sistema equo,
uniforme e neutro che escluda l’impiego di valori in dogana arbitrari o
fittizi ……Conformemente al punto 2 delle note interpretative in materia di
valore doganale dell’allegato 23 del regolamento di applicazione relative
all’art. 31 , n. 1 del codice doganale comunitario, i metodi di valutazione
da utilizzare a norma dell’art. 31 n. 1 dovrebbero essere quelli definiti
dagli artL 29 e 30 n. 2…” (cfr. Corte giustizia in data 28.2.2008, in causa C236/06, Carboni e Derivati s.r.1., punto 60, richiamata anche nella sentenza della
CTR veneta). Pertanto in relazione alla specifica situazione oggetto di
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s. est.
teiì&O1ivieri

Se pure non è dato rinvenire norme espresse che, in caso di accertamento

esame, come espressamente contemplato dalla nota interpretativa di cui
all’All. 23 al reg. esec. n. 2454/93, “una ragionevole elasticità nella
applicazione di tali metodi è conforme agli obiettivi ed alle disposizioni
dell’art. 31 paragr. 1”.

L’esame del primo motivo deve, tuttavia, interrompersi a questo stadio di

valutazione applicabile nel caso di specie (art. 30 paragr. 2 lett. a), ovvero
art. 31 CDC), rimane subordinata alla risoluzione di altra questione in fatto
controversa, decisa dalla CTR con statuizione anch’ essa censurata dalla
società.

In relazione a tale punto decisivo la società con il secondo motivo di
ricorso investe la statuizione della sentenza di appello concernente la
ritenuta impossibilità di determinare una precisa corrispondenza tra le
singole partite di merce importata dalla Cina e le singole partite di merce
esportata in Romania, denunciando il vizio di insufficiente motivazione ex
art. 360col n. 5 c.p.c.

La ricorrente evidenzia che lo stesso Ufficio finanziario aveva rilevato
dal raffronto tra le bollette di importazione e quelle di esportazione della
merce valori diversi, ma anziché livellare i valori inferiori indicati nelle
bollette di esportazione a quelli indicati nelle bollette di importazione (in
applicazione del criterio di cui all’art. 30 paragr. 2 lett. a) CDC),

aveva

rideterminato i valori delle merci in esportazione riposizionandoli al livello
della “media dei prezzi”

risultanti dalle bollette di importazione: in

conseguenza la ricorrente ritiene apodittica la affermazione della CTR
veneta secondo cui la documentazione contabilità della società non
consentiva di accertare la corrispondenza tra le merci.
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RG n. 11111/2011
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Cons st.
Stefano Òvieri

considerazioni, in quanto la successiva questione della scelta del criterio di

Il motivo difetta di autosufficienza ed è comunque infondato.

La critica della società non investe, infatti le valutazioni in fatto
compiute dai Giudici di merito e poste a fondamento del decisum da
individuarsi :

mancanza di una corretta documentazione contabile e di magazzino
della società non consentiva di verificare “per singola partita” la
corrispondenza tra la merce importata dalla Cina e quella esportata in
Romania “in quanto la Società Ongetta s.r.L opera la sistematica
identificazione per lotti della merce solo nella fase dell’affidamento
dell’incarico all’esecuzione delle pattuite lavorazioni”,
– nell’accertamento del Giudice di primo grado che aveva rilevato, al
riguardo, che in giudizio non era stato prodotto alcun documento fatture o altri documenti commerciali- idoneo a differenziare le
singole partite di merce (cfr. sentenza 21.4.2008 n. 18 della CTP di
Treviso trascritta alle pag. 14-15 ricorso principale),

– nello specifico rilievo secondo cui non avrebbe potuto operarsi
alcuna corrispondenza tra le merci importate dalla Cina e quelle
esportate per la lavorazione e reimportate dalla Romania “attese le
differenze qualitative che……le contraddistinguono”, per stessa
ammissione della società (cfr. sent. CTR motiv. pag. 5), con la
conseguenza che nella specie difettavo i presupposti indispensabili
per la applicazione del criterio sussidiario di cui all’art. 30 CDC, non
essendovi alcuna certezza sulla “identità” delle merci.

La società si è limitata, in proposito, a sostenere che detta
corrispondenza “seppur difficile” sarebbe stata possibile in base alla
10
RG n. 11111/2011
ric.Ongetta s.r.l.c/Ag. Dogane

– nella circostanza, indicata nel PVC del 6.5.2005, secondo cui la

documentazione contabile, senza tuttavia chiarire alla stregua di quali
elementi documentali, ritualmente prodotti in giudizio, risultava possibile
seguire un diverso “modus operandi” rispetto a quello tenuto dall’Ufficio,
nonché si è limitata ad evidenziare la imprecisione del criterio basato sulla
media aritmetica dei prezzi della merce importata -in quanto perveniva a
confondere prodotti con caratteristiche organolettiche e merceologiche

idoneo ad individuare in concreto, tanto per i prodotti importati dalla Cina
che per quelli esportati in Romania e quindi reimportati, le singole
differenti partite di merce contraddistinte ciascuna da tali peculiarità
qualitative.

Deve dunque ritenersi immune dalla critica prospettata la motivazione
della sentenza di appello laddove sulla base dei predetti accertamenti in
fatto ha ritenuto in concreto che non era possibile verificare a quali lotti di
seta greggia importata dalla Cina (contraddistinti da diversi prezzi di
importazione) corrispondessero i diversi lotti di seta greggia esportati in
Romania (per eseguire le diverse lavorazioni) ed i diversi lotti di seta
greggia e di filati di seta (re)importati dopo le lavorazioni, con la
conseguenza che, risultando impedito un confronto tra “merci identiche”,
veniva meno lo stesso presupposto normativo di applicabilità del criterio di
cui all’art. 30 paragr. 2, lett. a) CDC, con conseguente legittimità del
ricorso da parte dell’Ufficio doganale al “metodo ragionevole” di cui
all’art. 31 CDC fondato sul calcolo della media dei valori di transazione
risultanti dalle bollette di importazione di seta grezza dalla Cina ai quali è
stato ricondotto il valore rideterminato dei singoli lotti di seta greggia (cod.
5002) e di filati di seta (cod. 5004) reimportati dalla Romania.

11
RG n. 11111/2011
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est.
Co
Stefano livieri

dissimili-, senza tuttavia fornire al riguardo alcun elemento circostanziale

In conclusione il ricorso deve esser rigettato e la società ricorrente
condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio che si liquidano
in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte :

spese del presente giudizio liquidate in € 15.000,00 per compensi oltre le
spese prenotate a debito.

Così deciso nella camera di consiglio 17.6.2013

– rigetta il ricorso e condanna la società soccombente alla rifusione delle

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