Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22519 del 24/09/2018

Cassazione civile sez. II, 24/09/2018, (ud. 29/03/2018, dep. 24/09/2018), n.22519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2218/2012 proposto da:

D.M.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PALESTRO

56, presso lo studio dell’avvocato FRANCO GALLO, che la rappresenta

e difende, giusta procura speciale del 27.03.2018 in Velletri, Rep.

n. (OMISSIS), per Notaio Dr. R.E.M.;

– ricorrente –

contro

R.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 113,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI DI BATTISTA, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUCIO LEONI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1429/2011 del TRIBUNALE di VELLETRI,

depositata il 28/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/03/2018 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale SERVELLO

Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato FRANCO GALLO, difensore della ricorrente, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DEL FATTO

Il Giudice di pace di Velletri rigettò la domanda con la quale il geometra R.S. aveva chiesto il pagamento nei confronti di D.M.G., a titolo di onorario, di un importo ulteriore rispetto a quello liquidato con un primo decreto ingiuntivo non opposto, deducendo di aver erroneamente detratto una somma maggiore di quella effettivamente percepita per acconti.

Il Tribunale di Velletri con sentenza ex art. 281 bis c.p.c., riportata nel verbale d’udienza del 15 giugno 2011, confermò il rigetto della domanda, ritenendo infondata la pretesa vantata dal R., non risultando in atti alcun riscontro del preteso errore materiale e compensò tra le parti le spese di ambedue i gradi.

Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, la D.M., mentre il geometra R. ha resistito con controricorso.

All’ udienza del 28 settembre 2016 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per l’acquisizione del fascicolo d’ufficio dei gradi di merito.

Disposto ulteriore rinvio in conseguenza del decesso dell’unico difensore della ricorrente, la causa è stata infine trattenuta in decisione all’odierna udienza.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 281 sexies c.p.c., lamentando che la stessa è stata redatta separatamente rispetto al verbale di udienza tenutasi il 15.6.2011 e risulta depositata ben tredici giorni dopo: essa non risulterebbe emessa dal giudice legittimato ex art. 174 c.p.c., nè da costui validamente sottoscritta, posto che la firma risulta assolutamente illeggibile.

Nè la sentenza, nè il verbale di udienza, inoltre risultano sottoscritti dal cancelliere il quale si sarebbe limitato ad apporre il visto di deposito della sentenza avvenuto il 28 giugno 2011.

Da ciò la conseguenza che l’udienza non si è svolta con l’assistenza del cancelliere e che la sentenza non è stata pronunciata in udienza mediante lettura e contestuale deposito.

Il complesso motivo, che si articola in una pluralità di censure, è infondato.

Va premessa la legittimità della sostituzione del giudice originariamente designato nella trattazione e decisione della causa in oggetto a seguito del tramutamento, di cui dà atto lo stesso ricorrente, ad altro incarico.

Tale sostituzione non ha, evidentemente, alcuna incidenza sulla validità della sentenza.

Quanto alle altre censure, si osserva che la pronuncia, emessa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., risulta essere stata “scritta, emanata e letta per intero all’udienza del 15 giugno 2011”, ed è contenuta, in tutti i suoi componenti essenziali, vale a dire intestazione, motivazione e dispositivo, nella prosecuzione del verbale della stessa udienza, svoltasi innanzi al giudice che l’ha sottoscritta.

In calce al verbale è altresì apposto un timbro datato 28.6.2011, con sigla del cancelliere.

Con riferimento alla sottoscrizione, il difetto del requisito della sottoscrizione del giudice, previsto dell’art. 132 c.p.c., n. 5, è equiparata la sottoscrizione illeggibile, allorchè nella sentenza non risulti neppure indicato il giudice che l’abbia pronunciata, onde rimanga impedita ogni possibilità di individuazione del decidente (Cass. 28281/2011), mentre non va dichiarata la nullità della sentenza nell’ipotesi in cui la sottoscrizione apposta dal giudice è supportata da elementi, come l’indicazione del relatore nella intestazione della decisione, che permettono l’identificazione tra segno grafico ed indicazione nominativa (Cass. 23461/2016).

Nel caso di specie, il nome del giudice designato, Dott. D.C., risulta chiaramente indicato nell’intestazione della sentenza ex art. 281 sexies c.p.c., facente parte del verbale d’udienza (in prosecuzione) del 15.6.2011. Nessun dubbio dunque sull’identificazione del giudice che quella sentenza ha pronunciato.

Quanto alla mancata sottoscrizione del verbale da parte del cancelliere ed al mancato deposito della sentenza in cancelleria in forma integrale, si osserva quanto segue.

E’ indubbio che l’art. 281 sexies c.p.c., comma 2, in forza del quale “la sentenza si intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene ed è immediatamente depositata in cancelleria”, pone una deroga al regime ordinario della pubblicazione della sentenza, dettato dall’art. 133 c.p.c., comma 1, in forza del quale la sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l’ha pronunciata.

Come questa Corte ha già rilevato, peraltro, la deroga non è soltanto dell’art. 133 c.p.c., comma 1, ma anche alla seconda parte del comma 2, poichè, in forza del principio desumibile dall’art. 176 c.p.c., il cancelliere, quando la sentenza è inserita nel verbale d’udienza, letta e sottoscritta dal giudice, è esonerato dall’incombente della comunicazione, che, oltre ad essere superflua, poichè il testo integrale della sentenza è reso noto alle parti mediante lettura, contrasta con l’intento di semplificazione delle forme, evidentemente perseguito dal legislatore (Così, Cass. n. 11176/15). Per contro, quando gli adempimenti imposti al giudice dall’art. 281 sexies c.p.c., non sono rispettati, il cancelliere non è esonerato dalla comunicazione (Cass. n. 18743/07).

Nel caso di specie, il fatto che la sentenza, in tutti i suoi elementi, sia stata pubblicata mediante lettura all’udienza del 15.6.2011 risulta dallo stesso verbale dell’udienza, sottoscritto dal giudice, che ha natura di atto pubblico e fa dunque piena prova, fino a querela di falso; querela che nel caso in esame non è stata proposta.

Ed invero, la sentenza, essendo inserita nel verbale d’udienza, da redigersi ai sensi dell’art. 130 c.p.c., ha acquisito la medesima pubblica fede di questo (Cass. 12828/03) e la sottoscrizione del verbale da parte del giudice, e non anche del cancelliere, soddisfa la finalità di attribuire allo stesso pubblica fede (Cass. 8874/2011).

La principale questione posta dal ricorso, peraltro, è quella della nullità della sentenza in esame, per il mancato deposito della stessa in cancelleria, immediatamente dopo l’udienza, come previsto dall’ultimo inciso dell’art. 281 sexies c.p.c..

Orbene, come questa Corte ha già affermato, con arresto che il collegio condivide pienamente, la sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., integralmente letta in udienza e sottoscritta dal giudice mediante la sottoscrizione del verbale che la contiene, deve ritenersi in tal modo pubblicata e non può dunque dichiararsi nulla, seppure il cancelliere non abbia dato atto del deposito in cancelleria apponendovi la propria firma, immediatamente dopo l’udienza.

E ciò in quanto la previsione normativa dell’immediato deposito in cancelleria del provvedimento è (unicamente) finalizzato a consentire, da un lato, al cancelliere il suo inserimento nell’elenco cronologico delle sentenze, con l’attribuzione del relativo numero identificativo, e, dall’altro, alle parti di chiederne il rilascio di copia (eventualmente in forma esecutiva) (Cass. 11176/2015).

Da ciò consegue che l’intervallo tra l’udienza di discussione con la contestuale pubblicazione della sentenza ed il deposito in cancelleria, non appare decisivo poichè, in sè considerato, non confligge con lo scopo che il legislatore ha inteso perseguire con l’imposizione dell’adempimento del deposito immediato.

Questa Corte ha già statuito che la sentenza con motivazione contestuale pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., non è nulla, se il giudice non provveda alla lettura del dispositivo in udienza, quando sia comunque avvenuto il deposito integrale del dispositivo e della motivazione (Cass. 17028/08; 2736/15), e che la sentenza pronunciata ex art. 281 sexies, senza l’osservanza delle forme previste dal codice di rito non può essere dichiarata nulla ove sia stato raggiunto lo scopo dell’immodificabilità della decisione e della sua consequenzialità rispetto alle ragioni ritenute rilevanti dal giudice all’esito della discussione, trattandosi, in ogni caso, di sanzione neppure comminata dalla legge (Cass. 10453/2014).

Orbene, nel caso di specie, come già evidenziato, la sentenza, in quanto redatta e letta secondo le modalità dell’art. 281 sexies c.p.c., è stata pubblicata in udienza ed è dunque immodificabile.

Il successivo deposito della sentenza medesima in cancelleria, ed il compimento delle formalità di deposito da parte del cancelliere, non sono dunque finalizzati nè alla sua conoscibilità, nè alla intangibilità, garantite appunto (a differenza dell’ordinaria modalità di pubblicazione della sentenza, mediante deposito in cancelleria, prevista dall’art. 133 c.p.c.) dalla già avvenuta pubblicazione, mediante lettura, in udienza.

Essendo già avvenuta la pubblicazione, dunque, il deposito immediato in cancelleria della sentenza di cui all’art. 281 sexies c.p.c., è unicamente finalizzato all’inserimento nell’elenco cronologico delle sentenze ed a consentire alle parti di chiedere il rilascio di copia della sentenza, munita di numero identificativo.

In conclusione deve affermarsi, in conformità al precedente arresto di questa Corte, che la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., integralmente letta in udienza e sottoscritta dal giudice con la sottoscrizione del verbale che la contiene è da intendersi pubblicata e non può essere dichiarata nulla, anche se il cancelliere non abbia dato atto del deposito in cancelleria e non vi abbia apposto la data e la firma immediatamente dopo l’udienza, trattandosi di formalità che non incidono sulla validità della pronuncia, la cui immodificabilità è garantita dalla già avvenuta pubblicazione (Cass. 11176/2015).

Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., ex art. 360, n. 3) nonchè il vizio di motivazione errata e meramente apparente ex art. 360 n.5), avuto riguardo alla statuizione di integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio, a fronte della soccombenza reciproca.

Il motivo è inammissibile.

Come questa Corte ha ripetutamente affermato, infatti, con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, mentre esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca (Cass. 15317/2013; 8421/2017; 24502/2017) che in quella di concorso con altri giusti motivi.

Esula pertanto da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione di opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite; e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di ritenuta sussistenza di giusti motivi (Cass. 15317/2013). La reiezione del secondo motivo assorbe l’esame del terzo, che censura la mancata condanna del R. per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., logicamente incompatibile con la pronuncia di soccombenza reciproca, in quanto richiede la soccombenza integrale di colui che ha posto in essere l’illecito processuale, aggiungendosi essa, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 1, alla condanna alle spese, la quale è, invece, correlata all’esito finale della lite (Cass. 19583/2013).

In conclusione, vanno respinti i primi due motivi, assorbito il terzo.

Considerata la particolarità delle questioni poste dal ricorrente e la mancanza di un consolidato indirizzo questa Corte alla data della proposizione del ricorso introduttivo sussistono i presupposti per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte, respinto il primo e secondo motivo, dichiara assorbito il terzo. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 29 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2018

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