Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22516 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/10/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 16/10/2020), n.22516

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO M.G. – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22868/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, in persona del Direttore p.t., con domicilio

eletto presso gli uffici della predetta Avvocatura, in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

Essepi s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. Francesco

Moschetti e dal Prof. Avv. Francesco d’Ayala Valva, elettivamente

domiciliato in Roma nello studio di quest’ultimo, in viale Parioli

n. 43;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto

n. 19/2013, depositata il 19 febbraio 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio

2020 dal Consigliere Dott. Leuzzi Salvatore.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della CTR del Veneto, la quale ha accolto l’appello incidentale della contribuente in epigrafe e dichiarato la nullità dell’avviso di accertamento, con il quale, per l’anno 2004, l’Amministrazione finanziaria aveva rettificato il reddito di impresa della Essepi s.r.l., rivedendo il prezzo di immobili venduti dalla società nel corso dell’anno.

Il ricorso erariale è stato proposto sulla base di due motivi.

La contribuente ha resistito con controricorso e depositato successiva memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia denuncia, ai

sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa motivazione su punti decisivi della controversia, per avere la CTR trascurato e svalutato gli elementi indiziari addotti dall’Ufficio – tra cui lo scostamento del corrispettivo dichiarato negli atti immobiliari rispetto all’importo mutuato – senza indicare elementi contrari.

– Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 2, nonchè del D.L. n. 223 del 2006, art. 35, della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 307, della L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 4, lett. f), e art. 5 e art. 2729 c.c., per avere la CTR escluso che lo scostamento dell’importo delle cessioni immobiliari rispetto a quello dei mutui correlati fosse idoneo a far presumere di per sè maggiori ricavi non dichiarati dalla società.

I due motivi sono intimamente connessi, convergendo entrambi sulla sulla portata probatoria riconducibile dei dati indiziari allegati dall’ufficio e, segnatamente, sullo scostamento tra gli importi rogitati e quelli mutuati; le censure si prestano, pertanto, a trattazione unitaria, che ne rivela la fondatezza.

– L’Agenzia ritiene che l’accertamento si fondi su indizi idonei alla costituzione della prova presuntiva richiesta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e lamenta che la sentenza, carente sotto il profilo motivazionale, ha valorizzato elementi privi di rilievo probatorio.

– Sebbene sia devoluta al giudice di merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti enucleabili dagli artt. 2727 e 2729 c.c., tale giudizio è soggetto al controllo del giudice di legittimità, qualora risulti che il giudice di merito non abbia fatto buon uso del materiale indiziario a sua disposizione, negando o attribuendo valore a singoli elementi, senza una valutazione di sintesi (Cass. n. 10973 del 2017; Cass. n. 1715 del 2007).

– Questa Corte, in particolare, ha indicato il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi, affermando che la gravità, precisione e concordanza richieste dalla legge vanno desunte dal loro esame complessivo, in un giudizio non atomistico di essi (ben potendo ciascuno di essi essere insufficiente), ancorchè preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perchè è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza ed ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (Cass. n. 12002 del 2017; Cass. n. 5374 del 2017). Ciò che rileva è che dalla valutazione d’insieme emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, fermo restando il diritto del contribuente a fornire la prova contraria.

– Premesso ciò, si impone di verificare se nella sentenza sia stata fatta corretta applicazione dei principi appena esposti.

– La CTR si è limitata apoditticamente ad osservare che: “non può sussistere alcuna automatica presunzione del prezzo effettivo sulla base della sola divergenza dei mutui erogati rispetto ai prezzi dichiarati”; “il giudice non è obbligato a confutare singolarmente tutte le argomentazioni prospettate dalle parti”; “nella vendita immobiliare avere certezze nel valore degli immobili e nella determinazione del prezzo risulta molto labile”; “i valori OMI” sono solo “indicativi, perchè privi di riferimenti certi e precisi”.

– Osserva la Corte che la difformità fra il corrispettivo di cessione ed il valore normale desunto dalle quotazioni OMI rappresenta soltanto una mera presunzione semplice, uniformandosi all’orientamento di questa Corte che è ferma nel ritenere che in tema di accertamento dei redditi d’impresa, in seguito alla sostituzione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ad opera della L. n. 88 del 2009, art. 24, comma 5, che, con effetto retroattivo, stante la sua finalità di adeguamento al diritto dell’Unione Europea, ha eliminato la presunzione legale relativa (introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 3, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 248 del 2006) di corrispondenza del corrispettivo della cessione di beni immobili al valore normale degli stessi, in tal modo ripristinando il precedente quadro normativo in base al quale, in generale, l’esistenza di attività non dichiarate può essere desunta anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti; l’accertamento di un maggiore reddito derivante dalla cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni 0.M.I., ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti (Cass. n. 9474 del 2017).

– L’accertamento svolto dall’Ufficio ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), tuttavia, come puntualmente evidenziato dalla ricorrente anche ai fini dell’autosufficienza del ricorso, non è fondato sui soli valori OMI, ma poggia su una serie di elementi di riscontro probatorio, tutti volti ad evidenziare una “disomogeneità” tra i prezzi dichiarati negli atti di cessione ed il valore effettivo dei beni: le risultanze degli annunci commerciali delle riviste di settore, una perizia relativa ad immobile della medesima zona secondo la previsione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), la circostanza della avvenuta rivendita di un immobile stimato dal CTU di primo grado appena Euro 97.000 a 140.000.

– I giudici di appello non hanno adeguatamente preso in esame tutti gli elementi offerti dall’Ufficio, che costituendo un quadro di circostanze astrattamente suscettibile, per gravità, precisione e concordanza, di legittimare la determinazione induttiva del reddito e, quindi, di orientare diversamente il giudizio, imponeva di esplicitare in modo più esaustivo e puntuale il percorso logico-giuridico seguito per addivenire alla decisione.

– La CTR non ha tenuto conto del fatto, evidenziato dall’Amministrazione finanziaria, che secondo la giurisprudenza di questa Suprema corte, è legittima, nel settore immobiliare, la rettifica dei corrispettivi dichiarati qualora i valori OMI si combinino con altri elementi, in particolare con la difformità tra il prezzo e il maggiore importo del mutuo richiesto dagli acquirenti (Cass. n. 7857 del 2016; Cass. n. 14388 del 2017). Invero, la diversità tra l’importo mutuato per l’acquisto degli immobili e il valore indicato per l’ipoteca su di esso accesa ben può prestarsi a corroborare, ai fini dell’accertamento fiscale, l’attendibilità dei valori normali desumibili dall’OMI.

– Giova soggiungere che anche a voler escludere ogni rilevanza ai valori OMI, a fondare l’accertamento sarebbe stato comunque sufficiente lo scostamento tra mutuo erogato all’acquirente e prezzo dichiarato, ciò non comportando violazione alcuna delle disposizioni civilistiche in materia di prova presuntiva. E’ infatti orientamento di questa Corte (v. Cass. n. 2082 del 2014; Cass. n. 4472 del 2003, in motivazione; Cass. n. 3414 del 1969) che “la presunzione semplice è un procedimento logico da cui il giudice desume la esistenza di un fatto ignoto dalla presenza di un fatto noto sul presupposto di una loro successione nella normalità dei casi. E’ evidente, pertanto, che anche un solo fatto – qualora presenti i requisiti della gravità e precisione – può essere idoneo per una tale deduzione e costituire, quindi, la fonte della presunzione”.

– E’ stato chiarito che, a prescindere dai valori OMI, lo scostamento tra l’importo dei mutui e i minori prezzi indicati dal venditore è sufficiente a fondare l’accertamento, non comportando ciò alcuna violazione delle norme in materie di onere probatorio (Cass. n. 14388 del 2017 cit. e Cass. n. 26485 del 2016).

– In conclusione si giustifica la cassazione della sentenza, con rinvio per nuovo esame alla CTR del Veneto in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza d’appello; rinvia per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità alla CTR del Veneto in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

 

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