Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22515 del 24/09/2018

Cassazione civile sez. II, 24/09/2018, (ud. 22/03/2018, dep. 24/09/2018), n.22515

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11214/2017 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

FAVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ex

lege;

– ricorrente –

contro

L.R., in proprio e mediante il procuratore ad negotia

S.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 20,

presso lo studio dell’avvocato GINA TRALICCI, che li rappresenta e

difende;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2371/2016 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 27/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/03/2018 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex lege n. 89 del 2001, L.R., in proprio e quale erede di L.M., proponeva con il patrocinio degli avvocati S.N. e Gina Tralicci una domanda per ottenere l’equa riparazione del danno sofferto a causa della durata irragionevole di una controversia; danno scaturente dall’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata in Italia con L. n. 848 del 1955.

Con provvedimento del 29.5.2014 la Corte di Appello rilevava che i procuratori del ricorrente erano stati sospesi dall’esercizio della professione forense a tempo indeterminato a decorrere dal 18.7.2013 e dichiarava l’interruzione del processo.

Con ricorso depositato il 22.9.2014 S.N., affermando di agire in qualità di procuratore ad negotia di L.R., riassumeva il giudizio con il patrocinio di diversi professionisti, da lui stesso nominati con procura a margine dell’atto di riassunzione.

Con il provvedimento impugnato la Corte di Appello respingeva l’eccezione di estinzione del processo sollevata dal Ministero e accoglieva in parte la domanda.

Interpone ricorso avverso tale decisione il Ministero della Giustizia affidandosi a due motivi.

Resiste con controricorso L.R., spiegando a sua volta ricorso incidentale.

Nessuna delle parti ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, il Ministero lamenta la violazione degli artt. 301 e 305 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, sul presupposto che il giudice di merito avrebbe errato nel ritenere che il termine di tre mesi per la riassunzione del giudizio interrotto decorre dalla data della conoscenza legale dell’evento, e non anche dal momento anteriore in cui la sospensione dei due procuratori del L. era stata comunque conosciuta dalla parte interessata. Secondo il Ministero, lo S. non poteva ignorare di esser stato colpito da un provvedimento disciplinare di sospensione.

Con il secondo motivo, il Ministero lamenta la violazione degli artt. 112 e 303 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, perchè il giudice di merito avrebbe omesso di pronunziarsi sull’eccezione con la quale il dicastero aveva rilevato la mancata allegazione, da parte dello S., della procura ad negotia sulla cui base quegli pretendeva di agire.

Con l’unico motivo di ricorso incidentale, invece, il L. lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la Corte di Appello, nel liquidare le spese di lite afferenti alla fase di merito, non avrebbe rispettato i minimi tariffari. In presenza di nota spese, infatti, il giudice avrebbe dovuto indicare i motivi per cui ha ritenuto di discostarsi da essa.

Va innanzitutto scrutinato il secondo motivo, in relazione al quale occorre considerare che la procura ad negotia era stata depositata in atti del giudizio di merito sin dal 1.10.2012, come (tra l’altro) dedotto a pag. 6 del controricorso.

Come già rilevato da questa sezione in fattispecie analoghe, decise con le ordinanze n. 26744/2017, n. 26745/2017, n. 26908/2017 e n. 26909/2017, questa Corte ha effettivamente affermato il principio secondo cui “Qualora la procura alle liti conferisca al difensore il potere di nominare altro difensore, deve ritenersi che essa contenga un autonomo mandato ad negotia – non vietato dalla legge professionale nè dal codice di rito – che abilita il difensore a nominare altri difensori, i quali non hanno veste di sostituti del legale che li ha nominati, bensì, al pari di questo, di rappresentanti processuali della parte” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1756 dell’8/02/2012, Rv. 621422; conformi, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26365 del 29/12/2010, Rv. 615348; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16736 del 09/08/2005, Rv. 583927).

Tuttavia, è da escludere che con il mandato speciale allegato in atti del giudizio il L. abbia inteso nominare lo S. suo rappresentante “sostanziale” generale e dunque che lo abbia investito in pari tempo del potere di rappresentanza processuale volontaria. Alla stregua della sua letterale e logica formulazione, infatti, il mandato speciale de quo agitur non integra una procura sostanziale avente portata generale e omnicomprensiva. Nè può ritenersi che con il predetto mandato il resistente abbia nominato l’avvocato S.N. suo rappresentante “sostanziale” speciale ovvero suo rappresentante con specifico riferimento alla pretesa risarcitoria ex lege n. 89 del 2001, correlata all’irragionevole durata del giudizio presupposto. Detto mandato, infatti, contiene soltanto un riferimento, invero assolutamente generico ed indifferenziato, a “tutte le cause civili promosse e da promuovere in qualsiasi grado di giudkio contro l’Istituto Nazionale Previdenza Sociale e contro il Ministero della Giustizia anche per esperire il ricorso avanti alle Corti di Appello competenti per l’equo indenni previsto dalla L. n. 89 del 2001”, che evidentemente identifica l’ambito oggettivo del potere rappresentativo conferito dalla parte al procuratore. Di conseguenza, la facoltà di nominare altri avvocati, contenuta nella procura speciale in esame, non può che essere apprezzata con riferimento, appunto, ai limiti oggettivi del mandato, che è idoneo ad esplicare i suoi effetti solo nell’ambito della rappresentanza volontaria processuale.

La ricostruzione è coerente con il dettato dell’art. 77 c.p.c., posto che “Il potere di rappresentanza processuale, con la correlativa facoltà di nomina dei difensori, può essere conferito soltanto a colui che sia investito di un potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio, talchè neppure il rappresentante legale di una società di capitali può conferire ad un terzo una rappresentanza limitata soltanto agli atti del processo” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8681 dell’08/08/1995, Rv. 493600; conf. Cass. Sez. U, Sentenza n. 5655 del 09/06/1998, Rv. 516214; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19528 del 29/09/2004, Rv. 577412; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13054 del 01/06/2006, Rv. 589865; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 43 del 03/01/2017, Rv. 643016; ed anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1578 del 14/02/1995, Rv. 490425, secondo cui “La rappresentanza processuale, intesa come potere di agire o resistere in giudizio per il dominus e, in tale quadro, di conferire, in suo nome, la procura al difensore (rappresentanza a cui si riferisce l’art. 77 c.p.c.) può essere attribuita ad un terzo solo insieme alla rappresentanza sostanziale in ordine al rapporto poi dedotto in giudizio. La rappresentanza che, in violazione di tale principio, sia stata attribuita con solo riferimento alla sfera processuale è invalida e comporta l’invalidità della procura alle liti sulla sua base conferita, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio”).

L’inosservanza dell’art. 77 c.p.c., comporta il difetto della legitimatio ad processum in capo al rappresentante esclusivamente processuale (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16274 del 31/07/2015, Rv. 636619; conf. Cass. Sez. U, Sentenza n. 24179 del 16/11/2009, Rv. 610170) e quindi la nullità della procura alle liti da costui rilasciata a terzi (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1578 del 14/02/1995, Rv. 490425; conf. Cass. Sez. L, Sentenza n. 821 del 27/01/1998, Rv. 511987) ed il difetto di ius postulandi in capo all’abogado Sabrina Mastropaolo ed all’avvocato Andrea Belardinelli, officiati dallo S. ai fini della riassunzione del giudizio. Ciò comporta l’invalidità della costituzione, in sede di riassunzione, del rapporto processuale.

L’accertamento relativo alla legitimatio ad processum del rappresentante, attenendo alla verifica della regolare costituzione del rapporto processuale, può essere effettuato anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello di legittimità, con il solo limite del giudicato sul punto.

L’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale comporta l’assorbimento del primo, concernente la tempestività della riassunzione rispetto all’evento interruttivo.

L’unico motivo del ricorso incidentale, peraltro carente di autosufficienza posta la mancata dimostrazione del deposito della nota spese nel giudizio di merito, resta assorbito dall’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale.

In conclusione, la decisione va cassata senza rinvio e il giudizio va dichiarato estinto a fronte della mancata tempestiva riassunzione nel termine di legge.

Le spese del giudizio vanno poste a carico del resistente, posto il principio per cui “In tema di spese giudiziali, ove l’insorta controversia in ordine alla estinzione del processo venga decisa con sentenza, non trova applicazione la regola di cui all’art. 310 c.p.c., u.c., ma riprendono vigore i principi sanciti dagli artt. 91 e 92 c.p.c. e, quindi, il criterio della soccombenza, sebbene limitatamente alle spese causate dalla trattazione della questione relativa all’estinzione” (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 533 del 14/01/2016, Rv. 638488 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1513 del 26/01/2006, Rv. 587106).

P.Q.M.

La corte accoglie il secondo motivo del ricorso principale dichiarando assorbito il primo motivo e il ricorso incidentale. Cassa senza rinvio la decisione impugnata e condanna il resistente alle spese del giudizio, che liquida in Euro 800 per il giudizio di merito in Euro 900 per il presente grado, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2018

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