Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22513 del 16/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/10/2020, (ud. 04/02/2020, dep. 16/10/2020), n.22513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1810-2014 propostc da:

A.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE

28, presso lo studio dell’avvocato ELISABETTA RAMPELLI,

rappresentata e difesa dall’avvocato VITO BARBUZZI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO CONTROLLO DI MELFI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 109/2012 della COMM. TRIB. REG. di POTENZA,

depositata il 07/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/02/2020 dal Consigliere Dott. PAOLITTO LIBERATO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. – con sentenza n. 109/2/12, depositata il 7 novembre 2012, la Commissione tributaria regionale della Basilicata ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate e, in integrale riforma della decisione di prime cure, ha ritenuto legittimo un avviso di rettifica e liquidazione emesso, ai fini delle imposte ipotecaria e catastale, nei confronti di A.G. ed in relazione alla dichiarazione di successione da quella presentata in morte del coniuge C.A.;

– il giudice del gravame ha rilevato che l’atto impugnato, quanto al maggior valore degli immobili indicati in dichiarazione di successione, trovava fondamento in una relazione di stima, e risultava adeguatamente motivato in quanto riportava analiticamente “tutti i cespiti inseriti nella dichiarazione di successione con l’indicazione ed il raffronto tra il valore dichiarato e quello accertato”;

2. – A.G. ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi;

– l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. – col primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 34, comma 2, e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, assumendo, sotto il primo profilo, che l’avviso di rettifica non esplicitava le aliquote applicate nè recava, in allegato, gli atti pubblici di compravendita ed il certificato di destinazione urbanistica, – che, peraltro, risultavano richiamati nella stima operata dall’Ufficio allegata all’atto impugnato -; sotto il secondo profilo che la gravata sentenza non aveva pronunciato sull’eccezione di nullità dell’avviso qual riproposta da essa esponente;

– il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, reca la denuncia di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 34, comma 2 bis, e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, sul rilievo che, nella relazione di stima allegata all’avviso di rettifica, erano stati richiamati a titolo comparativo atti pubblici di trasferimento che, peraltro, non risultavano allegati allo stesso atto impugnato, e che, ancora una volta, la gravata sentenza nulla aveva motivato sul punto;

– col terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 34, comma 3, e, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, deducendo, in sintesi, che gli atti pubblici utilizzati a titolo comparativo avevano ad oggetto beni immobili di diverse caratteristiche e condizioni, anche secondo la loro destinazione urbanistica, e che, così, non avrebbero potuto fondare l’accertamento di maggior valore contestato;

2. – i primi due motivi, – che vanno congiuntamente trattati in quanto espongono le medesime sostanziali censure, – sono infondati;

3. – l’avviso si fondava, com’è incontroverso, su di una allegata relazione di stima che, a sua volta, esponeva gli estremi dei due atti utilizzati a titolo comparativo, così che la contribuente ha potuto (pienamente) interloquire sugli atti in questione, e senz’alcuna menomazione dei suoi diritti di difesa;

– il certificato di destinazione urbanistica costituiva atto di pubblica conoscenza, così che non doveva essere allegato all’avviso;

– per stessa deduzione di parte ricorrente l’imposta è stata liquidata con un’aliquota (proporzionale) che non era diversa da quella stessa indicata nella dichiarazione di successione;

3.1 – e, peraltro, si è pur rilevato che “In tema di rettifica del valore degli immobili dichiarati ai fini dell’imposta di successione e di donazione, l’onere dell’allegazione di documenti non conosciuti nè ricevuti dal contribuente riguarda solo gli atti costituenti presupposto del provvedimento impositivo e relativi al contribuente stesso, non anche quelli afferenti contribuenti diversi, menzionati al solo fine della comparazione dei valori. Infatti il D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 34, comma 3, a differenza del comma 2 dello stesso articolo, non richiede l’allegazione del documento, nè diverse conclusioni devono desumersi dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, perchè ciò che si richiede all’Amministrazione finanziaria è di porre il contribuente nelle condizioni di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, così da approntare la difesa senza un inesigibile aggravio.” (Cass., 26 maggio 2017, n. 13342);

4. – il terzo motivo è, per converso, fondato e va accolto;

4.1 – come la Corte ha già statuito, “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza ” della motivazione.”; e si è, in particolare, rilevato che la censura di omesso esame di un fatto decisivo deve concernere un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), così che lo stesso omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053 cui adde, ex plurimis, Cass., 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., 13 agosto 2018, n. 20721; Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881);

4.2 – il giudice del gravame, – nell’assolvere al compito, a lui riservato, di selezionare e valutare le prove offerte al giudizio, e di apprezzarne la rilevanza e concludenza rispetto alle allegazioni delle parti, – ha (del tutto) genericamente evocato il contenuto di una stima tecnica dell’amministrazione senza dar conto, nello specifico, dei criteri valutativi postivi a fondamento e, per di più, omettendo ogni esame sul fatto decisivo denunciato, qual costituito dal fatto (secondario) incentrato sulla comparabilità degli immobili oggetto degli atti pubblici utilizzati a titolo comparativo, avuto riguardo, dunque, alle caratteristiche e condizioni, anche secondo la loro destinazione urbanistica, degli immobili che venivano in considerazione;

5. – l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata con rinvio della causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla stessa Commissione tributaria regionale della Basilicata che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia dando conto dei propri accertamenti in fatto qual implicati dalle posizioni difensive (anche istruttorie) delle parti (art. 115 c.p.c.).

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo ed il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Basilicata, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2020

 

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