Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22512 del 04/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 04/11/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 04/11/2016), n.22512

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26751-2013 proposto da:

STUDIO LEGALE ASSOCIATO AVV. TOSCHES L. E LACARRA M. (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DEL VIGNOLA 5, presso lo

studio dell’avvocato LIVIA RANUZZI, rappresentato e difeso

dall’avvocato LUIGI QUERCIA, giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 70/11/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della Puglia, depositata il 24/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Nella controversia avente origine dall’impugnazione da parte dello Studio legale associato Avv. Tosches L. e Lacarra M. degli avvisi di accertamento con i quali, per gli anni di imposta 2004 e 2005, era stato contestato il mancato assoggettamento ad IRAP del valore aggiunto dell’attività professionale, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, con la sentenza indicata in epigrafe, in accoglimento dell’appello proposto dalla parte pubblica, riformava la decisione di primo grado di accoglimento del ricorso, ritenendo che, nel caso in esame, sussistessero i presupposti per la pretesa impositiva.

Avverso la sentenza lo Studio legale associato ha proposto ricorso su sei motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con i primi tre motivi il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata perchè il Giudice di appello:

– non avrebbe (con violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57) dichiarato l’appello inammissibile in quanto fondato su eccezioni diverse rispetto a quelle contenute negli avvisi di accertamento;

avrebbe pronunciato ultrapetita (con violazione dell’art. 112 c.p.c.) fondando la propria decisione su tali nuove eccezioni;

avrebbe violato l’art. 2697 c.c., per avere omesso di censurare l’operato dell’Ufficio che non aveva assolto l’onere probatorio sullo stesso incombente.

1.1. I motivi, involgenti la medesima questione, possono essere trattati congiuntamente e ritenuti infondati. E’ pacifico in atti che, con gli avvisi di accertamento impugnati, venne richiesta l’Irap, sulla base dei dati contabili rilevati dal modello Unico società di persone ed avendo l’Associazione, esercente l’attività degli studi legali, omesso di presentare la dichiarazione annuale ai fini dell’irap….

Costituisce giurisprudenza consolidata di questa Corte il principio per cui nel processo tributario di appello la novità della domanda deve essere verificata in stretto riferimento alla pretesa effettivamente avanzata nell’atto impositivo impugnato e, quindi, alla stregua dei presupposti di fatto e di diritto n. esso indicati, poichè il processo tributario, in quanto rivolto a sollecitare il sindacato giurisdizionale sulla legittimità del provvedimento impositivo, è strutturato come un giudizio di impugnazione del provvedimento stesso, nel quale l’Ufficio assume la veste di attore in senso sostanziale, e la sua pretesa è quella risultante dall’atto impugnato, sia per quanto riguarda il “petitum” sia per quanto riguarda la “causa petendi”. Ne consegue che, per eccepire validamente la inammissibilità dell’appello per novità della domanda, è necessario dimostrare che gli elementi dedotti in secondo grado dall’Amministrazione non sono stati evidenziati neppure nel processo verbale di constatazione e nel conseguente avviso di accertamento oggetto dell’impugnazione (cfr., oltre alla pronuncia citata in ricorso, Cass. n. 10806/2012; n. 9810/2014; n. 24278/2014).

1.2. Nella specie, alla luce dei superiori principi, le circostanze di fatto allegate in appello dall’Agenzia, al fine della dimostrazione dei presupposti impositivi (negati dal primo Giudice), non costituiscono mutamento dei presupposti di fatto posti a base degli avvisi di accertamento nè le argomentazioni, svolte nel ricorso innanzi alla C.T.R., inammissibile “mutati libelli” ma mere argomentazioni difensive a sostegno della stessa causa petendi, laddove, inoltre e soprattutto (con specifico riferimento al terzo motivo) costituisce onere a carico del contribuente la dimostrazione di eventuali circostanze che lo esorino dall’assoggettamento all’imposta.

2. Anche il quarto ed il quinto motivo, prospettanti violazioni di legge, sono infondati.

Sulla res controversa sono, di recente, intervenute le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 7371/16) le quali, risolvendo il contrasto giurisprudenziale, hanno statuito il seguente principio: “presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione di scambi e servizi; ma quando l’attività è esercitata dalle società e dagli enti che siano soggetti passivi dell’imposta a norma del D.Lgs. 15 dicembre 1977, n. 446, art. 3, comprese quindi le società semplici e le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e di professioni – essa, in quanto esercitata da tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l’attività è svolta, costituisce ex lege, in ogni caso presupposto di imposta, dovendosi perciò escludere la necessità di ogni accertamento in ordine alla sussistenza dell’autonoma organizzazione”.

La sentenza impugnata, il cui dispositivo è conforme, alla luce di tale principio, a diritto, corretta la motivazione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., nei termini sopra illustrati, rimane, pertanto, esente da censure.

3. Il sesto ed ultimo motivo di ricorso (con il quale si prospetta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficienza della motivazione), infatti, inammissibile. Al presente ricorso, essendo stata la sentenza impugnata depositata successivamente alla data del giorno 11.9.2012, si applica la nuova disposizione della norma invocata, come interpretata dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053/2014).

4. Alla stregua delle considerazioni che precedono il ricorso va, pertanto, rigettato.

5. La novità della soluzione giurisprudenziale induce a compensare integralmente tra le parti le spese processuali.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2016

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