Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22510 del 09/08/2021
Cassazione civile sez. VI, 09/08/2021, (ud. 16/02/2021, dep. 09/08/2021), n.22510
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9786/2020 proposto da:
T.Y., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso
la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato MARIAGRAZIA STIGLIANO;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– resistente –
contro
COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DLELA PROTEZIONE
INTERNAZIONALE DI BARI;
– intimata –
avverso il decreto cronol. 973/2020 del TRIBUNALE di LECCE,
depositato il 04/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 16/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FALABELLA
MASSIMO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Lecce del 4 marzo 2020. Con quest’ultima pronuncia è stato negato che al ricorrente T.Y., nato in Senegal, potesse essere riconosciuto lo status di rifugiato ed è stato altresì escluso che lo stesso potesse essere ammesso alla protezione sussidiaria e a quella umanitaria.
2. – Il ricorso per cassazione si fonda su due motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, non ha notificato controricorso, ma ha depositato un “atto di costituzione” in cui non è svolta alcuna difesa.
Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’errata valutazione della vulnerabilità, e il vizio di motivazione. Premesso che la valutazione della condizione di vulnerabilità che giustifica il riconoscimento della protezione umanitaria va correlata a una valutazione individuale, da spendersi caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente in Italia, da compararsi con la situazione personale cui il medesimo si troverebbe esposto in caso di rimpatrio, rileva il ricorrente di essere stato oggetto, in Senegal, di violenze domestiche e familiari e di essere stato costretto ad emigrare in quanto la madre, cacciata di casa, non pote’ prendersi cura di lui.
Il motivo è inammissibile.
Il Tribunale, con specifico riguardo alla domanda di protezione umanitaria, ha dato atto della “mancata deduzione di condizioni di vulnerabilità soggettiva con riferimento alla vicenda narrata” (decreto impugnato, pag. 6) e l’istante non precisa quali specifici fatti o situazioni avesse allegato, nel corso del giudizio di merito, per dar conto dell’esistenza delle condizioni giuridiche atte a giustificare l’accoglimento della domanda in parola. Non è sufficiente, al riguardo, prospettare in questa sede evenienze, rilevanti a tal fine, che sarebbero occorse nel paese di origine, in quanto la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicché il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. 28 settembre 2015, n. 19197; in senso conforme: Cass. 29 ottobre 2018, n. 27336; Cass. 31 gennaio 2019, n. 3016).
2. – Col secondo motivo è lamentata la nullità del decreto impugnato per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 1, lett. b), e per l’omessa attivazione del dovere di cooperazione istruttoria, nonché la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis. Si lamenta che ai fini della protezione sussidiaria il Tribunale abbia tratto informazioni dal sito del Ministero degli affari esteri aggiornato al 2 febbraio 2020, oltre che dal report di Anynes0 International del 2018 e dal report HRW del 2017. E’ lamentato che le notizie raccolte dal giudice del merito siano parziali in quanto mancano di considerare il panorama epidemiologico contrassegnato dalla diffusione del virus Covid-19.
Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente correla la manchevolezza della cooperazione istruttoria del giudice alla domanda di protezione sussidiaria: e in effetti il Tribunale ha attinto alle fonti informative sopra citate, onde valutare se ricorresse alcuna delle fattispecie previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. Ora, la diffusione del virus Covid-19 non è certamente riconducibile alle ipotesi di danno grave indicate dal detto articolo: onde è escluso che la domanda in questione dovesse essere istruita con l’acquisizione di informazioni che dessero conto del quadro epidemiologico del Senegal (quadro che, del resto, non poteva certo ricavarsi dai siti menzionati nel ricorso per cassazione, i quali si limitano a dare atto di misure che sono state di frequente applicazione nei primi mesi di diffusione della pandemia, come l’ordine di sospensione dei voli aerei per l’estero o dall’estero). Poiché, poi, come si è detto, non vi è evidenza di specifiche allegazioni del richiedente con riguardo alla condizione di vulnerabilità atta a giustificare la concessione della protezione umanitaria, è escluso che il Tribunale fosse tenuto ad acquisire informazioni sulla presenza e la propagazione del contagio in Senegal ai fini dell’accertamento della fondatezza della domanda riferita a tale forma di protezione. Infatti, solo quando il richiedente abbia adempiuto all’onere di allegazione sorge il potere-dovere del giudice di cooperazione istruttoria (Cass. 14 agosto 2020, n. 17185; in senso analogo, Cass. 3 febbraio 2020, n. 2355, per cui non può addebitarsi al giudice la mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi, in ordine alla ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione, riferita a circostanze non dedotte).
3. – Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
4. – Non deve statuirsi sulle spese.
PQM
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 16 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 9 agosto 2021