Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2251 del 31/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/01/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 31/01/2011), n.2251

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27364-2006 proposto da:

COMPAGNIA FINANZIARIA EUROPEA SRL in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

SICILIA 66, presso lo studio dell’avvocato BELLI CONTARINI EDOARDO,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIULIANI

FRANCESCO, FANTOZZI AUGUSTO, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6/2006 della COMM. TRIB. REG. di CAGLIARI,

depositata il 01/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2010 dal Consigliere Dott. CAMILLA DI IASI;

udito per il ricorrente l’Avvocato BELLI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso in

subordine rigetto.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. La Compagnia Finanziaria Europea s.r.l. propone ricorso per cassazione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che non ha resistito) avverso la sentenza con la quale – in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento col quale si rettificava il valore dichiarato per un immobile ai fini dell’Invim decennale – la C.T.R. Sardegna dichiarava inammissibile il ricorso per intempestività.

2. Col primo motivo, denunciando violazione dell’art. 112 c.p.c. e vizio di motivazione, la ricorrente afferma di avere dedotto in appello di non essere mai venuta a conoscenza della data di trattazione della causa e della relativa sentenza perchè, nonostante dagli atti risultasse chiaramente il nome e la residenza del legale rappresentante, l’avviso di trattazione e il dispositivo della sentenza di primo grado erano stati notificati ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, comma 3, e i giudici d’appello avevano omesso sul punto ogni pronuncia.

La ricorrente inoltre,ove dovesse ritenersi intervenuta pronuncia implicita sul punto, censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione, non avendo i giudici d’appello esplicitato le ragioni per le quali nella specie doveva applicarsi il termine decadenziale nonostante l’eccepita violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa.

L’omessa pronuncia non sussiste, posto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancanza di espressa statuizione sul punto specifico, quando (come nella specie) la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo (v. tra le altre Cass. n. 5351 del 2007), posto che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di una espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, e dovendo pertanto escludersi il suddetto vizio quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (v. tra le altre Cass. n. 10636 del 2007).

E’ invece inammissibile la censura concernente il vizio di motivazione proposta subordinatamente alla censura di violazione dell’art. 112 c.p.c., sia perchè non è configurabile il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 con riguardo alla motivazione in diritto, sia perchè non risultano evidenziati specificamente e in maniera autosufficiente i punti decisivi (concernenti l’accertamento in fatto) in ordine ai quali la motivazione della sentenza sarebbe da ritenersi viziata.

Col secondo motivo, deducendo violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 16 e 17, D.P.R. n. 636 del 1972, art. 38, artt. 138, 139 141, 145 e 327 c.p.c., la ricorrente sostiene che nella specie non poteva decorrere il termine di impugnazione, e doveva invece trovare applicazione l’art. 327 c.p.c., comma 2, per la mancata conoscenza dell’udienza di trattazione e della sentenza da parte della società, determinata dalla circostanza che la segreteria non aveva provveduto correttamente alle relative comunicazioni, dapprima spedendole con raccomandata al vecchio indirizzo della sede legale della società e successivamente, non essendo andata a buon fine la prima comunicazione, mediante deposito dell’avviso presso la segreteria senza effettuare comunicazioni al legale rappresentante della società a norma dell’art. 145 c.p.c..

La censura è infondata.

Secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, infatti, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, seconda parte, prevedendo che il termine annuale per la proposizione dell’impugnazione non si applica se la parte non costituita dimostri di non avere avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell’avviso di fissazione d’udienza, richiama implicitamente l’art. 327 c.p.c., comma 2, il quale, nell’ammettere l’impugnazione, da parte del soccombente rimasto contumace, della sentenza non notificatagli, anche dopo la scadenza del termine annuale, subordina tale impugnazione ad un duplice presupposto, oggettivo e soggettivo, costituito rispettivamente dalla nullità della citazione o della relativa notificazione e dall’effettiva ignoranza della pendenza del processo (v. tra le altre Cass. n. 11991 del 2006).

Presupposto per l’applicazione di entrambe le norme è pertanto la contumacia involontaria, e in ogni caso la mancata conoscenza del processo, circostanze entrambe da escludere nella specie, posto che il ricorso introduttivo risulta proposto dalla società, la quale pertanto non solo non può ritenersi contumace ovvero “parte non costituita” nel giudizio di primo grado, ma ovviamente neppure può allegare la mancata conoscenza del processo.

La norma siccome interpretata non risulta comportare una eccessiva ed irragionevole compressione del diritto di difesa e del contraddittorio, dovendo operarsi un bilanciamento tra l’indispensabile esigenza di tutela della certezza delle situazioni giuridiche e il diritto di difesa e ben potendo la parte che sia a conoscenza dell’esistenza del processo (per averlo, nella specie, addirittura introdotto con la notifica del ricorso) informarsi dello sviluppo del medesimo facendo uso della diligenza dovuta in rebus suis (per considerazioni analoghe v. la sentenza n. 297 del 2008 della Corte costituzionale, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 327 c.p.c., comma 1 in riferimento all’art. 24 Cost. nella parte prevedente la decorrenza del termine annuale per l’impugnazione dalla pubblicazione della sentenza, anzichè dalla sua comunicazione).

3. Alla luce di quanto sopra esposto, il ricorso deve essere rigettato. In assenza di attività difensiva, nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2011

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