Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22507 del 27/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 27/09/2017, (ud. 28/06/2017, dep.27/09/2017),  n. 22507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28220-2013 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliata in ROMA VIA SABOTINO 12,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VERGERIO DI CESANA, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

REGIONE LAZIO DIREZIONE RAGIONERIA GENERALE AREA (OMISSIS)

CONTENZIOSO, EQUITALIA SUD SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 335/2013 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 07/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/06/2017 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che con sentenza n. 335/22/13, depositata il 7/11/2013, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava l’appello proposto da C.G., avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che aveva accolto il ricorso con cui la contribuente aveva impugnato la cartella di pagamento emessa per il recupero di tassa automobilistica relativa all’ anno 2001, e notificata da Equitalia Gerit s.p.a. (ora Equitalia Sud s.p.a.) il 15/11/2008, assumendo l’intervenuta prescrizione della pretesa tributaria;

che i giudice di appello, in particolare, nel confermare la decisione di prime cure, escludeva ogni responsabilità dell’Agente della riscossione, quanto alla iscrizione a ruolo, ed in ordine alla disposta integrale compensazione delle spese del primo giudizio rilevava che l’esercizio del potere discrezionale del giudice, da valutare caso per caso, nella specie risulta sorretto da un motivazione che, “sebbene non ampiamente articolata”, è “conforme al quadro giurisprudenziale prevalente tracciato dalla Suprema Corte”;

che avverso la sentenza la contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, mentre la Regione Lazio ed Equitalia Sud s.p.a. non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 15 e 36, art. 92 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c., comma 2, art. 111 Cost., nonchè illogicità, erroneità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, giacchè la CTR, dopo aver ricordato il principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., ha poi immotivatamente ravvisato la ricorrenza dei giusti motivi di cui all’art. 92 c.p.c., (nel testo applicabile ratione temporis), così gravando interamente la contribuente, di fatto “soccombente virtuale”, delle spese processuali sostenute in primo grado, nonostante l’esito favorevole della causa e la somma opposta (Euro 609,37) tutt’altro che esigua;

che con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 102 e 103 c.p.c., nonchè carenza, illogicità ed erroneità della motivazione della sentenza impugnata, giacchè la CTR non ha considerato la corresponsabilità di Equitalia Sud s.p.a., per aver posto in esecuzione il ruolo emesso dall’ente impositore senza averne preventivamente verificato la legittimità sulla base della documentazione disponibile;

che entrambe le censure vanno disattese per le ragioni di seguito precisate;

che, riguardo alla normativa applicabile al tempo della decisione della CTP, giova ricordare che il ricorso originario della C. risale al novembre 2008, e che nei giudizi instaurati successivamente al 1 marzo 2006 (dopo l’entrata in vigore della L. n. 263 del 2005, e prima del 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, che ha ulteriormente modificato ii citato art. 92 c.p.c., all’uopo richiedendo soccombenza reciproca o altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione), l’obbligo motivazionale concernente la ricorrenza di “giusti motivi” per la compensazione delle spese processuali può ritenersi assolto se concorrono “giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione”;

che la giurisprudenza formatasi sul punto, già con riferimento alla precedente formulazione della norma, la quale non richiedeva la espressa indicazione di tali ragioni, aveva rilevato, per l’ipotesi in cui il giudicante avesse comunque esplicitato in motivazione la ragioni della propria statuizione, la necessità che non fossero addotte ragioni illogiche o erronee (Cass. n. 115/1982; Cass. n. 8635/1999; Cass. sez. 2^, n. 5988/2001; n. 17424/2003), per cui la necessità di una coerente e logica motivazione in ordine alla disposta compensazione si appalesa viepiù necessaria avuto riguardo alla nuova formulazione della norma, dovendosi ritenere il vizio di violazione di legge nell’ipotesi in cui le ragioni addotte si appalesino illogiche o erronee;

che siffatta evenienza ricorre nel caso di specie, nel quale l’importo delle spese del giudizio è tale da vanificare in larga parte o in tutto o, addirittura, da superare quello del pregiudizio economico che la parte, poi risultata vittoriosa nei merito, ha inteso evitare agendo in giudizio al fine di far valere un proprio diritto da altri leso (Cass. n. 12983/2011; n. 11056/2017);

che, infatti, la compensazione delle spese, motivata dal giudice di prime cure in considerazione dell’esiguità del valore della causa, si traduce, in buona sostanza, nella mortificazione del diritto di “agire in giudizio”, ed in quello, connesso, di difendersi, a tutti garantito dall’art. 24 Cost., con ribaltamento del principio di responsabilità che presiede alla disciplina dettata dagli artt. 91 e 92 c.p.c. (Cass. n. 20017/2007), sicchè a torto la CIR, investita del gravame della contribuente sul punto, afferma che siffatta argomentazione possa dirsi “conforme al quadro giurisprudenziale prevalente tracciato dalla Suprema Corte”;

che fondata è anche la seconda censura alla luce del principio secondo cui l’agente della riscossione agisce su richiesta dell’ente creditore ponendo in essere atti dovuti e che tale circostanza rileva solo nei rapporti interni, mentre rispetto all’opponente vige il principio di causalità, che giustifica la condanna in solido (Cass. n. 23459/2011; n. 17502/2016; n. 1070/2017; n. 2570/2017);

che si impone, pertanto, la cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio della causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla medesima CTR, in diversa composizione, per nuovo esame in ordine al regolamento delle spese del giudizio di secondo grado, alla stregua dei principi sopra esposti.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese;

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2017

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