Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22501 del 09/09/2019
Cassazione civile sez. VI, 09/09/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 09/09/2019), n.22501
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26755-2018 proposto da:
M.A., elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR
presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato ENNIO CERIO;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– resistente –
avverso il decreto n. R.G. 2112/2017 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO,
depositato il 09/08/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 21/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO
FALABELLA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Campobasso con cui è stato negato che al ricorrente, M.A., potessero essere riconosciuti lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria o quella umanitaria.
2. – Il ricorso per cassazione si fonda su due motivi. Il Ministero dell’interno non resiste, avendo depositato semplice atto di costituzione.
Il Collegio ha autorizzato la redazione del provvedimento in forma semplificata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Col primo motivo di ricorso viene lamentata la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. L’istante lamenta che il giudice di prime cure abbia valutato in maniera apodittica la situazione della propria regione di provenienza non indicar do alcuna fonte di informazione privilegiata sulla situazione generale del Bangladesh, ad eccezione di un report di Amnesty International e del sito viaggiaresicuri.it del Ministero degli affari esteri. Viene rimarcato, in proposito, che, ai fini del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non è necessaria la rappresentazione di un quadro individuale di esposizione al pericolo.
Col secondo mezzo è prospettata la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e richiamata la circolare 30 luglio 2015, n. 3716, della Commissione nazionale per il diritto all’asilo. Viene osservato che la rilevata presenza, nel Bangladesh, di forti tensioni politiche e religiose, avrebbe dovuto portare al riconoscimento della protezione umanitaria.
2. – I due motivi sono inammissibili.
La censura attinente alla mancata spendita dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione internazionale risulta essere anzitutto connotata da assoluta genericità e appare, per conseguenza, priva di decisività: il ricorrente manca finanche di indicare quali siano le informazioni che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso. Se è vero, poi, che il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, oltre a sancire un dovere di cooperazione del richiedente consistente nell’allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, pone a carico dell’autorità decidente un più incisivo obbligo di informarsi in modo adeguato e pertinente alla richiesta, soprattutto con riferimento alle condizioni generali del paese d’origine, allorquando le informazioni fornite dal richiedente siano deficitarie o mancanti (Cass. 10 aprile 2015, n. 7333; Cass. 16 dicembre 2015, n. 25319), nella fattispecie che interessa il giudice del merito ha operato correttamente, escludendo, sulla base di una ricognizione della situazione in atto documentata da fonti informative accreditate (e le cui risultanze, oltretutto, non sono state nemmeno contestate), che la regione di provenienza del ricorrente fosse interessata a episodi di conflitto armato.
Quanto alla protezione umanitaria, la deduzione svolta non si misura con la corretta affermazione del Tribunale secondo cui detta forma di protezione costituisce una “misura residuale e temporanea incentrata sulla situazione individuale del richiedente”, E infatti l’accertamento della vulnerabilità, rilevante per il riconoscimento della invocato diritto, va condotto prendendo in considerazione elementi legati alla vicenda personale del richiedente, apprezzata nella sua individualità e concretezza, e non la situazione del paese d’origine di detto soggetto in termini del tutto generali cd astratti (Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455).
3. – Non è luogo a pronunciare sulle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6^ Sezione Civile, il 21 maggio 2019.
Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2019